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Sabato, 20 Aprile 2024
Fine vita / Regno Unito

Archie: oggi i medici staccano la spina al bambino di 12 anni, contro la volontà dei genitori

Diminuiscono col passare delle ore le possibilità di tenere in vita il piccolo in coma dallo scorso aprile. Nulla da fare per la richiesta della famiglia, che aveva contestato la "violazione del diritto internazionale"

Tra le proteste dei genitori, si avvicina al capitolo conclusivo la vicenda di Archie Battersbee, il 12enne inglese da mesi in coma dopo essere stato trovato privo di conoscenza lo scorso 7 aprile in casa a Southend, nell'Essex, e da allora ricoverato al London Royal Hospital. Quel giorno il piccolo è stato salvato in tempo, ma i danni riportati al cervello sono stati molto gravi. Da quel giorno Archie non si è più svegliato e il suo caso è diventato di competenza dei giudici ai quali si era rivolta l'équipe medica che lo ha in cura.

Per i medici non ci sono più speranze di salvarlo: per questo un giudice britannico ha deciso di dare loro il permesso di staccare la spina che tiene in vita il piccolo Archie, nonostante la famiglia sia contraria. È stata l'équipe del Royal London Hospital che lo ha in cura a rivolgersi al tribunale, affermando di avere elementi sufficienti a sostegno della convinzione secondo cui una diagnosi irreversibile di morte delle cellule cerebrali appare a questo punto "altamente probabile". E i giudici hanno dato ragione ai medici.

Il caso del 12enne Archie: i giudici decidono di staccare la spina contro la volontà dei genitori

La corte d'appello britannica ha, infatti, fissato per oggi 2 agosto a mezzogiorno l'attuazione del via libera alla fine del sostegno vitale, già autorizzata in tre gradi di giudizio dalla giustizia britannica. I genitori di Archie, Hollie e Paul, che credono ancora in un possibile risveglio a dispetto delle aspettative dei medici londinesi, erano tornati a rivolgersi alla Corte per consentire un esame del caso da parte del comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità (Unrpd). Lo stesso comitato ha accettato nei giorni scorsi di valutare il ricorso urgente presentato dalla famiglia: attraverso il governo britannico, aveva sollecitato a sua volta i giudici a congelare l'iter in attesa di una pronuncia.

La corte, tuttavia, si è limitata a posticipare l'attuazione della decisione di staccare la spina da ieri pomeriggio, come inizialmente previsto, a oggi. Un'indicazione fortemente contestata dai genitori, dopo che un loro avvocato l'aveva descritta come potenziale "violazione del diritto internazionale".

"Autorizzo i medici dell'ospedale Royal London a cessare la ventilazione meccanica di Archie Battersbee, a estubarlo, a cessare la somministrazione di farmaci e a non tentare alcuna rianimazione cardiopolmonare su di lui quando cessa il battito cardiaco o lo sforzo respiratorio. I passi che ho indicato sopra sono legittimi", aveva decretato in primo grado la giudice Justice Arbuthnot. Secondo la sentenza, "se Archie rimane sotto ventilazione meccanica, il risultato probabile per lui è la morte improvvisa e le prospettive di recupero sono nulle. Non ha piacere di vivere e il suo danno cerebrale è irrecuperabile. La sua posizione non migliorerà".

Il parere dei giudici, come detto, non è cambiato dopo tre gradi di giudizio. Il collegio chiamato a pronunciarsi ha stroncato la richiesta, negando alcun ruolo giurisdizionale nel Regno Unito al comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità. E ieri ha concesso a mamma Hollie e papà Paul meno di 24 ore per verificare la possibile ammissibilità del caso presso istituzioni giudiziarie internazionali riconosciute (come la Corte europea di Strasburgo per i diritti dell'uomo, che peraltro già in passato ha rigettato ricorsi analoghi delle famiglie); o altrimenti lasciare che i medici procedano a interrompere la ventilazione assistita che tiene in vita Archie.

L'attacco della mamma a medici e giudici

La mamma di Archie, Hollie Dance, sostenuta da gruppi pro life, aveva in precedenza denunciato il rifiuto di concedere una proroga sostanziale come un abuso, tornando a puntare il dito contro medici e giudici: entrambi erano stati accusati di ignorare persino nelle forme il dolore straziante della famiglia, e di aver redatto per iscritto una sorta di "ordine di esecuzione" modello condanna a morte. "Il mio istinto di mamma mi dice che Archie è ancora qui", ha detto la donna. "Non basta una diagnosi di morte probabile", ha poi aggiunto Hollie, dicendosi "disgustata dall'atteggiamento dei giudici e dei medici", visto che "il cuore di Archie batte ancora" e lui "mi ha stretto la mano". "Finché non è volontà di Dio, non accetterò che se ne vada. So di miracoli in cui le persone sono tornate dalla morte cerebrale", ha sostenuto la mamma del bambino.

I suoi appelli, però, sono caduti nel vuoto. Diversi casi analoghi recenti altrettanto gravi si sono conclusi, in base alla normativa e a una prassi ormai consolidata nel Regno Unito, con la conferma finale di sentenze favorevoli agli ospedali che volevano staccare la spina a bambini o neonati, anche contro l'opposizione irriducibile di genitori o altri parenti.

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