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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Che Tempo Che Fa, Luciana Littizzetto diventa la Venere di Open to Meraviglia

La comica dedica parte del suo intervento alla criticata campagna del Ministero del Turismo

Nella puntata di domenica 30 aprile di Che Tempo Che Fa, Luciana Littizzetto dedica il suo intervento alla discussa campagna “Open to Meraviglia” affidata dal Ministero del Turismo all’agenzia Testa per promuovere le bellezze del paese.

Protagonista dell’iniziativa, costata 9 milioni di fondi pubblici è una Venere del Botticelli stilizzata ripresa in varie location iconiche che dovrebbero rappresentare alcuni dei luoghi più suggestivi e carichi di fascino del paese.

E così, la Littizzetto si presenta in puntata, accolta da Fabio Fazio, proprio nei panni della famosissima opera d’arte, con una parrucca che riproduce le onde della dea che sorge dalle onde.

La conchiglia, invece che ai piedi, ce l’ha all’orecchio e la usa come una sorta di cellulare con cui dialoga con il padre di una delle opere più famose del Rinascimento, Sandro Botticelli.

“Sono io, la Venere di Botticelli, quella di open to meraviglia”, si presenta al suo ingresso la comica, “E sono qui per sponsorizzare i programmi Rai”, per poi rivolgersi, via conchiglia all’artista che l’ha creata: “Pronto Botti? Ti stai rivoltando? Non è mica colpa della Santanchè, no si la conosciamo quella vera, non ti preoccupare”.

Rassicurato l’artista, la Littizzetto passa in rassegna più approfonditamente le immagini della campagna che vedono la Venere a Roma, Venezia, Lago di Como e Polignano.

La prima immagine è quella che ritrae la dea davanti al Colosseo

“Lei qui fa molto ridire, è in bici come Alfonsina Strada, davanti al Colosseo a Roma e non c’è nessuno: 4 milioni di abitanti ma davanti al Colosseo non c’è nessuno”. Passa poi a commentare la seconda immagine

“Nel secondo poster vediamo la Venere in piazza San Marco a Venezia: anche qui non c’è nessuno, non c’è acqua alta, non c’è un piccione e lei è vestita come la Merkel” Prosegue la rassegna: “Nel terzo c’è la Venere sul lago di Como e mangia una pizza. Poi a Polignano, sempre spettinata anche se attorno non c’è una bava di vento. Io se fossi una turista tedesca, vedendo uno spot così andrei in vacanza in Mongolia”. Conclude la Littizzetto che poi passa a farsi altre domande, sulla costosa campagna

“Quello che mi fa impazzire, è che sono stati settimane a dire ‘basta con questo inglese, parliamo italiano’ e poi scelgono come slogan ‘open to meraviglia’, ma allora meglio metterlo in dialetto, per esempio in bolognese o in piemontese no?”

E poi “Inoltre alcuni scorci di questo spot, come quello che vede dei ragazzi bere in un pab, non sono girati in Italia ma in Slovenia. Mi chiedo se è possibile, ma non c’era un’enoteca nel Chianti?

E’ come vedere le Chianine che pascolano in Cile invece che in Toscana. Ma poi perché non fare una Venere che illustri le cose davvero meno conosciute dell’Italia, per esempio la Venere che schiva il cinghiale? Oppure una Venere con Amadeus a Sanremo, sarebbe bellissimo”.

Infine, il modo in cui sono stati tradotti i nomi delle località, sempre al modico prezzo di nove milioni di euro.

“Anche sulle indicazioni hanno fatto un disastro, perché hanno fatto tradurre i nomi dei luoghi all’intelligenza artificiale, per esempio Camerino l’hanno tradotto con la parola ‘cabina armadio’, Prato tradotto ‘prato verde’, Scalea, tradotto ‘scala di alluminio’, ma i nomi dei paesi non si traducono.  Facciamo il contrario, i nomi delle città italiane tradotte in inglese”

E allora ecco l’esilarante lista: “Tortona diventerebbe big cake, Chiavari si tradurrebbe To fuck, Gela: Frozen, Brindisi: Cin Cin, Cervia: Bambiland”.

E infine la conclusione: “Questa è una cosa che ci salta all’occhio e che possiamo capire, ma pensiamo se facessero gli stessi errori in materie più complesse. Insomma, se fanno i conti come fanno le campagne turistiche…”

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