Minacce ai medici del caso Alfie: "Insulti e offese, siamo tutti scioccati"
Indagini della polizia britannica. Respinto definitivamente il trasferimento del bambino in Italia
La polizia britannica indagherà sulle minace online contro i medici dell’ospedale Alder Hey Children's di Liverpool dove è ricoverato Alfie Evans, il bambino malato al centro di una dura battaglia legale. Un portavoce ha detto che contro lo staff medico sono state rivolte minacce e “abusi personali senza precedenti”. Parlando alla stampa, l’ispettore Chris Gibson ha detto che i messaggi e le minacce sui social media “saranno oggetto di indagine e, se necessario, saranno perseguite”.
Un portavoce dell’ospedale di Liverpool a sua volta ha parlato di “attacchi contro la nostra motivazione, la nostra professionalità e la nostra etica”. “Il nostro staff ha ricevuto di persona, tramite telefonate, e-mail, e social media una raffica di insulti, offese e minacce e siamo tutti scioccati. Peggio ancora, pazienti e visitatori di Alder Hey hanno subito abusi”. Secondo il portavoce la polizia è stata quindi interessata al caso “per mantenere i pazienti e il personale in sicurezza”.
Alfie, i giudici respingono ricorso in aula: il bambino non verrà in Italia
Nelle scorse ore i giudici della Corte d'Appello di Londra hanno respinto il ricorso in Aula di Tom e Kate Evans, i genitori di Alfie, per portare il bimbo in Italia. Viste le sue condizioni, dicono in sostanza i giudici, il suo trasferimento è inutile. Il piccolo resta quindi in Gran Bretagna nonostante il Consiglio dei Ministri italiano avesse concesso la cittadinanza al bambino. Intanto il papà Tom Evans non ha alcuna intenzione di mollare e ha minacciato l'intenzione di fare causa a tre medici dell'Alder Hey Hosipital di Liverpool per "cospirazione finalizzata all'omicidio" del figlio e fa sapere di aver già preso contatti con investigatori privati per istruire il caso.
Il papà di Alfie non ci sta e fa causa all'ospedale
L'uomo e la moglie Kate James sostengono che i dottori del loro bambino di 23 mesi, affetto da una grave malattia neurodegenerativa, non hanno più parlato con loro e non hanno verificato le condizioni del piccolo da quando gli è stato staccato il respiratore, alle 21 di lunedì.