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Venerdì, 19 Aprile 2024
Lo scacchiere mondiale

Chi sono gli alleati di Putin

L’attacco russo in Ucraina è stato condannato quasi all’unanimità da Europa, Nord America e America Latina, tuttavia, come testimoniano i voti alla risoluzione Onu, esistono quattro Paesi che palesemente dalla parte di Mosca e decine di astenuti la cui neutralità è a dir poco sfumata

L’invasione della Russia in Ucraina ha dato il via ad un conflitto che al momento coinvolge soltanto le truppe armate di Putin e Zelensky, ma se la situazione dovesse degenerare, non è da escludere l’ingresso in campo di eventuali alleati, da una e dall’altra parte. Ma se una grossa fetta del globo ha condannato senza appelli l’attacco russo, esistono diversi Paesi che più o meno apertamente hanno appoggiato la "mossa da Risiko" di Putin. Ma quali sono gli Stati che si sono schierati con la Russia? 

Russia-Ucraina, chi si è schierato con Putin?

Uno sguardo fugace allo scacchiere mondiale potrebbe dare l’idea di due fazioni sproporzionate, con la Russia da un lato e il mondo intero dall’altro. In realtà, come testimoniato anche dalle dichiarazioni di alcuni leader mondiali all’indomani dell’attacco in Ucraina, Putin non è proprio solo. In questo senso, l’esito del voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla risoluzione dell’aggressione russa in Ucraina, fornisce degli indizi precisi. Ben 141 Paesi hanno votato a favore, ma ci sono stati 35 astenuti e quattro Paesi che si sono schierati apertamente a favore di Mosca. Si tratta della Bielorussia, della Corea del Nord, della Siria e dell’Eritrea, ma attenzione, pensare che la fazione pro-Putin sia così scarna potrebbe essere un errore. Infatti, come mostra la mappa realizzata dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi). tra i 35 astenuti e gli assenti al voto, esistono posizioni ambigue, neutralità sfumate o mal celate, come i casi della Serbia, del Venezuela o di Cuba, fino ad arrivare a continenti più "divisi", come Asia e Africa. 

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La Bielorussia, "corridoio" per l’Ucraina

La Bielorussia del presidente Aleksandr Lukashenko ha mostrato fin dall’inizio il suo appoggio a Putin. Il voto pro-Russia nell’Assemblea dell'Onu è apparso quasi scontato. L’invasione delle truppe russe in Ucraina è partita proprio dalla Bielorussia, confinante con entrambi i Paesi e utilizzata dai militari di Mosca come "corridoio" per un ingresso più agevole sul territorio ucraino. Una posizione, quella bielorussa, che secondo alcuni analisti sarebbe obbligata dal rapporto di dipendenza con il governo russo, che ne supporta la sopravvivenza economica e politica. Non a caso, negli ultimi mesi il territorio della Bielorussia è stato utilizzato da Putin come un vero e proprio avamposto russo, riempito di migliaia di truppe pronte per l’invasione. 

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La Corea del Nord dell’amico Kim

Un’altra posizione pro-Russia confermata dal voto all'Onu, ma chiara fin da subito, è quella della Corea del Nord di Kim Jong-un. Il dittatore coreano non aveva mai nascosto le antipatie (per usare un eufemismo) nei confronti di Usa e Nato, schierandosi dal lato di Putin fin dal primo missile sganciato sull’Ucraina. "Gli Stati Uniti hanno attuato una politica egemonica e arbitraria – si legge in un comunicato ufficiale del ministro degli esteri nordcoreano Ri Ji-song - ignorando le legittime richieste della Russia sulla sicurezza".

"La causa principale della crisi in Ucraina - prosegue la nota - affonda le radici nell'ostinazione e nell'arbitrarietà degli Stati Uniti che, adottando sanzioni e pressioni unilaterali, persegue solo due obiettivi: l'egemonia mondiale e la superiorità militare. Gli Stati Uniti cercano di imbellire le loro ingerenze negli affari interni degli altri come giusto impegno per la pace e la stabilità nel mondo mentre denunciano senza motivo le misure di autodifesa adottate da altri per la propria sicurezza nazionale come ‘ingiustizie e provocazioni". Sono finiti i giorni in cui gli Stati Uniti regnavano supremi".

La Siria di Assad e l’Eritrea di Afwerki

Un altro che si può definire "storico" di Putin è la Siria di Bashar al-Assad, fedele socio di Putin in Medio Oriente, che già aveva riconosciuto l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche di Luhansk e Donetsk. I rapporti tra i due leader sono sempre stati ottimi, come testimoniato dall’incontro avvenuto a Mosca lo scorso settembre e lo schieramento di alcuni caccia intercettori e bombardieri strategici armati di missili ipersonici Kinzhal nella base siriana di Hmeimim. L’operazione, avvenuta alla vigilia della crisi tra Russia e Ucraina, è stata comunicata alla stampa come un’esercitazione.

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(Assad in colloquio con Putin -Foto Ansa)

Se nella mappa mondiale la Siria rappresenta l’eccezione nel Medio Oriente (almeno quella palese), lo stesso si può dire per l’Eritrea in Africa. Il Paese guidato dal presidente Isias Afwerki si è allineato con Bielorussia, Siria e Corea del Nord nel votare contro la risoluzione. A partire dal 2021, dopo essere stato sottoposto alle sanzioni degli Stati Uniti, l’Eritrea ha intavolato un rapporto di cooperazione con la Russia, sancito lo scorso 7 febbraio con il rappresentante speciale del presidente Putin per il Medio Oriente e l’Africa, Mikhail Bogdanov.

Il Sudamerica e i "casi" Venezuela e Cuba

Oltre ai Paesi che si sono schierati apertamente con Putin con la loro votazione alla risoluzione Onu, ci sono quelli che non si sono espressi o che lo hanno fatto in altro modo. In Sudamerica è il caso del Venezuela, con il presidente Maduro che ha espresso il suo appoggio alla Russia, augurando a Putin di vincere questa battaglia. "Dal Venezuela ripudiamo i piani perversi che cercano di circondare la Russia militarmente e strategicamente", ha scritto su Twitter Maduro, confermando l’appoggio al popolo russo.

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I rapporti tra i due Paesi sono consolidati da oltre 200 accordi stipulati da Mosca tra Chavez e Maduro, tra cui alcuni in campo militare conclusi di recente. Maduro era assente alla votazione, ma anche tra i presenti ci sono situazioni poco chiare. Se da Argentina, Colombia, Cile e Perù sono arrivate delle ferme condanne, nonostante gli interessi in gioco con la Russia, la Bolivia non si è espressa, mentre il Brasile di Bolsonaro ha votato a favore, pur sottolineando la sua neutralità. Anche Cuba ha preferito astenersi dal voto, una decisione che ci si poteva aspettare dal principale alleato dei sovietici durante la Guerra Fredda. Negli ultimi anni i rapporti tra l’Avana e Mosca sono rimasti costanti, come testimonia il recente accordo sulla dilazione del pagamento degli interessi sul debito dovuto. Discorso simile per un’altra astensione, quella del Nicaragua di Ortega, che aveva già sostenuto Putin nel riconoscimento delle Repubbliche popolari separatiste del Donbass, lanciando "frecciate" anche all’Europa e agli Stati Uniti. 

L’Asia divisa, cosa fa la Cina?

Come mostra la mappa realizzata dall’Ispi, in Asia la situazione è molto più complessa. Alcuni Paesi come Giappone, Singapore, Corea del Sud e Taiwan hanno condannato l’attacco della Russia, ma sono moltissimi gli Stati che hanno preferito non esprimersi e rimanere neutrali.  Detto della posizione della Siria, un’altra potenza che potrebbe giocare un ruolo chiave in questo conflitto è la Cina. Pechino non ha ancora apertamente condannato il comportamento di Putin, ma la speranza dell’Ucraina è che i cinesi possano intervenire in sede di mediazione, convincendo la Russia ad un "cessate il fuoco" per poi intraprendere la strada della diplomazia, facendo leva sui rapporti con Mosca. 

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Tra gli altri Stati asiatici che si sono astenuti ne esistono molti che hanno rapporti economici con Mosca e che quindi manifestano una neutralità influenzata anche dal timore di perdere i rifornimenti russi. Dall’India al Vietnam, fino al Pakistan, senza dimenticare l’Iran e l’Iraq in Medio Oriente, sono molti i Paesi la cui posizione rimane ambigua. Esiste poi il caso del Myanmar si è espresso favorevolmente alla risoluzione Onu, ma la giunta militare che attualmente detiene il potere ha invece manifestato il suo supporto all’invasione della Russia. Una discrepanza simile a quella dell’Afghanistan: il rappresentante del Myanmar alle Nazioni Unite era stato assegnato prima del colpo di stato del febbraio 2021, come avvenuto con i Talebani e il rappresentante afghano. 

Dall’Europa e dal Nord America è arrivata una condanna decisa e unanime, ma nel folto numero degli astenuti potrebbero nascondersi degli alleati di Putin più o meno inaspettati. La speranza è che gli attacchi finiscano e si trovi una soluzione diplomatica, anche se al momento Putin non sembra intenzionato a fare passi indietro.
 

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