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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il caso Scazzi a “Storie Maledette”, se una tragedia diventa commedia sui social

Domenica, in prima serata, su Rai 3, è andata in onda l’intervista di Franca Leosini a Sabrina Misseri, condannata all’ergastolo per l’omicidio della cugina Sarah Scazzi, all’epoca 15enne. E sui social è partita la “solita” sfida alla battuta più bella. A chi la “spara più grossa”

È uso e costume di un’”epoca” cominciata ormai alcuni anni fa che i telespettatori commentino via social quanto avviene in televisione. Lo fanno sempre più spesso e soprattutto con crescente irriverenza. Con la ricerca un po’ forzata di quel piglio ironico che tutti speriamo di possedere da quando esiste Twitter, perché ci fa sentire un po’ più fighi, un po’ più su, un po’ più giudici. Abitudine che è diventata “fenomeno” da quando sui manuali di comunicazione ha fatto la sua prima apparizione l’espressione “Second Screen”, laddove per ‘primo schermo’ si intende la tv su cui guardiamo trasmissioni varie, mentre il secondo, più piccino ma altrettanto sferzante, è quello dello smartphone che teniamo in mano mentre sediamo in questa immensa platea virtuale. 

Secondo i dati Nielsen pubblicati nelle ultime ore, i programmi ‘più commentati’ sui social network nell’ultima settimana riguardano trashume vario che risponde al titolo de “L’Isola dei Famosi”, talent show come “Amici” e “Masterchef Italia”, varietà alla “Ballando con le stelle”. Luoghi, insomma, che sono sede di leggerezza. Allo scoccare della mezzanotte di domenica, però, è entrata con prepotenza al quinto posto in classifica l’attesissima trasmissione di Franca Leosini “Storie Maledette”. Che è stata, invece, sede del ricordo di una storia interrotta, quella della 15enne Sarah Scazzi, per il cui omicidio – avvenuto nel 2010 - sono state condannate all’ergastolo la cugina Sabrina Misseri e la zia Cosima Serrano (sebbene loro continuino a proclamarsi innocenti e lo zio Michele Misseri persista nell’addossarsi la colpa), intervistate proprio durante la prima serata di Rai Tre.

Ed ecco che, d’un tratto, proprio come gli urletti e le sparate di una Francesca Cipriani qualsiasi, anche gli atti, le azioni ed i moti d’animo di un’assassina condannata in via definitiva sono diventate materia da smembrare via social negli ormai leggendari "meme". C’è stato chi, ad esempio, ha azzardato un gioco al ‘trova le differenze’ tra Sabrina e vippetti vari. Chi si è chiesto con la sbruffoneria di cui sopra: “Ma Sabrina non era dimagrita raga?”. Chi ha ideato il "Concorso in omicidio per la Summer Card", dal momento che ben 4500 sono gli sms inviati dalla Misseri ad Ivano, "movente" - suo malgrado - della tragedia. E chi poi l’ha invitata a "ragionare" col senno di poi: “Sabrina ti stai facendo l'ergastolo per uno che non sa nemmeno come si scopa, fai conto”. O ancora: “Ci fu penetrazione ma non ci fu rapporto sessuale. Io ancora non ho capito come si tromba in Puglia”. 

E se è vero che partecipazione è valore aggiunto, è altrettanto vero che, se si fermano per un attimo le dita sulla tastiera e ci si sofferma alla riflessione, il balzo dalla tragedia all'ilarità generale fa balzare dal divano. E che qui, più che nell’esorcizzazione, si è scivolati pericolosamente nello smarrimento del senso della misura. 

Lungi dal voler apparire bacchettoni o pseudo moralisti, ancor più lungi dal voler mettere in dubbio il lavoro di un monumento quale è Leosini, l’unico obiettivo di chi scrive è fare caso a quel risolino che ci nasce spontaneo di fronte al volto di Sabrina Misseri, e riscoprire che dietro c'è una ragazzina che non c’è più. Quella stessa ragazzina di cui la d’Urso, otto anni fa, ragionava in termini di "celle agganciate dal cellulare prima da una parte e poi dall’altra" e noi tutti (molti) eravamo tanto bravi a puntare il dito contro la tv del dolore. E viene la sensazione che forse cotanto moto social, che ultimamente è stato volano del programma, vada un po' a rigarlo. 

Si dirà che gran parte delle risatine è dovuta alla prosa barocca e forbita della conduttrice, e non al tema in sé. Che la valenza pedagogica del programma sta proprio nel mostrare l’assoluta ‘normalità’ dei protagonisti di una tragedia, nel render la loro quotidianità il più tangibile possibile. Che i social sono lo spazio dello svago. Che il ripudio per tanto orrore, nel raziocinio, resta. Che la figura di Sarah, poi, ne esce perfettamente rispettata, intonsa. E’ sempre lei, quella dal viso angelico che scriveva diari e che in quel diabolico pomeriggio voleva solo andare al mare con la cugina. Ma permetteteci di provare un effetto straniante, alienante di fronte al modo in cui una tragedia diventa commedia, fiera, gara di battute online. Sarah nel frattempo se n’è andata. 

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