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Giovedì, 25 Aprile 2024

Vincenzo Sbrizzi

Giornalista

Dobbiamo ringraziare il battaglione Azov per la resistenza in Ucraina?

Questo pezzo ha nel titolo una domanda, e non è un caso. All'interno non si troveranno risposte, si spera invece spunti di riflessione che diano adito ad ancora altre domande. Perché la guerra è una cosa complessa che rifugge le verità assolute nonostante in molti credano di averle in tasca e facciano di tutto per imporle agli altri. La domanda è: “Dobbiamo ringraziare il battaglione Azov per la resistenza in Ucraina?”. Siamo di fronte a un dilemma etico di non poco conto viste le carte in tavola. Ormai tutti sanno che il battaglione Azov è una milizia ultranazionalista di ispirazione neonazista, un'ispirazione che ha giustificato la propaganda putiniana della “denazificazione dell'Ucraina”. 

Eppure questo stesso battaglione è stato alla base della resistenza ucraina e ha subito numerose perdite, che nel massacro di Mariupol rischiano di scrivere la parola fine sulla sua storia. Forte proprio della sua estrazione nazionalista, è stata una forza che è rimasta sul campo a fronteggiare un'invasione che avrebbe fatto tremare i polsi anche ai moderni eserciti occidentali con la certezza di essere spazzati via prima o poi. Bisogna essere quindi grati a dei neonazisti per ciò che hanno fatto nella difesa di un diritto universale come l'inviolabilità dei confini di uno stato sovrano?

Dei neonazisti che difendono uno dei principi fondanti della democrazia. Un ossimoro in piena regola, eppure la complessità della guerra fa questo e molto altro e riaverla in Europa ci fa fare i conti con ferite mai rimaginate e questioni con le quali non abbiamo mai fatto i conti veramente, forti della pace dentro i nostri confini. Sul Foglio, Giuliano Ferrara ha scritto un articolo in cui, con il suo consueto stile provocatorio, invita a ringraziare il battaglione Azov. Con un paradosso torna indietro alla seconda guerra mondiale e al fatto che l'occidente e il mondo libero abbiano ringraziato un dittatore, Stalin, per averlo liberato da un altro dittatore, Hitler. 

Dal suo punto di vista la benevolenza della storia nei suoi confronti, almeno in quella fase, era dettata dal fatto che era stato il vincitore di quel conflitto e come tale aveva potuto godere dei favori delle lodi. Eppure Stalin si è macchiato di crimini contro l'umanità pari a quelli di Hitler in nome di un'ideologia, o almeno della travisazione di un sistema di valori, esattamente come lui. Per questo, lo stesso atteggiamento di benevolenza e ringraziamento dovremmo averlo anche con i neonazisti dell'Azov. 

Una contraddizione così come tante altre che ci troviamo a vivere nei nostri giorni. Perché la guerra è complessità e non esistono risposte assolute e tutte le semplificazioni sono pericolose oltre che dannose. Non abbiamo risposte assolute nemmeno sul significato della parola “resistenza”. Anche qui ci troviamo di fronte a quelle che sembrano contraddizioni in termini. L'Associazione nazionale partigiani, pur avendo condannato l'invasione russa sin dal primo momento, si è schierata contro l'armamento della resistenza ucraina.

Gli eredi della resistenza italiana che vanno contro la resistenza ucraina. Non è giusto armare un popolo che vuole difendersi da un oppressore? In Italia è successo perché in Ucraina, invece, non è giusto perché si favorisce l'escalation militare? Anche questa domanda porta in sé un dilemma quasi irrisolvibile che dimostra quanto le posizioni ideologiche siano dannose e quanto i paragoni storici vadano fatti col contagocce perché i contesti cambiano e il rischio di finire in una partita tra buoni e cattivi, nel tifo tra uno o l'altro, sia sempre dietro l'angolo. Come avete visto questo pezzo non porta risposte ma solo domande. Per le risposte basta la fede, per domande serve confronto e ragionamento e sono molto più complicati. 

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