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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Come ha fatto l'Australia a eliminare il coronavirus (quasi)

Nessun nuovo caso. Il lockdown a Melbourne è stato molto lungo: 111 giorni. Non è l'unico segreto del successo: coesione tra tutti i partiti, chiusura dei confini ma anche rafforzamento del tracciamento per i contatti dei positivi e per circoscrivere i focolai

L'Australia ha gestito al meglio l'epidemia di Sars-CoV-2. Lo dicono i numeri: 27.645 casi totali da inizio emergenza, 907 morti, solo 12 casi nelle ultime 24 ore (con 46.471 tamponi) e una ventina di persone in tutto in ospedale. Il picco è stato tra la fine di luglio e l'inizio di agosto: poco più di 700 contagi confermati al giorno. Poi la curva è scesa rapidamente. La normalità è nei fatti, nella vita quotidiana. Bar e negozi affollati, si riparte come se il Covid sia già (quasi) un brutto ricordo. La Sydney Opera House ha riaperto. Erano in 40.000 sugli spalti l'altro giorno per una partita di rugby. Chi vuole può tornare a lavorare in ufficio abbandonando lo smart working. 

Covid: così l'Australia ha contenuto con successo l'epidemia

"Una storia di successo" nella lotta contro il Covid, la definisce il Washington Post. La nazione di 26 milioni di abitanti non è lontana dall'eliminazione totale del virus dal suo territorio. Come hanno fatto? Magari possono trarne alcune utili lezioni l'Europa e gli Stati Uniti che stanno facendo i conti con ondate molto pesanti, e conseguente sovraffollamento degli ospedali. Nessun nuovo caso è stato segnalato giovedì, e solo sette da sabato, oltre a viaggiatori in quarantena in strutture alberghiere. Melbourne, il principale focolaio dell'epidemia in Australia, dove il lockdown è finito da pochi giorni, non si segnala un caso dal 30 ottobre scorso. 

Prima dell'inizio di novembre, bisognava risalire fino al 9 giugno scorso per ritrovare uno zero nei nuovi casi del Paese. A inizio estate un focolaio scoppiato nello stato del Victoria aveva portato le autorità a decretare un rigido lockdown (con mascherine obbligatorie ovunque) e un coprifuoco rigidissimo per i cinque milioni di abitanti di Melbourne. "Grazie a tutti per il nostro fantastico sistema, agli operatori sanitari e soprattutto al popolo australiano", ha esultato su Twitter il ministro della Salute, Greg Hunt, stimatissimo da tutti, ex consulente della McKinsey & Co. e laureato alla Yale University.

"Non avrei mai pensato che saremmo davvero arrivati ​​a zero casi"

"Non avrei mai pensato che saremmo davvero arrivati ​​a zero, sono sorpresa", ha detto Sharon Lewin, direttore del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity, con sede a Melbourne.

Ora l'Australia può davvero fornire consigli concreti, una road map in tempo reale, per gestire la pandemia al resto del mondo (se il resto del mondo è interessato ad ascoltare, il che non è scontato). E' importante il modello australiano perché, proprio come la Nuova Zelanda, dimostra che si può contenere il successo il virus anche in quelli stati che non gestito in modo "autoritario" l'emergenza come Cina e Vietnam. In primo luogo, l'Australia ha chiuso i confini. Anzi, li ha sigillati. Il fatto di essere un'isola ha aiutato e semplificato il tutto, ma il piano strategico è parso chiaro sin da gennaio e febbraio. Non solo chiusure e contenimento, ma anche il grande rafforzamento delle capacità di tracciamento per i contatti dei positivi e per circoscrivere i focolai nel più breve tempo possibile. 

A differenza di quanto è accaduto negli Usa, tutti gli stati australiani (Australia Meridionale, Australia Occidentale, Nuovo Galles del Sud, Queensland, Tasmania e Victoria) hanno chiuso (totalmente o in parte) i propri confini, limitando notevolmente i movimenti per i viaggiatori sia interstatali sia intrastatali.

I leader politici australiani, tanto quelli di maggioranza quanto quelli di opposizione, hanno saputo spiegare ai connazionali che la situazione era seria sin da subito: per un breve lasso di tempo gli australiani hanno accettato di rinunciare alle "libertà civili" che non avevano mai perso prima, nemmeno durante due guerre mondiali.

Un gabinetto di crisi nazionale comprende membri del governo conservatore ma anche esponenti di tutti gli altri partiti: hanno lavorato insieme. Il risultato è stato un piano molto concreto e chiaro: test, tracciamento e distanziamento sociale, con un'attenzione speciale per gli anziani, la fascia più fragile. Investimenti in ventilatori polmonari, ma anche nella ricerca sui vaccini e sulle cure. Il ministro della Salute ha spinto poi molto sui consulti video con i medici, accessibili a tutti con pochi giorni di lista d'attesa e per tutte le specialità (anche sostegno psicologico, come vedremo più avanti): anche così si garantisce un minore affollamento negli ospedali e si limita la diffusione del virus. 

Il lockdown a Melbourne è stato molto lungo: 111 giorni

Il vaccino è stato sin dall'inizio presentato come un aiuto importante, ma non come la soluzione unica. Sul fronte dei vaccini per il Covid-19, ieri il premier australiano Scott Morrison ha annunciato che il Paese assicurerà l'accesso a due nuovi potenziali vaccini per il coronavirus. Il pacchetto fa parte degli accordi da 1,5 miliardi di dollari (915 milioni di euro) e raddoppia in questo modo il numero di candidati vaccini disponibili per combattere il virus. l'Australia avrà accesso potenzialmente fino a 40 milioni di dosi del vaccino prodotto dalla compagine biotech Usa Novavax, oltre a 10 milioni di dosi del vaccino prodotto da Pfizer e BioNTech."Non ci sono certezze che questi vaccini si dimostrino efficaci - ha detto il premier -, tuttavia la nostra strategia pone l'Australia in prima linea, se i nostri esperti medici daranno via libera e se le sperimentazioni daranno risultati positivi. Nelle scorse settimane il Paese ha "prenotato" anche 33,8 milioni di dosi del candidato a base proteica sviluppato da AstraZeneca e dall'Università di Oxford, oltre a 51 milioni di dosi di un candidato locale prodotto dall'Università del Queensland e da CSL (Segirus).

Non sono mancate le critiche. Fuori dal Parlamento qualche giorno fa a Melborune sono scoppiati scontri tra manifestanti e polizia con dozzine di arrestati. Il rigidissimo lockdown a Melborune secondo alcuni è stato eccessivo e troppo lungo, ben 111 giorni, e il Paese ora è in recessione. Ma i risultati oggi si vedono: il virus ha rallentato di molto la sua corsa. Si è quasi fermato. Non è finita in ogni caso, si mantiene molto alta l'asticella dell'attenzione. Un esempio: i residenti in Australia per ora non possono viaggiare all'estero, e per i 7,5 milioni di immigrati che vivono nel continente-stato non è un problema da poco, da mesi e mesi nessuno di loro può visitare i Paesi d'origine. 

"Gli impatti dell'epidemia di coronavirus, l'allontanamento fisico e l'isolamento possono farci sentire ansiosi, stressati e preoccupati. La pandemia di Covid-19 ha notevolmente cambiato il modo in cui viviamo. Le nostre vite saranno diverse per un po'" si legge sul sito del ministero della Salute. Anche per questo dal 9 ottobre scorso, per tutti i residenti che ne abbiano bisogno, il governo australiano ha messo a disposizione di ognuno 10 sessioni di terapia psicologica sovvenzionate per ogni anno solare. Sessioni extra sono per le persone che hanno subito impatti sulla salute mentale gravi o persistenti a causa della pandemia di Covid-19. La misura " Better Access Pandemic Support" era precedentemente disponibile solo per le persone nelle aree in cui gli ordini di sanità pubblica limitavano i movimenti all'interno dello stato o del territorio. Da un mese è stato rimosso questo requisito. La misura ampliata sarà disponibile fino al 30 giugno 2022.

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