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Giovedì, 18 Aprile 2024

Dall'America all'Ucraina per combattere contro Putin: "Mio padre a Kyiv sotto i rifugi"

Il viaggio di quattro americani (due canadesi e due statunitensi) verso l'Ucraina

KRZEMIENICA, POLONIA - Sergei è di origine russa e mette le cose in chiaro: "Putin è la persona più pericolosa del mondo". Vestito in verde militare, sta facendo una sosta alla stazione di servizio di Krzemienica, nel cuore della Galizia, a 90 chilometri da Medyka, punto di frontiera tra Polonia e Ucraina che rappresenta, per centinaia di migliaia di persone, la porta per l'Europa, la salvezza dalla guerra, la fuga.

Ma Sergei è diretto nel senso opposto di marcia: lui, in Ucraina, ci vuole entrare. Vuole essere d'aiuto in qualche modo ed è disposto a combattere contro l'esercito russo. Non è solo: con lui un ragazzo più giovane, ucraino. Vengono entrambi dal Canada, soprannominato "seconda Ucraina" perché l'emigrazione verso il paese dell'acero è stata molto forte in passato. Il giovane è un "nuovo immigrato", come si definisce lui, e ha il padre a Kyiv, momentaneamente in un rifugio. Lo sente tutti i giorni, internet permettendo, ed è pronto a tutto per difendere la sua patria d'origine dall'invasione russa su larga scala, iniziata da ormai sette giorni.

Il quartetto (completato da due ragazzi statunitensi) è giunto in Polonia via aereo, ha preso un monovolume a noleggio, lo ha caricato di tutto il necessario ed ha puntato il navigatore su Kyiv. Per ora sulla carta: i quattro devono ancora passare la frontiera e attraversare mezzo paese, un viaggio non facile sotto la continua minaccia di un'ulteriore escalation, anche se l'ovest dell'Ucraina, da Lviv in poi, è stato finora quasi risparmiato dall'attacco russo.

La diretta del conflitto

Quasi, però. Perché in realtà anche a Lviv le sirene suonano tre o quattro volte al giorno, costringendo la popolazione a riparare negli scantinati, in trenta alla volta in spazi angusti. Tuttavia i combattimenti infiammati sono altrove: a Kharkiv, a Mariupol, a Kyiv e in altre città. Gli ucraini resistono contro il presunto gigante Golia con una tenacia che l'invasore non s'aspettava. I civili si armano ma, all'occorrenza, affrontano i carri armati russi anche disarmati. Si frappongono al passaggio in mezzo alla strada, li costringono all'inversione, difendono le vie d'accesso a varie città e anche alla centrale nucleare di Zaporizza. L'invasore non sta a guardare pur scontando almeno seimila perdite in sette giorni di guerra (ma ne ammette cinquecento). Aumenta i bombardamenti, fa calare i parà sulla capitale, tenta d'assediarla scaraventandogli contro quasi 40 chilometri di carri armati.

La Russia minaccia i sindaci ("o ci consegnate la città, o sarà distruzione"). I sindaci per ora non cedono, forti della partecipazione popolare alla resistenza. Alimentata anche da ragazzi come Sergei e i suoi compagni, che arrivano da molto lontano. Ma soprattutto dai migranti ucraini in Europa. Non pochi di loro, appena sono spirati i venti di guerra, si sono organizzati per tornare a difendere la loro Ucraina minacciata. Nei cuori e nei discorsi di questa gente traspare l'istinto di sopravvivenza. E la difesa della libertà e della democrazia faticosamente conquistate dal 1991 ad oggi. A sentir loro, basterà. A vedere come vanno le cose in battaglia, finora sta bastando. La Russia sembra dover alzare in continuazione il tiro e le minacce per cercare di soggiogare un paese che, probabilmente, credeva di annientare in due o tre giorni. Ma l'isolamento internazionale, per Putin, si fa sempre più pressante.

Sergei e i suoi compagni salgono sul monovolume. La pausa è finita. Sono pronti a ripartire per la frontiera. La passeranno sicuramente. Poi cercheranno di unirsi all'esercito e ai civili, alla resistenza.

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