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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Roberta Marchetti

Giornalista

Le Iene su Garlasco sono peggio della propaganda di Lavrov

Alberto Stasi è colpevole dell'omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto del 2007 nella villetta di Garlasco in cui la ventiseienne viveva con i genitori e il fratello, che in quei giorni si trovavano fuori città in vacanza. Lo dice la legge italiana. Dopo un lungo iter processuale - che nei primi due gradi di giudizio vide l'assoluzione dell'unico imputato (e indagato), poi annullata dalla Cassazione - l'ex studente della Bocconi, oggi dottore commercialista, nel 2015 è stato condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per aver ucciso la fidanzata e sta scontando la pena nel carcere di Bollate. Nessuna revisione del processo, come richiesto dalla difesa. Un anno fa la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di Stasi - che continua a proclamarsi innocente - giudicato "inammissibile". Questi sono i fatti. Il caso è chiuso. Ma non in tv. 

La verità processuale sembra ormai perdere sempre più consistenza fuori dai tribunali, trovando nel piccolo schermo terreno fertile per essere ribaltata, o quantomeno messa in discussione. Così, se il delitto di Garlasco non torna alla sbarra eccolo in prima serata, dato in pasto alla morbosità del pubblico che subito si trasforma in giuria popolare dall'assoluzione facile. L'intervista di Alberto Stasi a Le Iene è l'esempio lampante di come i processi mediatici non andranno mai oltre il ragionevole dubbio, lasciando al colpevole la possibilità di restare ingiudicabile agli occhi dell'opinione pubblica. 

Dal carcere Stasi ha raccontato la sua versione alla iena Alessandro De Giuseppe (e ad oltre un milione e trecento mila italiani che hanno seguito lo speciale), contestando indagini e materiale probatorio. Senza contraddittorio. Non solo. L'inviato ha percorso la sua stessa strada, accendendo i riflettori su presunti errori e zone d'ombra, interpellando genetisti pronti a sostenere il contrario di quanto messo agli atti anni fa dai loro colleghi, rispolverando nomi archiviati come quello di Andrea Sempio - amico del fratello di Chiara, tirato in ballo dalla mamma di Alberto Stasi e prosciolto nel 2017 dopo un'indagine che in pochi mesi stabilì la sua totale estraneità ai fatti - o della cugina della vittima, 'stanata' sul posto di lavoro e incalzata dalla iena durante la sua fuga verso casa mentre chiedeva silenzio e rispetto. Quello che meriterebbe anche Chiara dopo che giustizia è stata fatta, quello che con il servizio di ieri non hanno avuto i suoi familiari. 

Ma allora non si può fare cronaca nera in tv? Contesterebbe più di qualcuno. Non è così. Non solo si può, si deve. Ma in un certo modo. Di buoni maestri ce ne sono. Restando sul format delle interviste fa scuola Franca Leosini con Storie Maledette: discutibile - per quanto attraente - il suo romanzare efferati crimini attraverso le testimonianze dei loro funesti protagonisti, ma totalmente realistico il racconto, basato sugli atti, senza il minimo cenno che provi in qualche modo a confutarli. Una lezione di buona televisione che una cospicua classe di alunni negligenti non coglie.  

La corsa allo scoop, la brama dello share, il vezzo vanesio dell'esclusiva ancora una volta trascinano la tv nell'abisso del qualunquismo, quasi fino al punto di calpestare sentenze. Se la non-intervista al ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, a cui qualche settimana fa è stato lasciato campo libero a Zona Bianca per la sua propaganda di guerra, sembrava il punto più basso di una televisione alla deriva, la 'revisione mediatica' delle Iene scava ancora di più la fossa.  

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