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Giovedì, 28 Marzo 2024
Diritti e petrolio / Arabia Saudita

Il Paese che ha decapitato 17 persone nelle ultime due settimane

In Arabia Saudita è festa nazionale dopo il successo ai Mondiali contro l'Argentina. L'Onu, però, ricorda un altro drammatico primato di Riad

Dopo la storica vittoria ai Mondiali di calcio contro l'Argentina, l'Arabia Saudita ha decretato una giornata di festa nazionale, con uffici e scuole chiuse per celebrare i suoi campioni. Ma proprio in contemporanea con la partita trionfale in Qatar, l'Onu ha ricordato un altro triste primato del Paese del Golfo: dal 10 novembre, ben 17 uomini sono stati giustiziati per reati di droga e contrabbando. Decapitati, secondo il metodo più utilizzato dai boia sauditi. Le altre forme sono la crocifissione, la lapidazione e la fucilazione. 

La furia omicida di Stato

Non si tratta, purtroppo, di un record: lo scorso agosto, l'ong Esohr, che si batte per i diritti umani in Arabia Saudita, ha reso noto che nella prima metà del 2022 erano state eseguite 120 esecuzioni. Ben 81 decapitazioni sono avvenute in un solo giorno, a marzo. Se per quasi due anni, fino a poche settimane fa, il Paese ha applicato una moratoria di fatto sui reati legati alla droga, la furia omicida di Stato ha continuato ad applicarsi per omicidi, rapine a mano armata, ma anche stregoneria, adulterio, sodomia, omosessualità e apostasia. Secondo Esohr, almeno 40 esecuzioni nella prima metà dell'anno hanno riguardato attivisti per i diritti umani. Inoltre, sulla giustizia saudita gravano pesanti ombre, dato che le garanzie processuali, come la presenza di un avvocato difensore, sono carenti, per usare un eufemismo.

Le richieste Onu

L'Alto commissario per i diritti umani dell'Onu ha segnalato un caso emblematico: "Secondo alcuni rapporti che abbiamo ricevuto, un uomo giordano, Hussein abo al-Kheir, potrebbe essere a rischio di esecuzione imminente. Il suo caso è stato precedentemente ripreso dal gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, che ha ritenuto che la sua detenzione fosse arbitraria perché priva di una base legale e vi erano gravi preoccupazioni relative al suo diritto a un processo equo". Per questo, l'Onu chiede al governo saudita di "fermare la presunta esecuzione imminente di al-Kheir (...) annullando la sua condanna a morte, rilasciandolo immediatamente e senza condizioni e assicurando che riceva cure mediche, indennizzi e altri risarcimenti".

Le Nazioni Unite chiedono anche che Riad torni ad applicare una moratoria almeno sulle condanne a morte per droga: Imporre la pena di morte per reati di droga è incompatibile con le norme e gli standard internazionali. Chiediamo alle autorità saudite di adottare una moratoria formale sulle esecuzioni per reati legati alla droga, di commutare le condanne a morte per reati legati alla droga e di garantire il diritto a un processo equo per tutti gli imputati, compresi quelli accusati di tali reati, in in linea con i suoi obblighi internazionali", scive sempre l'Alto commissario.

La dipendenza dell'Occidente

Le pressioni Onu e delle ong dei diritti umani rischiano però di restare inascoltate. L'Arabia Saudita, a differenza dell'Iran (sanzionato di recente dall'Ue per la feroce repressione delle proteste interne), può contare su relazioni solide con l'Occidente. Il Paese del Golfo resta un attore fondamentale per l'approvvigionamento di petrolio e gas a livello internazionale. L'Europa è uno dei principali mercati, e la dipendenza dal greggio di Riad è destinata a rafforzarsi in vista dell'embargo al petrolio russo. Negli ultimi mesi, diversi governi Ue, come quello tedesco, hanno aumentato gli scambi diplomatici con i vertici sauditi. E nei resoconti degli incontri bilaterali la questione della pena di morte e quella dei diritti umani sono rimaste ai margini.  

Del resto, ha fatto scalpore la recente richiesta degli Usa di concedere l'immunità al principe saudita Mohammad bin Salman. Secondo la Cia, il leader di Riad sarebbe stato il mandante dell'omicidio del giornalista del Washington Post, Jamal Ahmad Khashoggi, ucciso nel consolato saudita a Instanbul nel 2018. L'omicidio scatenò proteste in tutto il mondo da parte degli attivisti per i diritti umani, e negli Stati Uniti è in corso una causa contro bin Salman. La concessione dell'immunità è stata giustificata dagli Usa alla luce della nomina del principe a primo ministro. Ma c'è chi vede dietro questa decisione una sorta di tentativo di pacificazione tra i due Paese dopo le recenti tensioni sulla produzione petrolifera saudita: Riad aveva promesso di aumentare la produzione per tenere bassi i prezzi internazionali dinanzi alla guerra in Ucraina, e ridurre l'impatto sull'inflazione in Occidente. Ma finora ha fatto il contrario. 

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