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Mercoledì, 24 Aprile 2024
L'intervista a Today

Alessandro Cattelan racconta il debutto su Netflix: "Faccio le cose per me, poi spero piacciano anche agli altri"

L'intervista al presentatore piemontese in vista del debutto del suo primo docu-show "Una semplice domanda"

Una voce inconfondibile, un'ottima dialettica che ha fatto sì che le parole diventassero il fulcro del suo mestiere, una mente brillante sempre alla ricerca di nuovi stimoli e una personalità dichiaratamente egocentrica ma sempre pronta a offrirsi all'amore e, al contempo, al possibile giudizio del pubblico. Tutto questo è Alessandro Cattelan, un uomo che tutti conosciamo come presentatore, radiofonico, showman e che, questa volta, si è mostrato in tutte le sue sfaccettature davanti alle telecamere di Netlix per cercare di rispondere, attraverso una docu-serie in sei episodi, a una semplice domanda: "come si fa a essere felici?". 

Oggi ho conosciuto Alessandro Cattelan per la prima volta. Abbiamo chiacchierato per qualche minuto in vista del suo imminente debutto su Netflix.  Ho voluto fargli qualche domanda per conoscere meglio il suo ultimo lavoro, ma soprattutto, la sua persona e ne è venuto fuori questo dialogo.

Alessandro, sei un po' più felice dopo aver fatto questa serie? 

Non saprei in realtà. Sono sempre in quel limbo di ricerca perché non ne sono uscito con una risposta a questa "semplice domanda". Però sì, credo che sia sano farsi delle domande piuttosto che pensare di avere delle risposte quindi, in questo senso, sì. 

Hai scelto una serie di personaggi famosi da intervistare per parlare di felicità. Perché proprio loro e non persone al di fuori del mondo dello spettacolo?

Non ho mai pensato che fosse meglio parlare di felicità con personaggi famosi. Essendo un programma che poi si rivolge a un pubblico ho scelto persone non tanto che erano famose ma che avessero un vissuto e un'esperienza legata alle domande mie di partenza. Con i personaggi famosi ho fatto una ricerca e ho capito subito se fossero persone giuste a cui rivolgere le domande che avevo in mente. Con le persone comuni sarei andato un po' a casaccio e probabilmente sarebbe dovuto durare tre anni questo programma. Qui siamo andati più sul mirato. Ma all'interno della serie ci sono un sacco di persone comuni con cui ho condiviso diversi momenti. 

C'è invece qualcuno che avresti tanto voluto intervistare e non sei riuscito a farlo?

"Di persone interessanti ce ne sono tantissime e qualunque siano le persone che hanno fatto parte del progetto ce ne sono mille altrettanto valide di potenziali che sarebbero state giuste. Siamo stati anche fortunati nell'avere una risposta positiva dalle persone che abbiamo interpellato anche solo dal punto di vista pratico e ne sono molto felice". 

Ho avuto l'impressione che questa serie sia stata fatta più per un tuo bisogno personale che per un pubblico. È davvero così?

"Sì ma è un po' l'atteggiamento che ho nelle cose che faccio. Penso alla radio tutti i giorni, penso a E poi c'è Cattelan piuttosto che a Da Grande. Faccio cose che partono da me, per un'esigenza mia e poi incrocio le dita e spero che interessino anche agli altri però questa cosa non la puoi sapere prima. Lavori a tutti questi progetti con lo stesso impegno e la stessa dedizione e poi vedi un po'. In questa fase della mia vita/della mia carriera la mia intenzione è sempre fare cose personali, cose di cui sia poi contento alla fine".

E non hai paura che questa cosa possa allontanarti un po' dal pubblico?

"Non ne ho idea ma non vedo neanche perché. Da un lato penso che questo sia un argomento che riguarda un po' tutti e io lo affronto con le mie esperienze, con le mie domande, i miei dubbi, le mie riflessioni e poi lo dò affinché ognuno ci possa fare quello che vuole. Non è un programma che ha delle risposte. È un programma che fa delle domande e poi mi chiedo, in un'epoca in cui chiunque  twitta, instragramma, deve per forza interessare a qualcuno? Eppure lo si fa. E io faccio la stessa cosa. È un'epoca in cui tutti partono dal personale qualunque cosa facciano. Quello dell'ego è un po' un tema che con me ricorre, che sicuramente nel mio caso è sviluppato ma non credo sia maggiore di qualunque persona twitti. Se tu twitti e hai l'idea che quello che tu pensi sia rilevante per qualcuno hai un ego che è pari al mio".

Se tu potessi tornare indietro nel tempo e dare un consiglio ad Alessandro prima che iniziasse a fare questa serie, quale sarebbe?

"Mi sembra che quello che avevamo intenzione di comunicare sia uscito nel modo che noi ci immaginavamo e questa è una cosa che mi solleva molto. Durante la lavorazione ho avuto un sacco di momenti di panico e di dubbio quindi forse al mio io di prima direi:"stai tranquillo, fai le cose come ti piacciono e alla fine andrà bene".

A essere sincera ho trovato un po' un distacco tra te protagonista della serie e il pubblico che l'avrebbe poi vista. Forse mi sarebbe piaciuto vedere Alessandro Cattelan un po' meno Alessandro Cattelan. 

"Ci sta. Noi abbiamo provato a usare la mia esperienza come spunto per far parlare gli altri e legato a questo ci sono i racconti di tutte le persone con cui ho parlato che spero possano avvicinare il pubblico. Per quando riguarda l'Alessandro Cattelan meno Alessandro Cattelan è un po' il problema quando non fai l'attore. Se sei te stesso il rischio di essere te stesso c'è. Se facessi l'attore sarebbe più facile interpretare varie versioni di me però questo è".

Quindi fuori dalle telecamere Alessandro è così come lo vediamo?

"Grossomodo sì". 

E la tua partecipazione a X-Factor Ungheria come concorrente? È sempre la ricerca di qualcosa di nuovo?

"Io so che tutto ciò che ho nella mia vita lo devo al giudizio di persone che non mi conoscono che è una condizione strana. E alla fine di questo viaggio pensavo che una bella metafora di questa sensazione fosse quella del concorrente di un talent show che è la persona che, per avere una svolta nella sua vita, si mette nelle mani di quattro persone che lo devono giudicare senza sapere niente di lui. Da questo spunto, avendo passato anche tanti anni a X-Factor abbiamo subito capito che sarebbe stata una cosa anche per il pubblico divertente da vedere. Vedere me in questo ruolo completamente opposto nello stesso mondo in cui sono stati abituati a vedermi per tanti anni e quindi ho partecipato da sconosciuto. Abbiamo contattato una persona all'interno del programma che ci ha permesso di entrare garantendo l'anonimato e quindi mi sono trovato lì da sconosciuto, in una condizione che non mi capitava da tanto tempo".

E come è stato?

"É stato scioccante. Quando metti i piedi sul palco e senti il gelo, il silenzio intorno a te, ed è una cosa a cui non ero più abituato. È stata forte come sensazione". 

Una semplice domanda è la tua prima serie Netflix, tu guardi le serie? Quale ti piace guardare?

"Sì ne guardo parecchie, in maniera random. Non ho un genere preferito. Mi piacciono molto alcuni attori a cui sono molto legato come Ricky Gervais a Leonardo di Caprio, mi piacciono le stand-up comedy, guardo i documentari. Uno che sto guardando adesso, molto bello, è Worst Roommate Ever. Sì mi piacciono le serie ma forse preferisco gli speciali". 

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