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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La storia di Carlo Alberto Dalla Chiesa, stasera in tv ne "Il nostro generale"

Questa è la storia della guerra tra Stato e Brigate Rosse, come non è stata ancora raccontata. L’interpretazione non imitativa ma profondamente realistica è quella di Sergio Castellitto

Il nostro generale, in onda su Rai Uno in tre puntate, è una serie che racconta gli Anni di piombo da una prospettiva inedita. Non è una storia che ha al centro il mondo dei brigatisti; non è un racconto che si spinge in quella zona grigia della nostra società, che è stata pericolosamente vicina al mondo dell’eversione; non è nemmeno il biopic di un personaggio centrale della seconda metà del Novecento italiano, come il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa.

Questa è la storia della guerra tra Stato e Brigate Rosse, come non è stata ancora raccontata. Dai rapimenti lampo del 1973 all’arresto dell’ultimo capo delle Br, Giovanni Senzani, nel 1982, passando dal rapimento di Aldo Moro a Patrizio Peci, il primo pentito delle Br. Un decennio cupo e violento, che si è lasciato dietro un’enorme scia di sangue. Una guerra, combattuta da ragazzi: da un lato i giovani aderenti alle organizzazioni terroristiche rivoluzionarie, dall’altro un gruppo di ventenni – carabinieri e poliziotti – appartenenti ai Nuclei speciali antiterrorismo.

Al centro, la figura di Carlo Alberto dalla Chiesa che, all’inizio della nostra storia, viene trasferito da Palermo a Torino per indagare il clima di tensione che sta investendo il triangolo industriale. Il Generale lentamente riesce a comprendere e poi a colpire le Brigate Rosse, grazie a un lavoro di analisi modernissimo e all’utilizzo di armi inedite per l’epoca, come gli infiltrati e poi anche i pentit I successi di dalla Chiesa si portano dietro infinite polemiche; i terroristi perdono i pezzi e si rigenerano di continuo, mentre il protagonista scopre di avere nemici dentro la stessa Arma e in politica, in quegli anni profondamente condizionati dalla P2 di Licio Gelli.

La memoria di quel decennio è custodita nei servizi della tv in bianco e nero e negli annunci dei primi telegiornali a colori della Rai: su questa memoria visiva ho costruito la messa in scena di questa serie. Col mio direttore della fotografia Marco Bassano ho deciso di mescolare i formati, abbinando al digitale dei nostri giorni le riprese effettuate con la pellicola 16mm (in bianco e nero e a colori) e con vecchie telecamere anni Ottanta. In questo modo abbiamo creato un universo visivo innervato di repertori reali, repertori creati ad arte e scene che mescolano realtà e finzione.

L’interpretazione non imitativa ma profondamente realistica di Sergio Castellitto, l’intensità di Teresa Saponangelo nel ruolo di Dora dalla Chiesa, la freschezza di un gruppo di attori giovani pieni di talento e un lavoro maniacale di casting sui tanti ruoli (più di cento), hanno dato corpo e vitalità ai nostri personaggi. La scelta di girare, per quanto possibile, nei luoghi reali dove si sono svolti i fatti raccontati, ci ha restituito un ulteriore tasso di verità. Torino e Palermo in particolare sono città ancora simili a quelle che erano quarant’anni fa, ma sembrano non avere memoria di quegli anni, in cui ogni giorno il telegiornale della sera era una specie di bollettino di guerra.

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