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Giovedì, 28 Marzo 2024
I legami controversi / Giappone

Perché i giapponesi sono contrari al funerale di Stato dell’ex premier Abe Shinzo

Tra le diverse ragioni che alimentano le polemiche sulla cerimonia solenne ci sono i legami tra i politici del Partito Liberaldemocratico e la Chiesa dell'Unificazione, che è stata descritta come una "setta" in diversi paesi

Montano polemiche e malumori sulla cerimonia funebre dell’ex premier giapponese Shinzo Abe, ucciso con un colpo di pistola lo scorso 8 luglio durante un evento elettorale. Il governo giapponese ha cerchiato in rosso il 27 settembre come giorno scelto per i funerali di Stato in memoria dell’ex primo ministro nipponico. Le esequie private si sono già tenute lo scorso 12 luglio. 

Le polemiche sul funerale di Stato

La decisione è stata comunicata durante una conferenza stampa che si è tenuta lo scorso 14 luglio, quando il primo ministro nipponico Fumio Kishida (ex ministro degli esteri durante il governo Abe) ha annunciato che ci sarebbe stata un cerimonia funebre solenne, finanziata interamente dal governo - e quindi dai contribuenti - per commemorare Abe. Si tratta di un evento rarissimo: nel solo dopoguerra questo onore è stato concesso solo per le esequie di Shigeru Yoshida, nel 1967, che da primo ministro fu l’architetto della rinascita giapponese nel secondo dopoguerra.

Il governo nipponico vuole organizzare la commemorazione funebre al Nippon Budokan, nel centro di Tokyo, perché Abe aveva mostrato "una leadership eccezionale" nel rilanciare l'economia giapponese, nel rafforzare le relazioni di sicurezza con gli Stati Uniti e nel supervisionare la ricostruzione di Fukushima dopo il disastro nucleare del marzo 2011.

C’è quindi un’inversione di rotta, quindi. Solitamente i funerali dei primi ministri vengono pagati per metà dallo Stato e per la restante parte dal Partito Liberaldemocratico al potere. Come è successo - l’ultimo in ordine di tempo - con l'ex primo ministro Yasuhiro Nakasone (1982 - 1987) morto nel 2020. Il governo aveva sostenuto la metà delle spese della cerimonia funebre, circa 96 milioni di yen (1 milione di dollari).

Per l’attuale premier Kishida, la cerimonia di Stato ha un doppio significato: innanzitutto ricordare Abe, il più longevo e divisivo premier giapponese, ma soprattutto lanciare un messaggio sulla tenuta democratica del Giappone, nonostante gli (sporadici) episodi di violenza. Per allontanare le polemiche, il governo di Tokyo ha deciso che i funerali di Stato non rappresenteranno un lutto nazionale.

Abe, figura politica controversa

Abe è stato primo ministro per più di otto anni durante due distinti mandati ed è stato estremamente influente nel Partito Liberaldemocratico che è al governo, anche dopo le sue dimissioni nel 2020. Ma la sua autorità politica gode di stima diversa all'interno e all'esterno del Giappone. 

Abe è stato infatti un politico divisivo: aveva forti convinzioni ed era una figura molto polarizzante e controversa. Non solo per il suo stile di leadership e per le sue idee piuttosto decise in merito alla riforma costituzionale che consentirebbe una maggiore assertività sul piano militare al Giappone, ma anche per i suoi rapporti con il mondo del nazionalismo e con alcune attività educative, vicine alla galassia nazionalista, che hanno usufruito di aiuti pubblici non dovuti.

Lo scorso 21 luglio, una cinquantina di persone ha presentato un’ingiunzione alla Corte distrettuale di Tokyo per fermare l’utilizzo di fondi pubblici per un evento che non è stato sottoposto all’approvazione della Dieta, il parlamento nipponico, e che per questo – secondo i querelanti – è a forte dubbio di legittimità costituzionale. Le istanze di alcuni cittadini - che chiedono di non romanticizzare la politica di Abe - vengono rafforzate dalla forte contrarietà di alcuni partiti all’opposizione. Secondo Mizuho Fukushima, che guida il partito socialdemocratico, la decisione dell’esecutivo di celebrare un funerale di Stato "viola chiaramente la libertà di pensiero e la coscienza protette dalla costituzione".

La determinazione di Kishida deve ora scontrarsi con le istanze dei giapponesi. Un recente sondaggio della televisione pubblica giapponese NHK ha mostrato che mentre il 49% sostiene la decisione del governo di Tokyo di organizzare un funerale di Stato, il 38% è contrario. Secondo un altro sondaggio pubblicato dal network FNN, il 50,1% degli intervistati ha risposto di essere a favore della cerimonia solenne, mentre il 46,9% si dice contrario. In entrambi i sondaggi della NHK e della FNN, c’è una netta divisione sulla generazione di chi ha risposto al quesito: i giovani sono più propensi al funerale di Stato, probabilmente perché non hanno contezza del lascito politico di Abe e del suo ruolo divisivo nella politica nazionale. 

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La polemica monta anche sui social network. Diversi utenti dei social media si sono lamentati del costo dell'evento (a cui parteciperanno anche delegazioni straniere), evidenziando la possibilità di sfruttare i fondi per imprimere una reale azione contro l’ultima ondata di Covid-19, che sta facendo registrare migliaia di casi ogni giorno. 

La sostanziale opposizione e l'intenso contraccolpo, indicati sia dai sondaggi che dalle proteste di piazza, dimostrano quanto Abe sia ancora un politico polarizzante nella politica giapponese, anche dopo la sua morte. 

Le connessioni con la Chiesa dell’Unificazione

Un’altra ragione che alimenta le polemiche sul funerale di Stato per Abe è relativa ai legami tra i politici del Partito Liberaldemocratico e la Chiesa dell'Unificazione, nota ufficialmente come Federazione delle famiglie per la pace e l'unificazione nel mondo, che è stata descritta come una "setta" in diversi paesi.

L’assassino dell’ex premier, Tetsuya Yamagami, ha confessato alla polizia di aver sparato ad Abe perché convinto che l'ex primo ministro fosse associato alla Chiesa. Secondo quanto riferito dal killer durante l’interrogatorio, sua madre aveva fatto enormi donazioni alla Chiesa due decenni fa, tanto da portare la famiglia sul lastrico economico.

I giapponesi chiedono a gran voce di avere chiarezza sui legami con una delle sette più potenti del Giappone. Recenti rivelazioni hanno messo in luce l’influenza esercitata dalla Chiesa dell’Unificazione sui parlamentari del partito al potere e di opposizione. Diversi esponenti del Partito Liberaldemocratico hanno ammesso di aver partecipato a eventi correlati della Chiesa e di aver ricevuto sostegno dai fedeli durante le loro campagne elettorali. Tra i nomi più noti spicca quello del ministro della Difesa, Nobuo Kishi (fratello minore di Abe) e quello di Yoshiyuki Inoue, che ha ottenuto un seggio nella Camera alta, dopo le elezioni dello scorso 10 luglio. 

L’ondata di rivelazioni arriva dopo la pubblicazione del tabloid Nikkan Gendai di un elenco di 112 esponenti politici – inclusi 34 ministri e dirigenti del partito conservatore attuali ed ex – che hanno inviato messaggi di congratulazioni o partecipato a eventi organizzati dalla Chiesa o dalle sue organizzazioni sorelle, come l’Universal Peace Federation. Né il primo ministro Fumio Kishida, né il segretario generale del Partito Liberaldemocratico Toshimitsu Motegi sono nella lista di Nikkan Gendai. 

Non ci sono prove, tuttavia, che Abe fosse un membro della Chiesa, che aveva anche rapporti con altri influenti conservatori in tutto il mondo, tra cui Richard Nixon, Ronald Reagan, George W. Bush e Donald Trump. 

Perché è così forte il legame tra politici conservatori e la Chiesa? Prendendo in prestito le parole di Mark Mullins, direttore del Japan Studies Center presso l'Università di Auckland, "i politici conservatori del Partito Liberaldemocratico condividono alcuni specifici valori con la Chiesa dell'Unificazione: l’anticomunismo e, più recentemente, i valori familiari, come l'opposizione al matrimonio tra persone dello stesso sesso". 

La forza della Chiesa dell’Unificazione

Non sono però rivelazioni inedite, poiché i legami tra membri dell’LDP e Chiesa vanno avanti decenni: Nobusuke Kishi, il nonno di Abe che fu primo ministro del Giappone nella seconda metà del Novecento, sostenne la Chiesa come strumento della lotta anticomunista.

La Chiesa è stata fondata nel 1954 dal reverendo sudcoreano Moon Sun Myung, nato in morto nel 2012. Nonostante le sue origini coreane, la Chiesa ha trovato terreno fertile anche negli Stati Uniti e in Giappone, dove si dice abbia centinaia di migliaia di membri. 

La Chiesa è ormai un impero economico, che va ben oltre il movimento religioso e che comprende giornali - come il quotidiano conservatore americano Washington Times - università, fabbriche e società finanziarie. Quello che è ormai un business è cresciuto grazie alle ingenti somme di denaro ricevute con le donazioni degli adepti, vittime di un “lavaggio del cervello”. 

Il simbolo della Chiesa rappresenta le interconnessioni religiose: l’emblema è un cerchio rosso su sfondo giallo a indicare il cuore di Dio. Come un sole, dal cerchio si allargano 12 raggi che simboleggiano altrettante porte; i quattro raggi principali, invece, che sono più grandi degli altri, rappresentano le più importanti religioni e sfere culturali: cristiana, islamica, induista e quella del buddismo, del confucianesimo e del taoismo. 

La Chiesa è oggetto di numerosi studi e indagini giornalistiche, partite dall’attenzione che hanno suscitato le messe scenografiche e gli eventi eccentrici, come i grandi “matrimoni di massa”, così come le denunce sulle violenze esercitate dai fondatori sugli adepti. 

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Ma sono state le posizioni controverse assunte da Moon nel corso dei decenni a far discutere la comunità internazionale, facendo risuonare un campanello d’allarme sul ruolo e sulla perniciosità della Chiesa: nel 2003 Moon fu molto criticato per un suo sermone in cui perdonò gli autori dell’Olocausto, sostenendo che si era trattato della punizione inflitta agli ebrei per aver ucciso Gesù. Lo stesso reverendo sudcoreano fu colui che celebrò il matrimonio di un arcivescovo cattolico, Emmanuel Milingo, generando forti attriti con il Vaticano. Gli adepti della Chiesa dell’Unificazione vengono anche definiti Moonies, in riferimento al cognome del fondatore.

Chi è Moon

Moon Sun Myung è nato il 25 febbraio del 1920 nella provincia del Nord Pyongan, quando la Corea era ancora sotto il dominio giapponese. Quando Moon era ancora bambino, i genitori si allontanarono dal confucianesimo per convertirsi al cristianesimo, unendosi alla Chiesa presbiteriana.

Dopo la fine dell’occupazione giapponese, Moon iniziò a predicare il suo messaggio di fede, che è alla base del suo movimento. Ci fu poi una scissione nella Chiesa dopo la morte di Moon nel 2012: due figli del reverendo sudcoreano formarono movimenti religiosi propri, cercando di emergere e superare la Chiesa dell’Unificazione. Ma non sono mai riusciti ad intaccare il potere della Chiesa, né in Giappone, né nel resto del mondo.

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