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Martedì, 23 Aprile 2024

Fernando D'Aniello

Collaboratore

Da Kiel a Berlino? Chi è Daniel Günther

Nel dicembre del 2018 ero ad Amburgo per il congresso della Cdu. Si trattava di un appuntamento importante perché Angela Merkel, fiaccata dai risultati elettorali in Baviera e Assia, aveva deciso, dopo ben diciassette anni, di non ricandidarsi alla presidenza del suo partito. Con una mossa molto abile, la Cancelliera lasciava il partito ma dichiarava di restare al governo fino alla scadenza naturale, il 2021.

Già allora il partito si divise: tre candidati di cui due arrivarono al ballottaggio. Quella che allora era considerata la delfina di Merkel, Annegret Kramp-Karrenbauer, e Friedrich Merz, la nemesi della Cancelliera, che nel 2009 aveva addirittura lasciato la politica perché in disaccordo con la linea Merkel.

Di quel congresso ho un’immagine in mente. Ballottaggio tra i due, i delegati sono mille. Il conto delle schede si prende un po’ di tempo. Lo scontro mette a rischio anche il governo: se vince Merz, è difficile che la Cancelliera possa davvero arrivare al 2021. In presidenza dirige i lavori Daniel Günther, fresco eletto presidente del suo Land, lo Schleswig-Holstein. Il Land più a Nord del paese, quello per cui Bismarck iniziò le sue guerre nell’Ottocento per costituire nel 1871 il Reich. Günther è considerato un merkeliano di ferro. Anche perché appartiene a quella generazione che ha conosciuto, apprezzato e sostenuto la svolta che Merkel ha impresso al partito: quando Merkel prenda la guida della CDU nel 2000 Günther ha appena 27 anni. La Cdu del passato, persino quella di Kohl, gli appare un partito vecchio, sopraffatto dagli scandali e incapace di contrapporsi ai socialdemocratici di Gerhard Schröder.

Torniamo al congresso di Amburgo: a un certo punto Günther richiama tutti, invita i delegati a sedersi. Le telecamere lo inquadrano e lui appare tranquillo, sereno, sorridente e sornione. A quel punto mi sembra chiaro che abbia vinto Kramp-Karrenbauer. È così: la politica di Merkel può continuare, al Governo come al partito.

Passa poco più di un anno, siamo nel 2020, poco prima che arrivi la crisi del Corona. Questa volta i problemi arrivano da Erfurt, dove sia è votato a ottobre per il rinnovo del Parlamento del Land, la Turingia che fino a quel momento è un po’ un caso perché a guidare il governo c’è Bodo Ramelow, il primo presidente di un Land tedesco proveniente dalla Linke, la sinistra diciamo così “radicale”. Le elezioni hanno dato un verdetto aperto: Ramelow non ha i numeri per governare, ma non li ha nemmeno la CDU, stravince la destra di Alternative für Deutschland (AfD). Per mesi si tenta una soluzione che non arriva.

Molti conservatori continuano a fare un paragone improprio: Linke e AfD sono facce della stessa medaglia, estremismi simili. In questo modo si impedisce anche solo l’astensione della CDU ad un governo Ramelow che guidi il paese a nuove elezioni. Annegret Kramp-Karrenbauer non sa che pesci pigliare, anche lei sostiene la linea “né con la Linke, né con AfD”. Nel frattempo, il cinque febbraio una maggioranza di Cdu, Fdp e AfD elegge il liberale Thomas Kemmerich presidente. È la rottura del tabù, una cosa impensabile, persino Merkel, da un viaggio di Stato all'estero, tuona “L’elezione va ripetuta”, come poi avviene. Momenti drammatici, che spingeranno Kramp-Karrenbauer alle dimissioni.

Uno dei pochi che sembra ragionare con grande serenità è proprio Daniel Günther. Che non le manda a dire. “Se nella Linke ci sono persone ragionevoli, perché escludere una collaborazione per cercare soluzioni ragionevoli?”. Sia chiaro, Günther resta un conservatore con classiche parole d’ordine della Cdu ma non per questo fermo al passato: un misto di modernità (ad esempio sui diritti civili o sull'ecologia) e pragmatismo che non dispiace di questi tempi così complicati.

Oggi si vota nello Schleswig-Holstein per il rinnovo del Parlamento del Land. Daniel Günther è favoritissimo: dal 32% del 2017 alcuni sondaggi vedono la CDU addirittura al 38%, pare sia il Presidente di Land più amato del paese. Ironia della sorte a guidare la Cdu è oggi proprio Friedrich Merz, che per ora si è tenuto a una certa distanza dal suo amico-nemico Günther. Anche perché Il voto di domenica è certamente importante ma non quanto quello del 15 maggio, quando si voterà nel Land più popolo della Germania, il Nordreno-Vestfalia (quasi diciotto milioni di abitanti contro i nemmeno tre milioni dello Schleswig-Holstein), dove Merz ha bisogno di un successo per consolidare la propria posizione alla guida del partito.

Ragioni di interesse però ci sono. Günther, assestando ai socialdemocratici una dura sconfitta, potrebbe riproporre la formula della coalizione Giamaica, con liberali e verdi. Dimostrando così di saper governare, anticipando l’unica formula che potrebbe davvero riportare la Cdu alla cancelleria. E Günther è forse quanto di meglio ha prodotto il partito guidato da Angela Merkel in termini di nuovi dirigenti. Ed è questa generazione a sentirsi schiacciata da Merz che, classe 1955 quindi in pratica coetaneo di Merkel, è riuscito dopo la batosta elettorale del settembre scorso a farsi eleggere alla guida del partito. Certo: la Cdu aveva bisogno di trovare una guida più sicura e chiara per togliere voti ad AfD. Ma il progetto di Merz è ancora tutto da definirsi.

Se fallirà, il progetto diventerà quello di neutralizzare il populismo di AfD senza cedere nulla sul piano programmatico o rispetto al profilo della Cdu. E questa impostazione, alternativa al progetto di Merz, potrebbe essere rappresentata proprio da Daniel Günther: che per ora pensa al suo Land e trova anche il tempo di fare i complimenti proprio a Merz. La Cdu ha bisogno di unità e rinnovamento, non di nuovi scontri. Per ora. 

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