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Venerdì, 29 Marzo 2024
La censura / Turchia

Carcere per chi diffonde "disinformazione", stretta di Erdogan sulla libertà di parola

La Turchia ha approvato una legge criticata dall'opposizione e dal Consiglio d'Europa che parlano di un rischio di "censura" verso le posizioni sgradite dal governo

Il Parlamento turco ha adottato ieri sera una legge sulla disinformazione che prevede fino a tre anni di carcere per la divulgazione di informazioni ritenute "false o fuorvianti". Oltre a giornali, radio e televisioni, la legge prende di mira i social network e i siti web, che saranno obbligati a segnalare le fake news e consegnare le informazioni personali dei loro utenti accusati di diffonderle. Il Consiglio d'Europa ha affermato che la definizione vaga di "disinformazione" e la minaccia di carcere che la accompagna potrebbero avere un "effetto raggelante e un aumento dell'autocensura, non da ultimo in vista delle prossime elezioni del giugno 2023".

Discussi dall'inizio di ottobre, i 40 articoli del testo adottato e ufficialmente chiamato "legge sulla stampa", sono stati oggetto di numerosi emendamenti presentati (invano) dall'opposizione, che ha criticato quella che ritiene essere una "legge di censura". L'articolo 29, in particolare, prevede pene detentive da uno a tre anni per "la diffusione di informazioni false o fuorvianti contrarie alla sicurezza interna ed esterna del Paese e tali da nuocere alla salute pubblica, turbare l'ordine pubblico, diffondere paura o panico tra la popolazione".

Il testo è stato presentato a maggio dai deputati dell'Akp, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo del presidente Recep Tayyip Erdogan, che si candiderà per un nuovo mandato nel giugno 2023. Al contrario di giornali e televisioni, sottoposti a forti censure, fino a questo momento i social network erano rimasti in gran parte privi di sorveglianza, con crescente disappunto di Erdogan.

La situazione dei giornalisti turchi non è certo delle più rosee. Come riporta Reporter senza frontiere in seguito alle elezioni amministrative del 2019, la spirale di violenza contro i giornalisti critici nei confronti dell'alleanza di governo ha continuato a crescere. Con l'avvicinarsi delle elezioni del 2023, i gruppi ultranazionalisti, incoraggiati dalla retorica politica contro la stampa, attaccano per strada reporter, editorialisti, commentatori o cittadini giornalisti per aver coperto questioni politiche e la crisi economica.

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