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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Chi l'ha visto?, la sorella di Rita Atria chiede la riapertura del caso: "Troppe incongruenze"

La storia della collaboratrice di giustizia raccontata da Federica Sciarelli e da Anna Maria Atria: ecco tutti i problemi legati alle indagini

A “Chi l’ha visto?” Federica Sciarelli ha ospitato Anna Maria Atria, la sorella di Rita, testimone di giustizia morta il 26 luglio 1992 all'età di 17 anni. Per lo Stato Italiano si trattava di suicidio, ma ora la sorella ha chiesto la riapertura delle indagini a causa delle incongruenze emerse durante tutti questi anni. All’età di 11 anni - lo ricordiamo - Rita Atria perse il padre Vito, pastore affiliato a Cosa nostra, avvicinandosi poi al fratello Nicola, anch'egli legato alla mafia, e alla moglie Piera. Quando era ancora in vita, Nicola raccontò alla ragazza tanti segreti inerenti alla malavita organizzata. Dopo il suo assassinio nel 1991, Piera decise di diventare una collaboratrice dello Stato - "Ho detto basta, non volevo questo per mia figlia", ha affermato - ed è stata seguita a ruota dalla 17enne: entrambe svelarono tutto ciò che sapevano al giudice Paolo Borsellino, con il quale nel tempo instaurarono un legame "paterno". Grazie alle loro confessioni, furono arrestati molti esponenti di Cosa nostra, ma una settimana dopo l’attentato a Borsellino, Rita si tolse la vita, gettandosi dal sesto piano della casa di Roma, in via Amelia 23. 

La storia

Una volta diventata testimone di giustizia, a Partanna, paesino siciliano dove si conoscevano un po' tutti, cominciò a girare la voce della scelta di Rita, una decisione che nemmeno la madre condivideva: "L'ha minacciata dicendole che se non ritrattava le avrebbe fatto fare la fine del padre e di suo fratello", ha raccontato Piera Aiello durante l'intervista di "Chi l'ha visto?". La stessa sera, era il 1992, due individui conosciuti bussarono alla porta di casa della ragazza dichiarando: "Siamo venuti per farvi le condoglianze perché abbiamo saputo della morte di Nicola". Erano le 23:35 ed erano anche 5 anni che Rita non vedeva uno dei due uomini: "Sono sicura che è venuto per ucciderci", scrisse nel diario segreto. Dopo l'accaduto, la 17enne e Piera vennero messe sotto protezione e trasferite a Roma, dove cercarono di vivere una vita normale, tanto che Rita si innamorò di un ragazzo, Gabriele, scomparso dai radar nei giorni successivi alla tragedia. Con la morte di Paolo Borsellino, tutto divenne più difficile per lei: "L'unica cosa di cui ho paura è che lo stato mafioso vincerà. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta", scrisse nel suo quadernino personale il 19 luglio 1992. Il 25 luglio dello stesso anno Piera tornò in Sicilia per essere sentita in Procura, mentre Rita all'ultimo decise  di restare a Roma e lì, il 26 luglio, morì in un ospedale romano da sola qualche ora dopo essersi buttata dal sesto piano. "Ci hanno trovato, è quello che ho pensato all'inizio", ha svelato Piera a "Chi l'ha visto?".

Perché la riapertura delle indagini

Il primo segnale di incongruenze lo diede una signora presente a una commemorazione: rivelò alle associazioni antimafia che la tapparella della finestra da cui la giovane si sarebbe gettata era per metà abbassata. Tra l'altro, in seguito alla sua scomparsa nessun vicino di casa venne sentito per chiarimenti e testimonianze, nemmeno si sapeva chi avesse trovato il suo corpo sul selciato sotto l'abitazione. Secondo la Procura, non c'erano segni di responsabilità penali da parte di terzi, eppure nell'appartamento è stato trovato un orologio da uomo su un frigorifero, fotografato dalle autorità e mai repertato, e Piera ha ammesso nell'intervista di sapere chi ne è il proprietario, ma lo dirà solo in Procura. Nella dimora a Roma non c'erano impronte digitali, nemmeno le sue, a parte la traccia di un palmo della mano vicino alla finestra da cui si sarebbe buttata, un'impronta che però non è stata oggetto di comparazione. Non c'erano capelli, peli, saliva, come se qualcuno avesse pulito l'intero ambiente in maniera molto più che professionale. La donna camminava scalza, ma niente impronte di piedi. Com'è possibile? Sul luogo dell'ormai presunto suicidio poi c'erano delle posate vicino al lavello, al cui interno c'era un bicchiere mezzo rotto.  

Inoltre, nelle fotografie effettuate nell'appartamente della 17enne non compariva alcun testo, mentre Piera ne ricordava bene uno scritto a matita sul muro: "Il mio cuore senza di te non vive". Non è finita qui, perché Rita aveva in casa un manoscritto, un libro da consegnare a Michele Santoro il quale le aveva assicurato che l'avrebbe aiutata a pubblicarlo una volta libera. Quel testo però non è mai stato trovato o arrivato nelle mani del giornalista. Nella sua agenda poi c'erano dei numeri di telefono importanti, uno dei quali apparteneva a un uomo deceduto ben 4 anni prima che diventasse collaboratrice di giustizia. Perché aveva quel numero? Per tutti questi motivi la sorella Anna Maria ha richiesto la riapertura delle indagini verso la procura di Roma. 

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