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Sabato, 20 Aprile 2024

Marianna Ciarlante

Giornalista

Ma che senso ha avuto fare la versione coreana de La casa di carta su Netflix?

C'è Tokyo, Berlino, Nairobi, c'è il Professore, "Raquel" e tutto il resto della banda di ladri. C'è la zecca, il piano, la tuta rossa, le maschere. La trama è la stessa, così come le scene, i personaggi, le vicende. È tutto uguale. Cosa cambia? Gli attori, la location e i riferimenti culturali che ci trasportano nel vivo di un Paese alle prese con un'unificazione, la Corea. Stiamo parlando del remake coreano de La casa di carta che debutta oggi su Netflix e, dopo aver visto i primi episodi della serie, una domanda sorge spontanea: ma che senso ha avuto tutto ciò? Qual è stato il senso di questo remake fatto a neanche un anno di distanza dal finale della serie originale? Per quale motivo Netflix ha scelto di riproporre una "zuppa riscaldata" ancora prima che il gusto della precedente andasse via dalle bocche degli spettatori? Ce lo chiediamo perché vedere questa serie è un po' come guardare qualcosa di già visto, che non lascia spazio ad alcun tipo di sorpresa, di novità, di interesse. Tanto lo sappiamo già come va a finire e conosciamo già la personalità e l'evoluzione di ognuno dei personaggi. 

Ecco, forse, la casa di carta Corea, che non neghiamo sia una serie strutturalmente fatta bene, è adatta solo a chi non ha mai visto l'originale e non ne conosce la storia e lo sviluppo. Gli altri? Possono benissimo fare a meno di vederla.

L'unico aspetto interessante di questo nuovo titolo Netflix, e ciò che rende la serie diversa dalla precedente, per forza di cose, son i riferimenti alla cultura e alla storia della Corea che, a un occhio occidentale, risultano sempre molto interessanti e accattivanti. È interessante notare che la maschera che indossano i ladri è un'antichissima maschera popolare, Hahoe, usata negli spettacoli di danza Tal Chum, così come è molto interessante il discorso sulle differenze tra Corea del Nord e del Sud e il concetto di moneta unica e di un'unificazione politica ed economica tra le due parti. Ma, oltre a questi aspetti, che collocano la storia in un luogo ben preciso, una cosa è certa: Netflix, con il rifacimento coreano de La casa di carta ha fatto un grosso errore, cadendo nel tranello di voler cavalcare l'onda del successo dei k-drama, lanciato dal fenomeno Squid Game, e l' ha fatto sfruttando una storia che per la quasi totalità del suo pubblico è trita e ritrita e che non può essere riproposta uguale a se stessa, o perlomeno, non a così poco tempo di distanza dalla fine della serie da cui è tratta. Forse sarebbe stata una buona idea tra dieci anni ma di certo non ora. 

Ad ogni modo, il pubblico sovrano dirà la sua, per ora, noi non siamo del tutto soddisfatti. 

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