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Giovedì, 25 Aprile 2024
La guerra infinita

L'ultima spiaggia per salvare Kabul (e 20 anni di "lavoro")

A Doha l'inviato statunitense per negoziare con i talebani per fermare l'offensiva militare e negoziare una soluzione politica

L'inviato statunitense per l'Afghanistan, Zalmay Khalilzad, è partito per il Qatar per "esortare i talebani a fermare l'offensiva militare e negoziare una soluzione politica". Lo ha fatto sapere in una nota il Dipartimento di Stato americano spiegando che a Doha i negoziatori cercheranno di mettere in atto una risposta internazionale congiunta alla situazione che sta rapidamente degenerando a Kabul. "Khalilzad esorterà i talebani a cessare la loro offensiva militare e a negoziare un accordo politico" si spiega.

Afghanistan, la situazione

Attualmente gli insorti controllano sei capoluoghi di provincia e ora puntano su Mazar-i-Sharif, la più grande città del Nord, la cui caduta segnerebbe il crollo totale del controllo del governo in una regione tradizionalmente anti-talebana. Le forze governative stanno anche combattendo gli islamisti a Kandahar e Helmand, le province meridionali di lingua pashtu, dove i talebani fanno leva su un maggiore sostegno.

Nessun passo indietro dagli Stati Uniti che completeranno il ritiro degli ultimi soldati dall'Afghanistan entro il 31 agosto, 20 anni dopo il loro intervento per estromettere i talebani dal potere a causa del loro rifiuto di consegnare Osama bin Laden, all'indomani degli attacchi dell'11 settembre. Ma nel paese mediorientale i talebani stanno riconquistando il controllo dell'Afghanistan a una velocità superiore al previsto. Il Pentagono, attraverso il portavoce John Kirby, ha ammesso che le cose "non stanno andando nella giusta direzione" e ha definito la situazione "profondamente preoccupante". Nelle ultime 72 ore cinque province chiave del Paese sono state riconquistate dai talebani. "La Difesa americana - aggiunge Kirby - è convinta che le forze afghane siano in grado di fare la differenza sul campo", ma l'offensiva talebana si sta facendo più intensa, anche grazie alla liberazione di molti prigionieri che si uniscono ai combattenti.  

Ma cosa sono serviti vent'anni di combattimenti? Secondo il generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano, la nostra presenza ha contribuito ad aprire gli occhi a queste popolazioni. "Nel dicembre 2001 la situazione dell'Afghanistan e di Kabul era veramente tragica - ricorda all'agenzia Adnkronos - nessun contatto con l'esterno, una sola tv che trasmetteva preghiere e programmi religiosi, non una luce accesa la notte. In tutti questi anni siamo riusciti a far vedere a quella gente com'è il mondo normale, a dar loro dei riferimenti di stili di vita che sì, non potranno combaciare con la loro cultura e il loro stile, ma ai quali comunque potranno rivolgersi: oggi i giovani afghani, certo per lo più quelli nei centri urbani, sono più aperti, hanno finestra sul mondo con Internet e i social, e non accetteranno tanto facilmente il ritorno del regime oscuro dei talebani". L'Afghanistan e il suo popolo dovrà insomma essere artefice del proprio destino. 

Afghanistan, cronaca di un disastro annunciato

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Intanto è emergenza sfollati: l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, stima che dall’inizio dell’anno quasi 400.000 afghani siano sfollati in Iran, circa 244.000 solo a partire da maggio, attraverso il valico di frontiera di Milak. Sono quasi un milione i rifugiati afghani registrati già presenti nel Paese. Il governo dell’Iran ha accolto regolarmente civili in fuga dal conflitto e dalle violenze che durano da oltre 40 anni, anche mediante l’esemplare inclusione degli sfollati nel sistema sanitario e in quello educativo nazionali.  

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