Con il rallentamento della ripresa economica e lo spettro di una crisi deflazionistica, la Cina punta sul settore in cui è leader nel mondo: quello delle auto elettriche. È del 21 luglio la notizia che le autorità cinesi hanno annunciato misure volte a sostenere la vendita di automobili e prodotti elettronici, con l'obiettivo di rinforzare un'economia sottotono, stando a quanto riportato da Reuters. Una nota sul consumo di automobili pubblicata da 13 agenzie governative, tra cui la Commissione per lo sviluppo nazionale e la riforma, spiega che le province saranno incoraggiate ad aumentare le quote annuali di acquisto di automobili e si cercherà di sostenere la vendita dei veicoli di seconda mano.
Il bonus del governo cinese per l'acquisto di auto elettriche
Con il rallentamento della ripresa economica post-pandemica, le autorità cinesi hanno identificato nel settore dell'automotive la leva per sostenere la crescita economica e rispettare così le aspettative governative, che prevedono un obiettivo di crescita del 5% del Pil nel 2023.
Ma è presto per cantare vittoria. I recenti dati dall'Istituto nazionale di Statistica cinese hanno rilevato che nel periodo aprile-giugno il Pil della Cina è cresciuto solo dello 0,8% rispetto al trimestre precedente, ben al di sotto dell'espansione del 2,2% registrata nei primi tre mesi del 2023. Questi indici fanno pensare che, senza stimoli monetari, la Cina potrebbe mancare il target di crescita individuato dal governo.
L'assenza di nuove misure economiche all'orizzonte spinge i consumatori cinesi a non metter mani nel loro portafogli. E a farne le spese è anche il settore dell'automotive. Il più grande mercato automobilistico del mondo è alle prese con una guerra dei prezzi innescata da Tesla, che lo scorso gennaio ha messo in crisi le strategie di marketing di 40 marchi cinesi che offrono sconti sui loro veicoli. Perché il prezzo medio di un'auto elettrica in Cina è nettamente inferiore a quello del resto del mondo, circa 35mila dollari contro i 60mila in Europa e i 70mila negli Stati Uniti.
L'Italia deve avere paura delle auto elettriche cinesi?
In risposta al rialzo dei prezzi dei veicoli elettrici, le autorità cinesi lo scorso giugno hanno inaspettatamente esteso fino al 2027 il periodo dell'erogazione di un'agevolazione fiscale sull'acquisto di veicoli di nuova energia. Una mossa che va a controbilanciare la decisione delle autorità di Pechino di chiudere il rubinetto dei finanziamenti statali alle aziende produttrici dopo 13 anni: dal 2009 al 2022, il governo aveva versato oltre 29 miliardi di dollari in sussidi e agevolazioni fiscali a imprese e consumatori.
La scelta di allungare i tempi della durata dell'agevolazione fiscale sull'acquisto di nuovi veicoli elettrici fa da eco alle misure annunciate dalle autorità cinesi negli ultimi mesi, che però non sono riuscite a rilanciare il mercato dell'automotive. Anche gli investitori sono scettici, al punto da chiedere maggiori stimoli da parte del governo di Pechino. Perché quello della Repubblica popolare è un mercato allettante per investitori e acquirenti.
La stragrande maggioranza delle vendite di auto elettriche fino a oggi si concentra principalmente in tre mercati: Cina, Europa e Stati Uniti. Includendo gli ibridi plug-in, le vendite di auto green in Cina hanno raggiunto i 5,67 milioni nel 2022, più della metà di tutte le consegne globali. Il mercato cinese rappresenta il 60% delle vendite globali di auto elettriche e più della metà di tutti i mezzi di nuova generazione in circolazione nel mondo si trova nel paese asiatico. Non solo: crescono le esportazioni verso Europa e Stati Uniti, dove le auto cinesi rappresentano il 35% delle nuove vendite.
Le vincenti politiche del governo di Pechino. Per ora
Il successo del gigante asiatico nel settore dell'automotive è dettato da scelte vincenti di politica interna: generosi sussidi governativi, agevolazioni fiscali, contratti di appalto e altri incentivi per la mobilità sostenibile hanno permesso alla Cina di attestarsi come leader nella produzione di auto elettriche. Anche le infrastrutture aiutano i cinesi ad avvicinarsi ai veicoli elettrici e abbandonare quelli a gasolio.
Quando scenderanno i prezzi delle auto elettriche
La Cina, che ha la più grande rete di ricarica al mondo, ha aggiunto 649mila stazioni di rifornimento pubblico solo nel 2022, ovvero oltre il 70% di tutte le installazioni effettuate a livello globale nello stesso anno. Sul territorio della Repubblica popolare ci sono almeno 6,36 milioni stazioni di ricarica per veicoli elettrici (dati equivalenti al primo semestre del 2023), più che in qualsiasi altra paese. Un ruolo significativo viene giocato dalla rete statale, il quarto più grande fornitore dietro società private come Wanbang New Energy Investment Group e TGood New Energy.
Il sostegno alle aziende private
Per aumentare i consumi - anche del settore dell'automotive - il governo di Pechino sa che deve puntare sulle imprese private. Il Comitato centrale del Partito comunista cinese e il Consiglio di Stato hanno di recente pubblicato un piano d'azione in 31 punti per sostenere il settore privato. Sebbene sia ancora nebuloso l'intervento previsto da Pechino, il piano prevede di rimuovere le barriere all’ingresso dei mercati, la parità di trattamento tra imprese private e statali, un più facile accesso ai finanziamenti e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
A causa dell'assenza di fiducia da parte degli investitori e imprenditori, Pechino vuole lanciare un segnale positivo dopo una lunga fase di repressione delle imprese non statali. Il settore privato infatti rappresenta oltre il 60% del Pil e l'80% della forza lavoro urbana.
Il problema della disoccupazione giovanile
Con il recente programma in 31 punti, Pechino mira dunque a stabilizzare la sua economia. E frenare il crescente tasso di disoccupazione dei giovani tra i 16 e i 24 anni, che lo scorso giugno ha raggiunto un nuovo record del 21,3%, superando il dato già alto del 20,8% registrato a maggio. L'indice di disoccupazione della popolazione nel suo complesso è rimasto stabile al 5,2%. Ma questi dati arrivano da un'analisi condotta nei centri urbani e non rappresentano la situazione delle aree rurale del paese.
Così, la rivelazione condotta dall'Istituto di Statistica cinese tende a sottostimare il fenomeno che colpisce moltissimi giovani cinesi. Infatti, il tasso di disoccupazione giovanile nelle grandi città è in aumento da diversi mesi. Ed è destinata a crescere, dal momento che gli economisti prevedono quest'anno un numero record di 11,58 milioni di laureati pronti a entrare nel mondo del lavoro.
Ma le misure messe in campo da Pechino sembrano insufficienti per il rilancio dell'economia. Michael Pettis, senior associate presso il Carnegie China Center, ritiene che il modello di investimento di Pechino, rimasto orientato alla produzione e agli investimenti anziché al consumo interno, non crea nuovi posti di lavoro. E così i giovani - che ricevono salari sempre più bassi - e la generazione che dovrebbe contribuire alla "costruzione della modernizzazione" del paese non acquistano nuove auto elettriche. Mandando in cortocircuito il settore.