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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Le Iene, l’effetto spettatore che non fa intervenire davanti alle persone in pericolo

Prendendo spunto da un recente caso di cronaca Alice Martinelli indaga su cosa ci dice il cervello quando rimaniamo indifferenti di fronte a una tragedia che ci troviamo ad osservare

Un auto è avvolta dalle fiamme sul Raccordo Anulare, un'altra auto in corsa si avvicina e un passeggero impugna il cellulare per girare un video, e lo fa anche quando si accorge che, accanto all’auto in fiamme c’è un uomo che cerca di spegnere il fuoco che gli sta divorando il corpo. Il ragazzo che filma, passa lì davanti e fa una battuta: “Ammazza che caldo zi’” e se ne va, postando poi il video su una popolare pagina facebook.

Quell’uomo morirà da lì ad un mese proprio per le conseguenze di quelle ustioni, mentre l’autore dell’assurdo video è ora indagato per omissione di soccorso.

Ma cosa passa nel cervello di una persona che, invece di prestare soccorso a un uomo in pericolo di vita, pensa a fare un video, con tanto di battuta spiritosa, di postarlo per poi andare via?

L’inviata de Le Iene, Alice Martinelli, lo chiede direttamente all’autore del gesto che dice che, con quel video voleva “Denunciare il degrado”. E quando gli si chiede quale degrado? Il ragazzo risponde: “Il degrado del fatto che nessuno si è fermato”. Nessuno si è fermato, compreso lui che, interrogato su cosa lo abbia spinto a girare quel video ammette: “Forse l’ho fatto per un mini protagonismo, non immaginando che poi succedesse tutto questo”. E la frase canzonatoria? “Non lo so perchè, l’ho semplicemente detto.”

Dopo la tragica fine della vicenda il ragazzo dice di essersi reso conto della gravità del suo comportamento:

“Dentro di me so bene che non l’ho ucciso io, però sono stato tanto male. Notti insonni, attacchi di ansia mai avuti in vita mia. Mi dispiace di aver fatto quel video. Tornassi indietro userei il telefono semplicemente per chiamare i soccorsi.”

Ma cosa ha spinto quel ragazzo a usare invece il telefono solo per fare un video senza pensare minimamente a intervenire? Lo spiega una psicologa

“ Si tratta dell’ effetto spettatore: se nessuno interviene nessuno si prende la responsabilità di farlo”.

Un meccanismo psicologico che porta a conseguenze paradossali, come spiega la dottoressa intervistata da Le Iene:  “Quando ci sono più persone che assistono ad un fatto in cui bisognerebbe intervenire per salvare qualcuno solo il 30% delle persone tende a farlo, quando si è da soli, invece, interviene l’80% delle persone”.

Un paradosso incredibile. “Davanti alle situazioni di sono tre tipi di reazione: quella di chi si blocca, quella di chi fugge, e quella di chi lotta. E oggi c’è anche un’altre reazione: quella di chi filma “Questo è diventato il nuovo modo di vivere, è entrato nelle nostre cellule”. Spiega la psicologa. “Se accade qualcosa di bello lo film, se c’è qualcosa di brutto lo filmo uguale. E’ un altro passo verso la deresponsabilizzazione verso gli altri.”

Di esempi in cui si può rilevare questo ‘effetto spettatore’ sono piene le cronache purtroppo e molti vengono riproposti nel servizio de Le Iene, come l’episodio dell’indiano che si butta nel canale a Venezia perché non gli è stato rinnovato il permesso di soggiorno, e si suicida davanti a centinaia di persone, , mentre nessuno pensa a tuffarsi per salvarlo.

Il ragazzo sul Raccordo Anulare dunque mentre filmava la morte di un uomo, secondo la dottoressa:“Era completamente dissociato dalla realtà dei fatti, viveva nella sua dimensione meno reale, quella del suo cellulare.”

L’effetto spettatore ha però anche un suo contrario. Se una persona reagisce davanti a una situazione di pericolo, spinge anche le altre a farlo

 “Basta anche solo una persona che interviene per farne intervenire altre”. Conferma la psicologa.

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