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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il ritiro delle forze occidentali

La dura lezione dell'Afghanistan: il ritiro dopo 20 anni e 8,5 miliardi di euro

Anche gli ultimi 850 soldati italiani lasceranno il paese entro il 20mo anniversario dell'attentato alle Torri gemelle. Il conflitto termina con un accordo che di fatto lascia il paese nelle mani di quei Talebani che Stati Uniti e Nato avevano tentato di cacciare: solo lo scorso anno sono state 8.820 le vittime civili e il paese è tutt'altro che normalizzato

La guerra in Afghanistan è finita: il ritiro delle truppe inizierà a maggio e terminerà a settembre e coinvolgerà i circa 850 soldati italiani ancora nel paese dell'Asia centrale. "Ci coordineremo con gli americani e gli altri alleati", ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un'intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera. "Inizieremo il primo di maggio e ci aspettiamo che la logistica pesante americana sia l'ultima a partire entro l'11 settembre, 20mo anniversario dell'attentato alle Torri gemelle", ha continuato il ministro. "Non smetteremo di aiutare il Paese. I nostri progetti di cooperazione continueranno. Del resto al Qaida è stata battuta. Osama bin Laden è morto".

Ma è davvero un paese normalizzato? Come sostengono molti analisti l'equilibrio in Afghanistan dopo il ritiro entro l'11 settembre delle forze militari degli Stati Uniti e della Nato annunciato dagli alleati non potrà durare. Germano Dottori, analista e consigliere scientifico di Limes, in un'intervista rilasciata all'agenzia Nova spiega i rischi di una nuova insorgenza del movimento estremista dei talebani: "L'idea è di favorirne il ritorno al governo, magari inizialmente in condivisione con coloro che sono attualmente al potere a Kabul. Ma si tratta di un equilibrio che non può durare".

"I Taliban vinceranno e si riprenderanno molto di ciò che avevano. Nel frattempo si cercherà di 'ripulirli' grazie al coinvolgimento di Turchia e Qatar che prepareranno il ritiro occidentale".

Dottori osserva che gli "studenti coranici" dovrebbero uscire dalla sfera d'influenza saudita-pakistana, "per entrare nella grande famiglia dei movimenti assimilabili alla Fratellanza musulmana". Un'operazione che per l'analista "si profila però difficile ed appare dagli esiti alquanto incerti". "Siamo in presenza di una indiscutibile vittoria dei Taliban - spiega Dottori - che deriva dal mutamento della situazione strategica globale e della sopravvenuta minor rilevanza dell'Afghanistan negli equilibri mondiali." Bene ricordare che il ritiro delle forze statunitensi dal Paese è stato posticipato di alcuni mesi rispetto alla data del primo maggio stabilita dagli accordi firmati a Doha il 29 febbraio 2020 dall'allora amministrazione guidata da Donald Trump e il movimento dei Taliban. I negoziati che avranno luogo ad Istanbul tra il 24 aprile e il 4 maggio prossimi dovrebbero servire proprio a sgombrare il campo da eventuali problemi.

Afganista, il costo di una sconfitta

Ma quanto è costato questo conflitto? Almeno 2mila miliardi di dollari solo per i contribuenti statunitensi. Secondo l'Osservatorio sulle spese militari italiane, invece, per il nostro Paese la spesa ammonta a un esborso complessivo di oltre 8,4 miliardi di euro fino al 2020. Con i costi di ritiro truppe che si concretizzeranno quest'anno è molto probabile dunque che il totale supereranno gli 8,5 miliardi.

Ma Emergecy sottolinea che il ventennale conflitto è costato soprattutto vite umane. E il computo si aggiorna ogni giorno. Nonostante gli accordi di pace siglati all'inizio del 2020, la United Nations Assistance Mission in Afghanistan ha documentato 8.820 vittime civili solo nel 2020. E più di 100.000 civili sono stati uccisi da quando l'UNAMA ha iniziato a registrare le vittime dal 2009. L'Afghanistan e la sua capitale, Kabul, sono ancora tra i luoghi più letali del mondo e generazioni di afghani non hanno mai vissuto in un Paese senza guerra, la violenza contro i civili è sempre all'ordine del giorno e le donne sono sempre un target.

"L'ultima guerra combattuta in Afghanistan - conclude Emergency - è uno dei più grandi fallimenti umani e di politica estera dei nostri tempi. Ancora una volta, come sempre, una guerra nata "per risolvere un conflitto" ha fallito il suo obiettivo. È una lezione che dobbiamo imparare".

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