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Martedì, 23 Aprile 2024
Analisi e scenari / Cina

La Cina può cambiare la guerra in Ucraina

Droni e armi da Pechino a Mosca: le speculazioni dietro l'amicizia senza limiti siglata tra Cina e Russia

A sei settimane dallo scoppio della guerra russa in Ucraina, la Cina si destreggia con equilibrismo per mantenere un’apparente neutralità: da un lato esprime sostegno alla Russia per l’offensiva lanciata in Ucraina in risposta all’atteggiamento dell’occidente; dall’altro spinge per garantire colloqui di pace tra gli attori protagonisti del conflitto. 
Alla vigilia del summit Cina-Ue, in programma domani 1° aprile in formato virtuale, Pechino ha rinnovato l’"amicizia senza limiti" con Mosca. Tra strette di mano e photo opportunity, il ministro degli Esteri di Pechino Wang Yi e il suo omologo russo Sergey Lavrov hanno quindi rafforzato il legame tra i due Paesi nel corso del bilaterale avuto a Tunxi, nell’Anhui, tenuto a margine della terza riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi confinanti con l’Afghanistan di ieri 30 marzo.

I due titolari degli Affari Esteri hanno confermato “una più ferma volontà di sviluppare relazioni bilaterali e una maggiore fiducia nel far progredire la cooperazione in vari campi”. Come si legge nel dispaccio di Pechino, la Cina è disposta a collaborare con la Russia, “guidata dall’importante consenso raggiunto dai due capi di Stato, per spingere le relazioni Cina-Russia a un livello più alto nella nuova era”. La Cina ha quindi detto di voler portare le relazioni con la Russia “a un livello più alto”, in quella che è la più chiara dimostrazione di sostegno di Pechino a Vladimir Putin dall'inizio dell'aggressione il 24 febbraio, confermando l’intesa raggiunta tra il leader cinese Xi e il presidente russo Putin poche settimane prima della guerra.

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Lo spettro delle sanzioni

Le sanzioni occidentali imposte a Mosca, sebbene draconiane, non hanno ancora spinto la Russia nell’abisso economico. Per attutire il colpo, il leader del Cremlino Vladimir Putin potrebbe volgere maggiore attenzione al suo partner cinese Xi Jinping. La domanda da porsi, allora, è: quanto è disposta Pechino ad aiutare la Mosca. E quanto già l’ha fatto? I leader cinesi si trovano davanti a un bivio per comprendere se scegliere la strada di un allineamento con la Russia – e le relative conseguenze – oppure perseguire la via dell’accesso illimitato alle economie occidentali ai suoi mercati. Come sottolineato da Alicia García Herrero su Jamestown Foundation, “Pechino sembra portare avanti una duplice risposta alla guerra in Ucraina, assicurando che le sue istituzioni finanziarie aderiscano alle sanzioni internazionali, pur continuando a sostenere l'economia russa mentre lotta sotto il pesante peso delle sanzioni occidentali”.

Riavvolgendo il nastro indietro a qualche settimana fa, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha affermato che "l'escalation delle sanzioni unilaterali spezzerà le catene industriali e di approvvigionamento globali e danneggerà i mezzi di sussistenza delle persone di tutti i paesi”, espressione della rivalità geopolitica tra diversi paesi. Sebbene non sia ancora chiaro quanto le sanzioni comporteranno un disaccoppiamento - commerciale e politico - della Cina dalle potenze del mondo liberale, influiscono comunque sulla postura cinese.

La leadership di Pechino, precisa l’analista Herrero, potrebbe arrivare a riconoscere il suo valore economico, più importante di quello della Russia. Il mercato cinese, che ha costruito la sua fortuna garantendo inizialmente libero accesso alle aziende straniere, potrebbe soffrire della perdita di introiti se le compagnie internazionali scegliessero di lasciare la Cina, per il timore dell’applicazione di sanzioni secondarie in caso di aiuto offerto alla Russia a eludere alcune delle misure punitive dell'Occidente.

E gli armamenti?

L’analisi di questi elementi evidenzia l’incertezza della Cina di offrire un sostegno immediato alla Russia. Sostegno che si traduce in aiuto economici o militare. La guerra in Ucraina ha portato a un cambiamento delle relazioni sino-russe. Mentre l’esercito di Mosca proseguiva la sua avanzata in Ucraina, il Financial Times aveva rivelato la richiesta russa di assistenza militare alla Cina. Mosca e Pechino hanno negato con forza le indiscrezioni del giornale della city di Londra. Ma adesso la testata britannica torna ad alimentare l’idea che la Cina stia invertendo a suo favore il rapporto commerciale di armamenti con la Russia. In passato, i produttori russi hanno fornito all'Esercito popolare di liberazione cinese missili, elicotteri e aerei da combattimento per una media di 1,5 miliardi di dollari all'anno.

Il database Sipri, relativo al trasferimento di armi, ha registrato come gli scambi avvenuti dal 1950 al 2021 siano stati unidirezionali, dalla Russia alla Cina. Ma negli ultimi due decenni, Pechino sta lavorando per invertire la tendenza. La Repubblica popolare cinese, infatti, ha incrementato negli ultimi due decenni la produzione di armamenti altamente tecnologici, con l’obiettivo di allentare la dipendenza dalla fornitura russa. Recentemente, come evidenziato al FT da Alexander Korolev, esperto delle relazioni di sicurezza Cina-Russia presso l'Università del New South Wales di Sydney, la Cina potrebbe spedire alcuni componenti di armi in Russia, classificando lo scambio come “parte della normale cooperazione tecnico-militare”. In questo flusso rientrerebbero così motori navali, componenti elettronici di aerei e droni di ricognizione militare.

I droni di produzione cinese, che non necessitano di una licenza per l’esportazione, potrebbero essere usati dall’esercito russo in Ucraina, esponendoli al rischio di essere distrutti dalle forze ucraine. E se un drone cinese dovesse essere abbattuto dall’esercito di Kiev, sarà difficile per Pechino nascondere il suo sostegno alla Russia.

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