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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Coronavirus, lo chef La Mantia: “Vivremo in fila, non ci saranno più i ristoranti pieni”

Lo chef palermitano, volto noto anche sul piccolo schermo e compagno della foodblogger Chiara Maci, alle prese con il futuro della ristorazione con la cosiddetta fase 2: come cambierà e cosa non potrà più essere come prima

Come molti suoi colleghi, anche lo chef palermitano Filippo La Mantia, volto noto anche al pubblico televisivo, si sta rimboccando le maniche per farsi trovare pronto quando inizierà la cosiddetta fase 2 della lotta al coronavirus, provando a ipotizzare quale sarà il futuro della ristorazione in Italia e nel mondo. “La domanda che mi faccio tutti i giorni, almeno 30 volte al giorno è come ripartirà la ristorazione”, ha detto infatti intervistato dall’Adnkronos.

“Non c'è ancora una previsione di apertura per la categoria ristoranti e bar, saremo gli ultimi a ripartire e seguiremo tutte le indicazioni che ci verranno date ma che però, al momento, non ci sono". In questi giorni si parla di distanziatori, pannelli di plexiglass tra tavoli e locali semivuoti per garantire il rispetto delle distanze di sicurezza. È uno scenario realizzabile? "Non ci sarà più il contatto reale, questo è sicuro - ha affermato La Mantia - Nel cibo c'è un rapporto intimo con il cliente, quando riapriremo sarà tutto distaccato, probabilmente saremo divisi da pannelli. Le tazzine del caffè saranno di carta, credo, così come i bicchieri, ci saranno delle precauzioni alle quali dovremo abituarci. Non ci saranno più locali pieni ma si vivrà in fila, a turni. I rapporti saranno distaccati".

Coronavirus, come cambierà il mondo della ristorazione secondo Filippo La Mantia

Tutto questo comporterà ovviamente uno stravolgimento delle abitudini legate alla fruizione dei ristoranti, cioè luoghi di aggregazione e unità per eccellenza. "Scordiamocelo, non sarà più così, è impossibile - ha spiegato lo chef -. Chi sopravviverà economicamente lo vedrà. Io ho una struttura di duemila metri quadri con 35 dipendenti, ora tutti in cassa integrazione. È ovvio che prima della pandemia poteva esistere perché, come tanti miei colleghi, lavoravo tantissimo. Ma non so se quando si riaprirà potrò mantenere ancora questo posto con un calo obbligatorio almeno del 50% di utenza. Dovrò spalmare tutto per la cubatura del locale. La sera facevo 130 coperti, adesso se si riaprirà avremo 60 persone spalmate in un'area molto grande". “Con tutto il rispetto per i miei colleghi ero in un periodo straordinario - ha ammesso La Mantia - sai quando consolidi un progetto nel quale hai investito fino all'ultimo euro in tasca? Ecco, io ci avevo creduto e dopo 5 anni stava funzionando molto bene, è stato un peccato mortale. Una delle cose più allucinanti è stata mettere in cassa integrazione tutti i ragazzi. Ho creato una chat nella quale ci parliamo e aggiorniamo, alcuni cuochi vengono in ristorante a turno per produrre per il delivery per l'ospedale Niguarda, a Milano. I camerieri e la reception, invece, sono tutti a casa".

Sarà proprio sui camerieri e sulla ricezione, secondo La Mantia, che la fase due del suo ristorante, sarà improntata: "Saranno i ragazzi in sala a ricevere per la prima volta chi metterà piede nel locale - spiega - attraverso la ricezione dovremo assicurare comfort e altruismo al 100 per cento. Tutti indosseranno guanti e mascherina, è scontato, faranno parte della divisa del personale. Mi sto già informando per delle colonnine di disinfettante". Cambieranno anche i menu? "Io ho sempre avuto una cucina molto 'casa', non ho nulla da ripensare in quel senso - ha spiegato La Mantia - Da un mese e mezzo pubblico tutte le mattine le mie ricette online, la gente le rifà a casa, mi mandano foto e messaggi, sto cercando di mantenere un rapporto con tutti, per me è fondamentale. Il mio ristorante appartiene a loro, ai clienti. Sono sicuro che torneranno ma devo riprogettare totalmente l'accoglienza". Una soluzione per la fase 2, sicuramente, sarà quella di riorganizzarsi su turni: "A pranzo non ci sarà più il buffet - ha detto lo chef - ma dovrò allestire un bar pieno di cibo da asporto, che era anche un po' il mio sogno. Al banco ci saranno prodotti da portare a casa, in ufficio o da mangiare fuori. Giocherò molto sul fatto di dare alla gente cibo da gestire da sé". Per la sera, invece, "manterrò lo stesso menu, cambierò solo il pranzo in modo totale".

E intanto il delivery procede a gonfie vele

Il delivery, intanto, procede a gonfie vele: "Lo facciamo da un mese, sta andando bene ma per la mia dimensione è una goccia nel mare”, ha spiegato La Mantia. I piatti più richiesti tra le consegne a domicilio? "Sorprendentemente sono due o tre piatti, oltre ai sughi pronti, che prepariamo tutte le mattine e la pasta nel sacchetto. Gettonatissime le arancine, la caponata e la cassata col cannolo. La gente con questi prodotti si sente in vacanza”. Già le vacanze. "Mi manca tantissimo la mia Sicilia - ha ammesso sconsolato lo chef - lì vive mia madre che non posso andare a trovare e questo mi squarcia il cuore. Per me la Sicilia è vacanza, libertà, mare, motocicletta. Mi manca anche mia figlia, che vive a Roma. A Palermo, inoltre, stavo iniziando a curare l'apertura di un albergo del 1800 ma lo riprenderò appena sarà possibile”. 

La Mantia ha avuto la figlia Carolina nel 2007 dall’allora moglie Stefania Scaranti, con la quale è stato spostato per diversi anni. Dall’unione con la foodblogger e volto televisivo Chiara Maci lo chef siciliano ha avuto il piccolo Andrea, nato nel 2018.

La Mantia è certo che quando ci sarà la ripartenza non esisterà più la differenza tra piccoli e grandi ristoranti. "Ora non ci sono più chef stellati, cuochi, rosticcieri o baristi" - ha spiegato - Questa pandemia è una grande disgrazia che ha azzerato tutto. Non si può più parlare al singolare ma al plurale. Se la nostra categoria andrà avanti dovremo modificare la nostra vita ancora una volta per le persone che vengono dai noi perché hanno bisogno di trovare comfort. Sia un bar, un ristorante stellato, un hotel di lusso o un chiringuito, poco cambia. Non c'è più differenza, siamo tutti sulla stessa barca".

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