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Giovedì, 25 Aprile 2024

Il rapporto di Amnesty è pura propaganda per Putin

Amnesty International fa i conti con durissime, e pressoché unanimi, reazioni al suo 'rapporto', il 4 agosto, sulla presunta tattica militare ucraina che metterebbe in pericolo la popolazione. L'accusa (velata) di utilizzare i civili come scudi umani, installando postazioni militari in edifici residenziali, scuole e ospedali, ha fatto infuriare il presidente Zelensky, secondo cui l'organizzazione per i diritti umani non ha speso una parola tra il 6 e il 7 agosto, dopo subito dopo il ferro e fuoco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, che ha messo a rischio l'intero continente europeo. 

Domenica 7 agosto Amnesty ha difeso ancora il rapporto, esprimendo però "dispiacere per avere causato dolore, rabbia e sofferenza". Intanto la responsabilie ucraina dell'organizzazione, Oksana Pokalchuk, si è dimessa: "Se non vivi in un paese occupato da invasori che lo stanno facendo a pezzi, probabilmente non capisci cosa significhi condannare un esercito di difensori", ha commentato.

Da parte russa, si sono spesi molti elogi nei riguardi di Amnesty. Nelle tv di Mosca si è ripetuto che, "secondo Amnesty, le forze armate ucraine stanno facendo ciò di cui abbiamo parlato per così tanto tempo", ed in effetti in questi cinque mesi di guerra, quasi ogni volta che le forze russe hanno compiuto massacri, si sono giustificate affermando di avere mirato a obiettivi militari. Se anche questo fosse vero, significherebbe l'ammissione di colpire a caso, in modo non mirato, anche con le famigerate bombe a grappolo vietate dai codici di guerra.

Le critiche unanimi

Le accuse di Amnesty all'esercito ucraino sono state commentate da numerosi esperti e molti giornali, con un coro quasi unanime di disapprovazione. Per il filosofo Bernard Henri Levy è “come accusare la resistenza francese di aver combattuto nelle strade di Parigi nell’agosto del 1944. È un mix di stupidità e di cinismo. Vuol dire fare il gioco di Putin”. L'inviato di guerra del Corriere Lorenzo Cremonesi, a lungo in Ucraina durante questa guerra, ha scritto il 7 agosto un editoriale con titolo chiarissimo: "Sull’Ucraina Amnesty ha sbagliato". Il giornalista Cristiano Tinazzi, anche lui in Ucraina a lungo in questi mesi, ha scritto un thread su Twitter per spiegare gli errori del comunicato di Amnesty. Ma l'editoriale più duro è forse quello del prestigioso The Times: "La visione del Times sul rapporto di Amnesty International sull'Ucraina: propagandisti di Putin".

Amnesty International non ha considerato il contesto della guerra, che non si sta combattendo in aperta campagna. Fin dal 24 febbrio l'obiettivo dei russi è colpire le città e i villaggi. Abbiamo imparato i nomi di Mariupol, Irpin, Bucha: città dai 100mila ai 500mila abitanti. Spazi urbani, con case e strade. L'Ucraina avrebbe potuto difendere Mariupol invasa dai russi in campagna? Ovviamente no. Qualunque cosa sia stata verificata da Amnesty (nel comunicato a disposizione si citano virgolettati non verificabili di persone comuni), non ci si deve dimenticare il contesto.

Nel contempo, contrariamente a quanto scrive Amnesty nel comunicato, l'Ucraina sta facendo di tutto, fin dall'inizio della guerra, per evacuare quanto più civili è possibile. Le condizioni di sicurezza non consentono, purtroppo, grandi numeri. Tra il 5 e il 6 agosto, per esempio, ne sono stati evacuati 601 dalla regione di Donetsk. Talvolta queste evacuazioni sono vere e proprie missioni ad alto rischio da parte di reparti speciali delle forze armate. In passato si è tentato soprattutto di concordare (anche con la mediazione turca) corridoi umanitari che, però, non sempre funzionavano. Abbiamo raccontato, su questo giornale, la fuga di una donna da Kherson e quello che è accaduto alla carovana successiva (presi a colpi di fucile e costretti a tornare indietro). E come non ricordare i missili russi sulla stazione di Kramatorsk sui civili assiepati che aspettavano un treno per scappare?

Nel frattempo, il Centro per le comunicazioni strategiche e la sicurezza delle informazioni ucraino (Spravdi) ha condotto un'indagine approfondita, arrivando a concludere che l'organizzazione ha utilizzato testimonianze di persone che si trovavano nei campi di "filtrazione" e nelle prigioni dei territori occupati a Donetsk e Luhansk. Le interviste, scrive Spravdi su Telegram, sarebbero dunque state condotte "sotto l'evidente pressione delle forze di sicurezza della Federazione Russa". E, ancora, "a volte questo colloquio era l'unica possibilità (per gli sfollati, n.d.r.) per passare il filtro e uscire dai confini dei territori occupati". Le interviste, dunque, non rappresenterebbero un punto di vista autentico e sincero, ma solo quello 'conveniente' per le circostanze.

Nessuna differenza tra persecutore e vittima

Il comunicato di Amnesty non fa differenza tra persecutore e vittima, tra invasore e invaso, tra aggressore e aggredito. Nessun militare ucraino avrebbe avuto bisogno di sparare, di nascondersi in trincea, di arruolarsi, se un altro paese non avesse invaso l'Ucraina libera e indipendente. Dunque Amnesty si è assunta enormi responsabilità. Anzitutto quella di avanzare denunce imprecise, senza fornire documentazioni a supporto. E poi quella di prestare il fianco alla propaganda russa, che ha già iniziato a usare il rapporto dell'organizzazione a suo vantaggio. Infine, quella di porre le situazioni fuori dal loro contesto, muovendo all'Ucraina l'accusa gravissima di usare i civili come scudo umano senza che vi siano (e non possono esservi) sostanziali riscontri a questo. 

Le precedenti accuse di Amnesty alla Russia, così, perdono di valore e un giornale prestigioso come il Times può permettersi di titolare che il rapporto è frutto di propaganda putiniana.

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