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Venerdì, 1 Dicembre 2023
Cosa succederà / Stati Uniti d'America

Cosa rischia Biden per il caso dei documenti riservati trovati nella sua abitazione

La vicenda presenta diverse similitudini con quella dei documenti riservati ritrovati in alcune residenze private dell’ex presidente Donald Trump. C'è però una differenza sostanziale tra i due casi

Il presidente statunitense Joe Biden vede a rischio la sua candidatura per le presidenziali del 2024. Il democratico inquilino della Casa Bianca è protagonista di una saga sui documenti segreti trovati nei suoi uffici e nelle sue residenze. E c'è un rischio molto alto: la vicenda di Biden, molto simile a quella del suo predecessore Donald Trump, potrebbe determinare un danno politico per l'attuale inquilino della Casa Bianca.

Cosa sta succedendo

La vicenda sta alimentando il dibattito politico statunitense da qualche settimana. L'ultimo episodio risale alla settimana scorsa, quando gli agenti dell’Fbi hanno condotto il 20 gennaio una perquisizione dell’abitazione del presidente a Wilmington, nel Delaware: qui i federali hanno trovato altre sei carte classificate (dal termine 'classified' in inglese: i documenti sono quindi riservati, ma non si configurano nel più alto grado di riservatezza), che non furono riconsegnate alle autorità al termine della sua vicepresidenza, nel 2017. Gli agenti hanno inoltre rinvenuto alcuni appunti di Biden, sempre relativi al periodo della vicepresidenza durante l'amministrazione di Barack Obama. La natura delle carte scoperte lo scorso venerdì non è stata specificata. Il punto però è di natura legale: i documenti secretati non si possono portare via e devono essere consegnati agli Archivi nazionali da ogni amministrazione al termine del suo mandato. 

Sono gli ultimi documenti di una corposa serie che i federali, su indicazione del procuratore speciale Robert Hur (nominato dal segretario alla Giustizia Merrick Garland), hanno trovato nei locali della residenza del presidente. Altre carte erano state ritrovate una decina di giorni fa, mentre un ulteriori documenti erano stata rinvenuti a novembre, in un ufficio di un suo centro studi a Washington. Mancavano pochi giorni alle elezioni midterm e la notizia del ritrovamento delle carte riservate non era uscita: troppo pericoloso compromettere il voto, che ha già visto la conquista della Camera da parte dei repubblicani. 

La vicenda ricorda il caso Trump

La vicenda presenta diverse similitudini con quella dei documenti riservati ritrovati in alcune residenze private dell’ex presidente Donald Trump. C'è però una differenza sostanziale tra i due casi. Sono stati proprio i legali di Biden a denunciare al Dipartimento di giustizia la presenza di documenti riservati nella residenza privata del presidente Usa, offrendo la propria collaborazione per nuove perquisizioni. L'atteggiamento collaborativo non ha quindi reso necessario il ricorso a un mandato da parte di un magistrato.

I legali di Biden pongono così l'accento sulle differenze giuridiche con il caso che ha visto protagonista l'ex presidente Trump: l'attuale inquilino della Casa Bianca, a differenza del suo predecessore, non ha trafugato di proposito i documenti e ha subito denunciato il loro possesso, quando ha scoperto di averli.

La trasparenza è la chiave di lettura per individuare le differenze con il caso di Trump. L'ex presidente, infatti, al termine del suo mandato aveva portato con sé carte riservate nella sua residenza di Mar a Lago. Dopo la loro scoperta, Trump ha sempre mantenuto un atteggiamento ostile nei confronti delle verifiche e delle perquisizioni nella sua residenza in Florida, rifiutando di restituire i documenti agli Archivi nazionali.

La vicenda, ovviamente, è stata sfruttata politicamente dai repubblicani e dai vari oppositori di Biden, a cominciare proprio da Trump. Il presidente però si è detto "sorpreso" della presenza dei documenti riservati nella sua abitazione. Una affermazione che si inquadra in un ampio contesto giuridico. Il mantenimento di materiale riservato, che dovrebbe essere conservato negli Archivi nazionali, costituisce un reato se i documenti vengono consapevolmente rimossi e tenuti in luoghi non autorizzati. È difficile però per le autorità dimostrare la rimozione consapevole dei documenti da parte dei membri dell'amministrazione.

La pesanti conseguenze per Biden

Le nuove rivelazioni arrivano in un momento in cui l'amministrazione Biden si prepara ad affrontare il primo grande abbandono dal suo insediamento, esattamente due anni fa. Ron Klain, capo dello staff del presidente, si preparerebbe a dimettersi, probabilmente dopo il discorso sullo stato dell'Unione che Biden terrà il prossimo 7 febbraio. La decisione sarebbe stata presa da Klain dopo le elezioni di metà mandato di novembre scorso e nulla ha a che fare con il caso dei documenti riservati nella casa di Biden. Il 61enne Klain è considerato un intimo di lunga data del presidente, avendo lavorato al suo fianco prima durante i mandati di Biden come senatore e quindi all'inizio del suo mandato come vicepresidente sotto Barack Obama. Al suo posto, l'amministrazione Biden ha in programma di nominare Jeff Zients capo dello staff della Casa Bianca.

Biden deve quindi affrontare un terremoto interno. Oltre alle dimissioni di Klain, il presidente Usa si prepara a gestire la più grande sfida politica dall'inizio del suo mandato, proprio mentre si avvia a lanciare la ricandidatura nel 2024. Al suo fianco però si schierano i democratici. I compagni di partito hanno difeso il presidente, elogiando il comportamento collaborativo dei legali di Biden con il Dipartimento di Giustizia, mentre prosegue la ricerca di ulteriore materiale classificato.

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