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Giovedì, 25 Aprile 2024

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

Joe Biden e l'altra guerra all'Europa di cui nessuno parla

Il gas in Europa è sceso sotto i 100 euro per megawattora. Ma c'è poco da gioire. Il 26 ottobre 2020 costava 14,86 euro. Ed esattamente un anno fa, durante la ripresa post pandemia, 45 euro. Ai prezzi attuali, le industrie e le famiglie europee restano quindi fuori mercato. In particolare, quelle italiane e tedesche. Dovendo rinunciare al metano venduto dalla Russia, colpita dalle sanzioni dopo l'invasione dell'Ucraina, i nostri principali fornitori diventeranno gli Stati Uniti, attraverso il gas naturale liquefatto di cui sono i primi produttori al mondo. E in un'economia meno globalizzata e con la Cina sempre più isolata, gli Usa saranno presto anche il principale concorrente industriale dell'Europa. Avranno però un costo dell'energia supercompetitivo: fatte le dovute conversioni, il prezzo del gas naturale sul mercato americano è oggi di 18 euro per megawattora. Circa ottanta euro in meno rispetto a noi.

La strategia messa in campo dal presidente Joe Biden ha gli effetti di una guerra commerciale che fa impallidire perfino i goffi proclami antieuropei del suo predecessore Donald Trump. È l'altra guerra all'Europa di cui nessuno parla, oltre a quella militare scatenata da Vladimir Putin. Eppure sarebbero bastate poche parole per contrastare la speculazione che il 26 agosto ha portato il prezzo europeo del gas, sul mercato Ttf olandese di riferimento, a 349 euro. E fino a pochi giorni fa, l'ha mantenuto sopra i 150 euro.

I sacrifici di imprese e famiglie

Biden avrebbe potuto dichiarare pubblicamente il sostegno energetico degli Stati Uniti agli alleati europei, maggiormente colpiti dalle conseguenze delle sanzioni. Quel whatever it takes, costi quel che costi, pronunciato da Mario Draghi, allora presidente della Banca centrale europea, per neutralizzare la speculazione internazionale contro l'euro e le nazioni che ne fanno parte. Ma la guerra ucraina è lontana da Washington. E nessuno, nell'amministrazione americana, a cominciare dal suo presidente, ha finora pronunciato parole in grado di attenuare la speculazione. Dando così prova della determinazione della Casa Bianca nel gestire la crisi internazionale attuale a proprio esclusivo favore: nonostante i pesanti sacrifici che tutti i cittadini europei, chi più chi meno, stanno facendo per sostenere la risposta delle democrazie occidentali all'imperialismo russo.

Gran parte del gas americano viene estratta attraverso le tecniche di fratturazione idraulica delle rocce profonde (fracking), un metodo non impiegato in Europa per il rischio di innescare terremoti. Ma un'altra parte significativa è ricavata come sottoprodotto della raffinazione del petrolio. E con il prezzo del greggio attorno ai cento dollari al barile, il gas da petrolio le compagnie americane lo ottengono praticamente gratis. L'industria energetica americana ne sta beneficiando abbondantemente. Lo si vede dalle quotazioni in borsa: il titolo del colosso Exxon Mobil Corp., ad esempio, è passato dai 32 dollari ad azione dell'ottobre 2020, nel pieno della crisi provocata dalla pandemia, ai circa 60 dollari del dicembre 2021, alla vigilia dell'aggressione russa in Ucraina, fino ai 105 dollari attuali.

Troppo amici di Russia e Cina

È come se la Casa Bianca volesse farci pagare anni di relazioni amichevoli privilegiate con lo zar di Mosca. Un'economia europea indebolita ha la sua utilità, dal punto di vista di Washington, anche contro la Cina, dopo anni di stretta collaborazione con Pechino da parte di Parigi, Berlino e Roma. Azzoppare i principali clienti del regime di Xi Jinping, quali siamo, può avere pesanti ricadute sul prodotto interno lordo del dragone.

Poi c'è il fronte di Taiwan. L'isola produce il 90 per cento dei microchip di ultima generazione e il 65 per cento dei semiconduttori utilizzati nell'industria mondiale. Un'invasione militare da parte di Pechino sarebbe un colpo devastante per l'economia digitale occidentale. Per questo gli Stati Uniti stanno riportando le produzioni strategiche dentro i propri confini. E lo stanno facendo a suon di ulteriori sussidi per centinaia di miliardi. 

È comunque responsabilità dei governi europei, a cominciare dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, se non riusciamo a far valere i nostri interessi essenziali nemmeno al tavolo del principale alleato. La posta in gioco però è altissima: la deindustrializzazione dell'Europa, oltre che dell'Italia, e il trasferimento delle imprese dove l'energia costa meno provocherebbero disoccupazione, povertà, crisi sociali. Sarebbe la grande vittoria di Vladimir Putin. Ed è questo che va detto a Washington, se il distratto presidente Biden non se ne fosse ancora reso conto.

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