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Giovedì, 25 Aprile 2024
Diritti / Arabia Saudita

Cercasi 30 donne per guidare treni in Arabia Saudita: arrivano 28mila domande

Fino al 2018, nel Paese solo gli uomini potevano condurre veicoli

Non si può dire che non ci sarà competizione per riempire i 30 posti da autista offerti da una compagnia ferroviaria in Arabia Saudita. Già, perché le domande raccolte sono state 28mila. La particolarità della vicenda, come riporta la Bbc, sta nel fatto che i posti in questione sono per autiste donne.

Renfe, l’azienda spagnola che ha lanciato il reclutamento, ha affermato che una prima valutazione del background accademico e della conoscenza della lingua inglese ha ridotto il numero delle candidate di circa la metà, mentre si cercherà di arrivare al numero esatto entro la metà di marzo. Le 30 neo-assunte guideranno treni speciali (i cosiddetti treni proiettile) tra le città sante della Mecca e Medina dopo un anno di formazione retribuita.

Fino a poco tempo fa, le opportunità di lavoro per le donne saudite erano limitate a pochi ruoli come insegnanti e operatrici sanitarie, poiché dovevano osservare rigide regole di segregazione di genere. Fino al 2018 non potevano nemmeno guidare. Adesso le donne svolgono lavori un tempo riservati agli uomini e ai migranti.

La partecipazione femminile alla forza lavoro è quasi raddoppiata negli ultimi 5 anni, raggiungendo il 33% grazie alla spinta del principe ereditario Mohammed bin Salman per tentare di diversificare l’economia, ancora fortemente dipendente dal petrolio. Tuttavia, nel terzo trimestre dello scorso anno, la percentuale di donne lavoratrici era circa la metà di quella degli uomini (34,1%) e la disoccupazione femminile era superiore di oltre 3 volte a quella degli uomini (21,9%). L’impiego pubblico vede ancora una netta predominanza maschile.

Nonostante le riforme sociali, comunque, le donne saudite devono ancora ottenere l’approvazione di un tutore maschile per sposarsi, ottenere alcune cure sanitarie e altro ancora. Gli attivisti per i diritti umani sostengono che sia rimasta una marcata discriminazione in relazione al matrimonio, alla famiglia, al divorzio e alle decisioni che riguardano i figli.

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