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Giovedì, 28 Marzo 2024
Libri

Zerocalcare: “Sono un piagnone, per questo uso l’ironia”

A margine del suo incontro pubblico con Gipi nella giornata di chiusura di "Libri Come", Zerocalcare racconta i suoi fumetti, la sua esperienza a Kobane e i suoi progetti per il futuro

Si chiama Michele e all’epoca dei forum e di Indymedia aveva scelto il nickname Zerocalcare. Il suo incontro insieme a Gipi in chiusura della sesta edizione di "Libri Come" all'Auditorium Parco della Musica di Roma era uno dei più attesi ed è stato uno dei più seguiti. A briglia sciolta, in un dialogo senza moderatori completamente autogestito dai due fumettisti insieme al pubblico, Gipi e Zerocalcare hanno parlato del loro lavoro, delle influenze ricevute negli anni da altri artisti, del rapporto con il fumetto contemporaneo e quello del futuro. 

Today.it ha incontrato Zerocalcare.

Davi ripetizioni e adesso non lo fai più. Insomma disegnare e raccontare sono il tuo lavoro? Volevi che andasse così? 

Effettivamente lo è diventato ma all’inizio non volevo che andasse così, tanto che ci ho messo tre anni e mezzo ad accettare che i fumetti diventassero il mio lavoro, perché ho sempre rappresentato me stesso come chi fa fumetti per passione. Di per sé la parola "lavoro" di solito ha quasi solo aspetti negativi. Adesso lo vivo molto più serenamente. 

Tutto quello che racconti è sempre pieno di ironia. Che cosa è per te?

Non so bene cos'è l’ironia, però quando metto nel mio lavoro delle robe buffe lo faccio perché spesso racconto cose molto tristi. Mi rendo conto di non essere tanto capace di farlo e che poi vengono dei polpettoni, quindi mi impongo proprio di spezzettarli con delle cose buffe per alleggerire e stemperare la cosa…e in modo che non sembri che mi prendo troppo sul serio. 

L’ironia è un’arma per resistere all’amarezza?

In realtà è più uno strumento difesa, non tanto per resistere all’amarezza quanto per resistere allo scherno degli altri. Io ho l’animo del piagnone, ma non voglio che gli altri mi trattino così, quindi uso l'ironia come barriera per mettere le mani avanti. Ho trovato questa soluzione qua.

Sei stato a Kobane e hai raccontato quello che hai visto attraverso il graphic journalism…

Non sono andato a Kobane con l’idea di fare un lavoro di graphic journalism. Sono abbastanza fedele a quello che faccio: raccontare quello che vedo, la vita mia, le cose che mi va di raccontare in maniera più o meno buffa. Non sono andato a Kobane come individuo, ma nell’ambito di una campagna di solidarietà, Rojava Calling. Sono partito con altre persone per fare qualcosa là, per portare solidarietà e in parte imparare qualcosa da quell’esperienza. Proprio in quel momento lì ho fatto quel passaggio mentale che mi ha fatto capire che di lavoro faccio il fumettista. A questo punto aveva senso provare a raccontare anche quella cosa là e l’ho proposto a "Internazionale". Però per me è importante che questa cosa che racconto incroci la mia biografia e la mia vita, ma per motivi autonomi rispetto al disegno. Non mi interessa andare in un posto, calato dall’alto, per raccontare. Proprio no.  

E’ stata quindi un’esperienza personale e politica?

Sì, assolutamente. 

Quest’anno è uscito anche il tuo ultimo lavoro “Dimentica il mio nome”, dove ti metti in gioco molto di più e sveli parte della tua esperienza personale. Con questo e il lavoro su Kobane sei uscito dal blog e sei diventato un autore. Ti piace essere definito così?

Il fatto di essere percepito meno come blogger e più come autore un po’ mi rassicura. Non è un’etichetta che mi inorgoglisce o meno, però mi fa pensare che magari ci posso campare un po’ di più. Tutto sommato mi fa piacere. Ma non è una scelta a tavolino: il mio blog è una cosa che vorrei continuare a fare. Adesso sicuramente deve essere ripensato per alcune cose. Da quando ho cominciato quattro anni fa l’universo narrativo di quel blog si è cristallizzato per alcune cose. Ho proprio voglia di riportare nel blog l’attualità della vita mia di adesso. Vorrei anche riuscire a trovare un equilibrio per tutte queste cose. 

Dopotutto da quando è iniziato il blog fino a ora la tua vita è cambiata…

Sì, ma non è soltanto il fatto che adesso lavoro con i fumetti. La mia vita è cambiata anche nei contenuti primari del blog: mia madre è invecchiata, è cambiato il mio amico Secco. Mi piace l’idea di riportarlo alla vita di adesso e non tenerlo cristallizzato in una dimensione atemporale. 

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