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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Dagli Usa al Messico, oltre il muro e Trump: continua la fuga delle aziende

Le dure prese di posizione del presidente non servono a fermare la corsa delle multinazionali a stelle e strisce verso un Paese dove si possono risparmiare milioni di dollari di salario: da Rexnord a Caterpillar, nuovi trasferimenti in corso

Tassazioni più alte per i beni prodotti in Messico e venduti negli Stati Uniti. La minaccia dell'abolizione del Nafta, il trattato di libero mercato. Perfino il muro per finire di chiudere quella frontiera iniziata da Bill Clinton lungo tutto il confine.

Le dure prese di posizione di Donald Trump che ha inserito il Messico tra i "nemici" degli Usa non servono, e difficilmente serviranno, a fermare la grande corsa delle multinazionali a stelle e strisce verso un Paese in cui gli stessi prodotti possono vedere la luce del sole con un costo ridotto anche del 45%. 

Nei giorni degli annunci le delocalizzazioni verso il Paese centroamericano non accennano a diminuire. Anzi. Era dicembre quando Trump attaccò direttamente Rexnord, colosso dell'industria manifatturiera, per la decisione di puntare a chiudere il quartier generale di Milwaukee, nel Wisconsin, per portare la produzione in Messico, licenziando così 350 persone. Risultato? Il gruppo che produce componenti meccaniche sta continuando sulla strada del trasferimento oltre confine, portando così avanti un piano aziendale che farà risparmiare alla multinazionale circa 30 milioni di dollari l'anno. In stipendi.

Proteste anti Trump in molte città Usa (Ansa)

La stessa strada è stata intrapresa da Caterpillar, che punta a chiudere la fabbrica di Joliet, in Illinois, per spostarsi a Monterrey, vero e proprio "feudo" Usa in territorio messicano, e da Nucor, gigante dell'acciaio. L'unica spilla che Trump, ad oggi, può appuntarsi resta quindi quella di Ford, che ha chiuso all'ipotesi di un trasferimento in Messico e promesso l'assunzione di circa 700 dipendenti per un nuovo stabilimento negli Usa. Si aspettano i finanziamenti governativi per il lavoro natio.

Chissà che nei prossimi mesi, però, le nuove politiche fiscali promesse dall'amministrazione Trump non convincano altre multinazionali a fermarsi negli Usa: rumors di questi giorni vogliono anche Intel, azienda informatica, molto interessata a eventuali detrazioni. Solo un forte sconto sulle tasse fermerebbe il piano dell'ad Brian Krzanich di portare il quartier generale dell'azienda in Messico. 

Proteste negli aeroporti contro il decreto di Trump sui rifugiati | Ansa

Niente di nuovo sotto al sole, però: Trump sta ripercorrendo, in tema fiscale, grand parte del percorso già intrapreso da Obama. Forti incentivi fiscali per restare competitivi con il Messico, convincendo così le aziende Usa a fermarsi prima del confine: un po' come accaduto con la precedente amministrazione e Telsa, che ha aperto la sua "Gigafactory" in Nevada solo dopo essersi assicurata milioni di dollari di incentivi per le assuzioni. 

Muro o non muro, la strada sembra quindi tracciata. Nessuna questione razziale. Nessun fattore etnico. Nessun amore patrio ritrovato. E' solo il mercato. Sono solo stipendi da pagare. Dove costeranno meno, si andrà a produrre.

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