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Sabato, 20 Aprile 2024
Obbligo vaccinale / Germania

Affondato l'obbligo vaccinale in Germania

Cade anche l'ultima mediazione per un provvedimento dedicato ai soli ultrasessantenni

La Germania non introdurrà l’obbligo per la vaccinazione contro il Covid. Nemmeno nella sua versione meno radicale, vale limitato l’obbligo alle persone di oltre sessant’anni. Nei giorni scorsi era già emerso che non c’era una maggioranza al Bundestag per un obbligo generalizzato a partire da diciotto anni, che era il piano originario del Governo e del Cancelliere federale. Proprio oggi, giovedì 7 aprile, il Parlamento doveva votare un compromesso: obbligo vaccinale solo per chi ha più di sessant’anni. Ma anche questa proposta è stata bocciata (296 voti a favore, 378 contrari, nove astenuti).

Nulla di fatto, dunque: si chiude così una vicenda sulla quale c’erano troppi dubbi, emersi anche chiaramente nel corso delle audizioni degli esperti, soprattutto medici e giuristi, nella seduta della commissione parlamentare che ha analizzato le varie proposte di obbligo. Non ne esce bene la maggioranza di governo, che non è stata in grado di formulare una proposta che raccogliesse il consenso dei parlamentari.

Olaf Scholz dirà, replicando ancora una volta l’atteggiamento di Angela Merkel, che è il Bundestag a non aver seguito la sua indicazione e che, dunque, lui non ha colpe se una maggioranza parlamentare a sostegno dell’obbligo non sia stata trovata. In parte è vero: il Cancelliere federale era consapevole di quanto sarebbe stato difficile definire una maggioranza su un tema così complesso e che il suo “semaforo” avrebbe potuto rompersi a pochi mesi dalla nascita. Contrarissimi, tra le forze di maggioranza, erano soprattutto i liberali. Wolfgang Kubicki, tra i più famosi ed esperti parlamentari del Partito liberale e deciso oppositore dell’obbligo, ha ripetuto ancora oggi “Non è compito dello Stato obbligare persone adulte, contro la loro volontà, a proteggersi”. Quando è stato chiaro che i numeri non c’erano per un obbligo a partire dai diciotto anni, la maggioranza ha provato ad accordarsi con i conservatori per un obbligo a partire dai sessant’anni. La CDU però non ha accettato la formula che non è piaciuta nemmeno al gruppo dei liberali, che l’ha bocciata quasi all’unanimità.

Non ha aiutato nemmeno il caso austriaco: primo a introdurre una legge sull’obbligo vaccinale, ai primi di marzo il governo di Vienna è stato costretto, dopo appena un mese, a sospenderla perché il diverso sviluppo della pandemia, anche in ragione della variante Omicron, non evidenziava più la necessità e la proporzionalità del provvedimento. A quel punto la strada per un obbligo in Germania si è fatta decisamente in salita. 

Resta da capire perché Scholz, lo scorso autunno, abbia deciso di modificare la prudente politica di Angela Merkel, da lui condivisa, di evitare un provvedimento tanto contestato e dalle tante zone d’ombra. A partire proprio dal fatto che ancora non è possibile determinare con certezza quante dosi saranno necessarie nel caso di comparsa (eventualità più che probabile) di una nuova variante. Incomprensibile la scelta del Cancelliere, forse impressionato da una pandemia che nella parte finale del 2021 sembrava ormai fuori controllo. Proprio il cambio di rotta di Scholz aveva spaccato anche il Consiglio etico tedesco: chiamato a esprimersi sull’obbligo vaccinale, si era diviso in tre mozioni, con una grande maggioranza a favore di un obbligo generalizzato, una minoranza per un obbligo per gli ultrasessantenni e, infine, quattro membri decisamente contrari. 

Ne esce bene la democrazia parlamentare che discute il provvedimento, si confronta con gli esperti ma, alla fine, respinge al mittente la richiesta del governo. È in fondo anche corretto che un simile provvedimento goda di una libera discussione, non ingabbiata dalla “disciplina di partito”, che avrebbe obbligato i partiti di maggioranza a trovare una quadra e poi imporla al dibattitto parlamentare.

E questo sarebbe stato un esito anche peggiore: il contrasto alla pandemia non ha certamente bisogno di strappi o di discussioni bloccate. Se una così ampia maggioranza dei parlamentari non ha ritenuto di poter accettare persino la mediazione sull’obbligo per gli ultrasessantenni, significa che troppe erano i dubbi e le incongruenze di questa strada. E bene ha fatto il parlamento a non cedere per “salvare” il Governo come pure il Cancelliere Scholz a evitare di fare dell’obbligo una semplice questione della maggioranza. Per quanto il suo calcolo possa essere stato cinico e dettato da ragioni di opportunità, la democrazia parlamentare ne esce comunque rafforzata: suonerà oggi più che mai bizzarro parlare di dittatura sanitaria. 

Ne esce a pezzi, però, la politica sanitaria del Governo, già compromessa nelle ultime settimane dagli annunci ballerini di Karl Lauterbach, nominato mesi fa quasi a furor di popoli ministro della salute, perché nel corso della pandemia era apparso sempre più capace e ragionevole dell’allora ministro conservatore, Jens Spahn. Ma se a Lauterbach la critica veniva facile, il ruolo di Ministro sembra sfuggirgli completamente di mano: annuncia, ritratta, ri-annuncia, poi va nei talk show a spiegare. Per ora, su come affrontare nel prossimo autunno la pandemia le idee sono poche. E molto confuse. Senza più l’alibi dell’obbligo, il Governo dovrà quanto prima presentare una sua strategia. 

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