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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cosa succede / Afghanistan

Il nuovo attentato a Kabul svela gli interessi della Cina in Afghanistan

Quando il paese mediorientale è caduto nelle mani dei talebani, Pechino si è trovato di fronte a un dilemma: mantenere un rapporto con l'Afghanistan, con cui condivide un confine cruciale per la stabilità nazionale, oppure sostenere il Pakistan, che ha rapporti altalenanti, talvolta burrascosi, con i talebani

Un nuovo attacco in Afghanistan per mano di uomini armati, forse appartenenti allo Stato islamico della Provincia del Khorasan, a un hotel nella zona commerciale di Kabul avvenuto il 12 dicembre, ha sollevato nuovi interrogativi sul ruolo della Cina nel paese caduto nelle mani dei talebani nell'agosto del 2021. L'albergo colpito dagli attentatori è il "Longan Hotel", noto anche come il "Chinese hotel", e al momento dell'attacco c'erano alcuni diplomatici cinesi, tra cui l'ambasciatore cinese che aveva incontrato il giorno prima il viceministro degli esteri afghano, per discutere di questioni relative alla sicurezza dei diplomatici cinesi nel paese. Nell'attentato sono morte tre persone e altre 21 sono rimaste ferite. Al momento non sono arrivare rivendicazioni.

Qual è il ruolo della Cina in Afghanistan? Facciamo un passo indietro. Quando il paese mediorientale è caduto nelle mani dei talebani, Pechino si è trovato di fronte a un dilemma: mantenere un rapporto con l'Afghanistan, con cui condivide un confine cruciale per la stabilità nazionale, oppure sostenere il Pakistan, che ha rapporti altalenanti, talvolta burrascosi, con i talebani (Islamabad vuole fiaccare i militanti del Tehreek-e-Taliban Pakistan, i talebani pachistani e collaboratori con i talebani oggi al governo in Afghanistan).

Le lunghe ombre cinesi sull'Afghanistan

Pechino ha deciso di rafforzare la sua presenza in Afghanistan, approfittando del vuoto lasciato dagli Usa e dalle forze occidentali nell'agosto del 2021. Mentre le diplomazie straniere si ritiravano dall'Afghanistan, la Cina si è trovata improvvisamente in una posizione influente, diventando uno dei pochi paesi a mantenere una presenza diplomatica in Afghanistan. Ma la collaborazione e il dialogo con gli studenti del Corano non devono essere lette come come un riconoscimento ufficiale del governo talebano da parte di Pechino. Perché gli interessi in gioco sono molteplici. 

Vicini di casa

Perché Pechino guarda con attenzione e interesse al governo talebano di Kabul? Innanzittutto, i due paesi sono vicini di casa. La Cina condivide un confine di 76 chilometri con l'Afghanistan, il corridoio del Wakhan, una sottile lingua di terra collegata alla regione Xinjiang, dove vivono gli uiguri. Ma lo Xinjiang è stato teatro di violenti attacchi terroristici per mano del Partito Islamico del Turkistan (precedentemente noto come Movimento Islamico del Turkistan orientale), un'organizzazione terroristica fondata da jihadisti uiguri nella Cina occidentale che è considerata come un gruppo terroristico dalla Cina e dalla comunità internazionale.

La priorità per la Cina, come sempre, è la stabilità nei paesi nei quali ha diversi interessi, economici e securitari. Partiamo dalla sicurezza. La presenza dei militari statunitensi in Afghanistan aveva assicurato che in quella lunga striscia di terra che è il corridoio del Wakhan non proliferassero le azioni delle frange jihadiste dello Xinjiang. All'indomani della disfatta Usa, Pechino ha rafforzato il dialogo con i talebani proprio per evitare un'insorgenza uigura e spegnere la minaccia del terrorismo islamico. La Cina, infatti, ha spinto i talebani affinché il corridoio del Wakhan divenisse libero dai gruppi armati uiguri; in cambio, la Repubblica popolare cinese si è subito dimostrata pronta a sostenere la ricostruzione dell’Afghanistan con investimenti e con lo sviluppo dei progetti legati alla Belt and Road (la Nuova Via della Seta), a prescindere dal rispetto o meno dei diritti umani. 

Economia e sicurezza, il mix vincente

Dopo che i talebani hanno annunciato l'instaurazione di un nuovo governo, Pechino si è impegnata ad aiutare l'Afghanistan anche a combattere i gruppi terroristici e il traffico illegale di droga. Impegni che si traducono nel classico mix di economia e sicurezza, non nuovo nella politica estera cinese.

Nei comunicati ufficiali la leadership cinese ha ribadito che dovrà essere "il popolo afgano a determinare il proprio destino", promuovendo quel principio a lei caro di non ingerenza negli affari interni di un paese. La Cina è arrivata così a promuovere in Afghanistan la stabilità declinata attraverso la prosperità economica, il dialogo equo tra attori e il rispetto della sovranità nazionale. E lo fa presentandosi come partner regionale intenzionato a mantenere gli equilibri dell'area. Da qui le numerose promesse di Pechino. Lo scorso agosto, la Cina ha donato 250 milioni di yuan (37,4 milioni di dollari) di aiuti all'Afghanistan, a cui sono seguiti ulteriori altri 50 milioni di yuan dopo il devastante terremoto che ha colpito il paese mediorientale lo scorso settembre. 

Da quando gli Stati Uniti e i loro alleati hanno lasciato l'Afghanistan, la Cina non ha avuto altra scelta che stringere rapporti con i talebani per proteggere i propri interessi nella regione. Ma sono proprio le risorse naturali, nel mirino di Pechino fin dal 2007, che trainano le relazioni bilaterali: l’Afghanistan è infatti il più grande bacino di rame della regione, oltre a essere ricco di carbone, ferro, gas, cobalto, mercurio, oro, litio e torio.

Non solo oppio: ora i talebani puntano sul carbone (e sulla Cina)

I talebani, sfruttando il lavoro fatto dall'ex governo di Kabul, hanno riaperto parte delle miniere esistenti: su circa un'ottantina, almeno una ventina sono tornate in attività con lo scopo di onorare i contratti già siglati dal precedente governo. Contratti che fanno gola a Pechino. 

L'attenzione verso il Pakistan

Pur continuando a mantenere un profilo bosso nelle relazioni con gli studenti del Corano, Pechino ha spuntato l'arma ideologica - l'abbandono da parte degli Usa e il fallimento del progetto di esportazione della democrazia occidentale, tra tutti - per far crescere e tutelare i propri interessi economici anche con i paesi confinanti con l'Afghanistan. 

Il paese ora governato dai talebani vorrebbe entrare negli ambiziosi piani della nuova Via della Seta (o Belt and Road Inititiative, Bri), che nell'area si snoda in Pakistan con il Corridoio economico Cina-Pakistan (Cpec): si tratta di un’iniziativa lanciata nel 2013 che collega il porto pakistano di Gwadar e la città di Kashgar, nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, e si presenta come il tratto economicamente più rilevante del Bri.

Il progetto di punta del Cpec è la Main Line 1 (ML-1), una rete ferroviaria di oltre 1700 km che congiunge Karachi (la città più popolosa del paese situata sul Mar Arabico) e Peshawar. Ma nonostante gli ingenti investimenti, la strada per il completamento del progetto si è rivelata lunga e tortuosa: ci sono stati infatti forti rallentamenti, a causa della corruzione dell’amministrazione, della resistenza da parte dei partiti di opposizione al governo di Islamabad e degli attacchi dei separatisti della provincia sudoccidentale del Belucistan, una delle aree più povere del Paese, per i quali il progetto rappresenta una minaccia sociodemografica. Inoltre, i prestiti cinesi ammontano al 30% del debito estero totale del Pakistan.

Attentato vicino all'università di Karachi: quattro morti, tra cui tre cinesi

Nonostante le difficoltà, la leadership cinese vuole mantenere un dialogo con tutti gli attori politici della regione. Non tifa per l’una o per l’altra: vuole semplicemente stabilità per i propri interessi. 

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