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Giovedì, 25 Aprile 2024

Claudio Pizzigallo

Giornalista

Raya e l'ultimo drago è l'ennesimo capolavoro Disney: la recensione del film disponibile su Disney+

Dal 4 giugno è finalmente disponibile in streaming per tutti gli abbonati a Disney+ il nuovo film di animazione della Disney, Raya e l'ultimo drago, che a marzo era uscito in tutto il mondo al cinema (dove possibile) e su Disney+ ma con Accesso Vip a pagamento.

C'era molta attesa per Raya e l'ultimo drago: un po' perché tutti i film Disney suscitano curiosità, un po' perché, nello specifico, questo è giunto a due anni di distanza dall'ultimo, che era stato Frozen II, e dopo un 2020 in cui i film animati Disney avevano ceduto il passo ai "cugini" della Pixar, che invece avevano ottenuto grandi successi con Onward e soprattutto con Soul.

A questo punto, si può dire che Raya e l'ultimo drago non ha deluso le aspettative, anzi ha confermato, per l'ennesima volta, che negli studios della Disney la creatività è in continuo fermento, e porta alla realizzazione di nuovi capolavori che non hanno nulla da invidiare ai grandi classici disneyani.

Vediamo quindi insieme quali sono le principali informazioni e le cose da sapere su Raya e l'ultimo drago (senza spoiler) e poi analizziamo i motivi per cui questo film merita di essere visto subito.

Raya e l'ultimo drago: di cosa parla il nuovo film Disney

Il film si svolge nel fantastico regno di Kumandra. "So cosa state pensando... il solito cavaliere... il solito mondo distopico" spiega la voce narrante di Raya all'inizio. Beh, alla fine Kumandra non è proprio un mondo distopico o un fantastico regno, non del tutto almeno: come spiegato dalla Disney, infatti, i creatori di questa storia si sono ispirati alle culture del Sudest asiatico, dal Vietnam al Laos, dalla Cambogia alla Tailandia, dalla Malesia all'Indonesia e a Singapore.

Chiarito il dove, per il quando le spiegazioni si potrebbero fare complicate, ma diciamo che le vicende di Raya si svolgono in un passato imprecisato, senza tecnologie moderne ma con grande spiritualità e spirito guerriero. E comunque un passato più recente di quello in cui, 500 anni prima, Kumandra rischiò la fine ma fu salvata da un drago, o meglio dall'ultimo drago, Sisu, che sconfisse gli spiriti maligni detti Druun. 

Ciononostante, "gli umani sono umani", spiega ancora Raya nel prologo, e invece di godersi la salvezza hanno smembrato il regno di Kumandra in cinque regioni, che prendono ciascuna il nome da una parte del corpo del drago: Coda, Artiglio, Dorso, Zanna e Cuore.

Raya è figlia di Benja, sovrano di Cuore e custode della Gemma Drago, di fatto l'ultimo elemento draghesco ancora esistente. L'avidità dei regni rivali fa sì che la Gemma Drago si rompa in cinque pezzi, ognuno rubato dai sovrani degli altri regni: e la rottura della Gemma fa sì che i Druun tornino a flagellare Kumandra, trasformando in pietra ogni persona che incontrano (a meno che queste non abbiano con sé un pezzo di Gemma Drago). 

Anche Benja viene tramutato in pietra, ed è qui che inizia la lunga avventura di Raya, il cui compito è di riunire le parti della Gemma Drago per battere nuovamente il nemico, ma prima deve trovare e riportare in vita Sisu.

Ad ostacolare la protagonista, nel ruolo dell'antagonista, è una coetanea di Raya, ovvero Namaari, figlia della sovrana di Zanna, Virana. Ad aiutare Raya, invece, c'è da sempre il suo fedele animaletto e destriero Tuk Tuk (sì, come i tipici taxi a tre ruote del Sudest asiatico, che in italiano chiamiamo anche risciò); e man mano che le avventure vanno avanti, Raya crea intorno a sé un piccolo manipolo di strambi eroi. 

Ci fermiamo qui per non rovinare la visione del film. Questo qui sotto il trailer in italiano

Perché vedere Raya e l'ultimo drago

Per chi non l'ha già visto da marzo a oggi, il nostro consiglio spassionato è di guardare appena possibile Raya e l'ultimo drago. Non importa se da soli, insieme ai bambini o tra adulti, perché anche in questo film, come ormai accade regolarmente con le produzioni disneyane, la storia ha più livelli di lettura, e anche i più grandi si appassionano facilmente ai personaggi, in primis Raya, e alle avventure che vive. 

Al contrario, pur mostrando scene tutt'altro che liete e gioiose, Raya e l'ultimo drago riesce a essere delicato, con una narrazione che non fa sconti e non indugia su particolari morbosi. 

L'idea di un drago un po' "sfigato", poi, è deliziosa (e scusate il piccolo spoiler): Sisu è la peggiore tra i suoi fratelli e le sue sorelle, non ha affatto il carattere e la ferocia che ci si attenderebbe da un drago - insomma, niente a che fare con i cuccioli di Daenerys in Game of Thrones - e proprio per questo ci si affeziona davvero, e l'affetto sfocia in sincera ammirazione quando Sisu dà prova della sua saggezza.

Il drago, o meglio la draghessa, diventa quindi solo colei che ha salvato l'umanità dall'estinzione, ma colei che rammenta che il coraggio, la forza d'animo, e persino la capacità di nuotare o volare sulle gocce di pioggia come fa lei, sono tutte virtù secondarie rispetto alla capacità di amare, sempre e comunque, anche quando l'odio sembrerebbe il sentimento più giusto.

Curiosità: cosa significano "binturi", dep-la" e il gesto di saluto

Come abbiamo anticipato, Raya e l'ultimo drago affonda a piene mani nelle culture delle popolazioni che vivono nel Sudest asiatico. "Una delle cose che più ha colpito i registi Don Hall e Carlos López Estrada, convincendoli a ispirarsi al Sudest asiatico per ambientare il film, è stato il senso di comunità che hanno scoperto quando sono andati lì, quel senso di 'noi', la cui importanza supera sempre 'io'" ha spiegato il produttore Osnat Shurer a Hollywood Reporter. "Era così profondo e completo che sono tornati e abbiamo iniziato a tuffarci anche nel resto della bellezza di quei luoghi, i colori, i tessuti, il cibo: così ha preso forma l'ispirazione dietro al mondo fantastico di Kumandra".

Nel corso del film, ci sono tre particolari che possono aver attirato l'attenzione degli spettatori, due parole e un gesto. Il gesto, che consiste nel congiungere le mani a formare un cerchio sopra la testa, è stato creato dall'antropologo laotiano Steve Arounsack, consulente per il film, proprio ispirandosi ai saluti che le persone si rivolgono in quella parte di mondo.

Le due parole "strane" che si sentono nel film sono invece "binturi" (che significa presumibilmente qualcosa come "scema" o "cretina") e "dep-la" (che viene usato come "amica"). Sono entrambe parole inventate dagli autori di Raya, traendo comunque spunto dalle lingue del Sudest asiatico. In particolare dep-la deriva da un vocabolo vietnamita, dep, il cui significato è circa "bello/a", mentre "là" in vietnamita può significare "così" oppure essere il passato del verbo essere, mentre "lạ" con quel piccolo segno sotto la a vuol dire "strano". 

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