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Domenica, 3 Dicembre 2023
Calo del consenso

La Cina è il più grande "esattore" mondiale

L'80 per cento dei debitori della Cina è costituito da Paesi a basso o medio reddito che hanno aderito alla Belt and Road, nota anche come Nuova Via della Seta. Le difficoltà finanziarie legate all'iniziativa lanciata da Xi hanno comportato anche una ricaduta d'immagine per la Cina

Con oltre 1.300 miliardi di dollari di prestiti prestati ai Paesi a basso e medio reddito, la Cina è diventata il più grande "esattore" di debiti globale. È quanto racconta il nuovo report di AidData, società dell'università statunitense William & Mary, che fa un bilancio della Belt and Road Initiative, nota anche come Nuova Via della Seta, il grande progetto infrastrutturale lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 con l'ambizioso obiettivo di incrementare il commercio e la connettività della Cina con il mondo attraverso rotte terrestri e marittime basate sull'antica Via della Seta.

Attraverso un'analisi sui 20mila progetti avviati tra il 2000 e il 2021 in 165 Paesi basso e medio reddito, i ricercatori americani di AirData hanno rilevato che l'80 per cento dei debitori della Cina è costituito da Paesi in difficoltà finanziarie. Circa il 55 per cento del debito in essere dovuto a Pechino da nazioni in via di sviluppo, includendo il capitale ma escludendo gli interessi, è giunto a maturazione, e tale percentuale potrebbe salire al 75 per cento entro il 2030.

Pechino e il timore del default

A giocare un ruolo chiave, sono le principali banche di sviluppo cinese che hanno emesso quasi 500 miliardi di dollari tra il 2008 e il 2021. Sebbene alcuni di questi finanziamenti siano antecedenti alla Belt and Road, il programma di punta di Pechino ha mobilitato gran parte degli investimenti in diversi progetti infrastrutturali, che vanno dai porti agli aeroporti, dalle autostrade alle ferrovie ad alta velocità, alle centrali elettriche. Ma ora Pechino teme un default a causa di una elevata percentuale di prestiti diretti a Paesi in difficoltà finanziaria o a rischio di crisi.

La Via della Seta 10 anni dopo: mega progetti e mega debiti

I ricercatori di AirData hanno calcolato che i prestiti cinesi nel 2015 andavano per il 60 per cento ai progetti di infrastrutture; nel 2021 la quota era scesa al 30 per cento, mentre i fondi destinati a soccorrere i governi indebitati e sull'orlo dell'insolvenza sono saliti al 58 per cento del totale nel 2021, dal 5 per cento del 2013.

Per allontanare il rischio di default, la leadership cinese ha introdotto una serie di misure, tra cui la riduzione dei prestiti per progetti infrastrutturali e la promozione di "progetti piccoli ma intelligenti". Per tutelarsi, quindi, Pechino finanzia progetti a obiettivi più specifici e di alta qualità, con prestiti più piccoli e tempi di rimborso brevi. Nel corso del decennio di vita dell'iniziativa lanciata da Xi, Pechino ha spostato l'attenzione dai prestiti infrastrutturali denominati in dollari ai prestiti di "salvataggio di emergenza" calcolati con la valuta cinese, lo yuan. Il cambiamento garantirebbe ai mutuatari in difficoltà di disporre di liquidità sufficiente per onorare i debiti in sospeso dei progetti infrastrutturali. Sarà una misura salvifica? Il nuovo report sulla "resilienza finanziaria", stilato dallo statunitense Center for Global Development, ha indicato la Cina - tra i 37 Paesi considerati - come l'economia avanzata che più registra un peggioramento del suo livello di adattamento e risposta a eventuali futuri shock economici esterni.

L'aumento del tasso di interesse

Ci sono però dei dubbi sulle modalità di finanziamento. I termini e le condizioni dei prestiti cinesi nell'ambito della Belt and Road spesso non sono trasparenti, ma gli economisti stimano che i prestiti governativi della Cina ai Paesi a basso reddito abbiano tipicamente un tasso di interesse del 2 per cento rispetto alla norma dell'1,54 per cento per i prestiti agevolati della Banca Mondiale. Il quadro però sembra ben peggiore. I ricercatori di AidData hanno infatti scoperto che tra i primi anni della BRI, tra il 2014 e il 2017, e l'ultimo periodo, che va dal 2018 al 2021, gli istituti di credito cinesi hanno aumentato il tasso di interesse per i rimborsi tardivi dal 3 all'8,7 per cento. 

Pechino ha sempre respinto le accuse secondo cui i progetti della Belt and Road avrebbero causato "trappole del debito", sostenendo invece che l0iniziativa sia stata un motore senza precedenti per lo sviluppo globale. La Cina ha inoltre puntato il dito contro le istituzioni finanziarie multilaterali e i creditori commerciali che rappresenterebbero oltre l'80 per cento del debito sovrano dei Paesi in via di sviluppo. 

Quanto c'è di vero? Certamente la BRI ha garantito l'avvio di progetti infrastrutturali fondamentali per i Paesi in via di sviluppo, pur pagando un alto prezzo. È il caso, per esempio, dello Sri Lanka. La storia del default del Paese del Sud-est asiatico, e del suo salvataggio da parte del Fondo monetario internazionale, è quella che ha messo in guardia i diversi Paesi aderenti alla BRI, perché è diventata la dimostrazione di cosa sia la "trappola del debito" cinese: il primo creditore di Colombo è infatti la Cina con 7 miliardi di dollari prestati. 

Che fine ha fatto la Nuova Via della Seta cinese

Se i galattici investimenti cinesi sono diventati un ricatto verso il debitore insolvente, tanto da renderlo uno Stato vassallo, rappresentano anche una cartina di tornasole per Pechino, che ora si ritrova esposta per miliardi verso un Paese incapace di onorare i debiti contratti. Tanto che solo recentemente Colombo ha raggiunto un accordo con Pechino per ristrutturare debiti per 4,2 miliardi di dollari. Non solo lo Sri Lanka. Dalle Maldive al Laos, dal Kenya allo Zambia, diverse nazioni nel mondo sono economicamente piegate in due a causa del debito legato alla BRI.

"Un gestore di crisi internazionale sempre più abile"

A fronte dei complessi problemi finanziari posti dalla Belt and Road, Pechino sta comunque imparando dagli errori, e sta diventando "un gestore di crisi internazionale sempre più abile", afferma AidData. I ricercatori hanno rilevato che nel 2021 gli aiuti e gli impegni di credito della Cina verso i Paesi a basso e medio reddito ammontavano a circa 80 miliardi di dollari, mentre i finanziamenti statunitensi per lo sviluppo ammontavano a circa 60 miliardi di dollari.

Ciononostante, le difficoltà finanziarie legate all'iniziativa lanciata da Xi hanno comportato ricadute d'immagine per la Cina. Nei Paesi meno sviluppati, Pechino ha mostrato grande abilità nel "conquistare e mantenere il sostegno in politica estera delle élite al governo". Non si può dire lo stesso sull'opinione pubblica: il tasso di approvazione verso il gigante asiatico al 40 per cento nel 2021, dal 56 per cento registrato due anni prima. Secondo il rapporto di AidData, la Cina riceve anche una copertura mediatica internazionale meno favorevole.

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