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Venerdì, 19 Aprile 2024
L'analisi

Mosca ora guarda alla Cina: cosa c'è dietro il nuovo patto del gas

Da quando i flussi di Gazprom verso l'Europa sono stati limitati, le spedizioni in Cina sono state superiori ai volumi giornalieri previsti dal contratto sino-russo. Già prima della guerra in Ucraina

La Russia, schiacciata dalle sanzioni internazionali in risposta alla guerra in Ucraina, volge il suo sguardo a est, verso la Cina. È il gigante del gas Gazprom a tracciare il segno stringendo nuovi accordi con Pechino mentre Mosca deve fare i conti con la caduta a picco della moneta nazionale, il rublo, l’aumento dei tassi di interessi decisi dalla Banca centrale e il tonfo delle aziende russe sul mercato internazionale.

Perché nasce il nuovo gasdotto verso la Cina?

Gazprom Pjsc ha firmato un contratto per progettare il gasdotto Soyuz Vostok che, attraverso la Mongolia, arriverà in Cina: il gasdotto potrebbe trasportare fino a 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno in Cina. La Russia, che fornisce quasi il 40 per cento di gas all’Unione Europea, vuole diserversificare i suoi mercati e allontanare lo spettro di una ricaduta economica causata dalle sanzioni internazionali a seguito della guerra in Ucraina.

Una mossa che serve a evitare ulteriori tonfi finanziari. Sebbene Bruxelles al momento non abbia ancora colpito direttamente le esportazioni di gas russo, non esclude una serie di misure che potrebbero portare in primis l’Ue a diversificare le proprie fonti di approvvigionamento per ridurre la dipendenza da Gazprom.

Cos’è il gasdotto “Power of Siberia” e “Power of Siberia 2”

Per il gigante russo del gas non è il primo accordo siglato con Pechino. Già nel 2014, Gazprom aveva firmato un patto commerciale trentennale del valore di 400 miliardi di dollari con la Cina per fornirle fino a 38 miliardi di metri cubi di gas all'anno attraverso il gasdotto “Power of Siberia”, operativo dal 2019.

La pipeline, lunga circa 4.000 km, trasporta il gas russo dagli enormi giacimenti siberiani di Kovyktinskoye e Chayandinskoye sino a Blagoveshchensk, la città russa sul fiume Amur, al confine sino-russo. Solo nello scorso anno, Power of Siberia ha esportato 16,5 miliardi di metri cubi di gas verso il gigante asiatico.

Ma negli ultimi mesi, da quando i flussi di Gazprom verso l'Europa sono stati limitati, le spedizioni in Cina sono state superiori ai volumi giornalieri previsti dal contratto sino-russo.

Inoltre, una nuova pipeline si è aggiunta al gasdotto inaugurato nel 2019. Mosca e Pechino hanno siglato un altro accordo energetico lo scorso 4 febbraio, quando il leader russo Vladimir Putin ha incontrato a Pechino l’omologo cinese Xi Jinping in occasione dell'inizio delle Olimpiadi invernali: la Russia fornirà per i prossimi 25 anni i giacimenti cinesi con altri 10 miliardi di metri cubi all'anno attraverso il nuovo gasdotto Power of Siberia 2.

L’errore di valutazione di Pechino

Dopo cinque giorni dall’attacco russo in Ucraina, Pechino non ha ancora ufficialmente condannato l’azione di Mosca nel Paese dell’Europa orientale, mantenendo posizioni ambigue. Il governo cinese, nonostante abbia chiuso alcuni canali finanziari con Mosca segnando lo stop ai pagamenti per le materie prime dalla Russia, si oppone “a sanzioni unilaterali che non hanno fondamento nel diritto internazionale”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin durante la conferenza stampa del 28 febbraio. Pechino vuole allontanare il rischio di essere escluso dai mercati più redditizi del mondo: l’Ue e gli Stati Uniti.

Certamente Pechino è infastidita dalla decisione di Mosca di attaccare l’Ucraina e, per l’analista cinese Yun Sun, non era pienamente a conoscenza dei piani putiniani e non credeva che una guerra fosse imminente. Secondo quanto riportato dal New York Times, dal dicembre 2021 i funzionari del governo cinese sono stati corteggiati dagli omologhi americani affinché esercitassero un’influenza sul Cremlino per allontanare lo spettro di una guerra. Richiesta spedita al mittente. La Cina ha infatti guardato la Russia con occhi “cinesi”. Il Cremlino e il Zhongnanhai (la sede del governo cinese) aspirano a riscrivere le regole internazionali basate sull’ordine liberale, ma lo fanno con metodi diversi. Se Mosca agisce con l’offensiva militare, Pechino esercita la sua “ascesa pacifica” attraverso la coercizione economica.

La Cina si trova così di fronte a un dilemma: sostenere l’economia russa o allontanarsi da Putin. Il governo cinese non può certo ignorare le relazioni trentennali con Kiev: l’Ucraina è infatti il partner chiave della Belt and Road Initiative cinese, mentre per Kiev Pechino è il principale partner commerciale.

La posizione cinese nel conflitto ucraino

Il governo cinese però tira dritto su un principio, quello della “non ingerenza negli affari interni”. Il ministro degli esteri cinese Wang Yi, dopo giorni di ambiguità, ha specificato in una nota che la Cina “sostiene fermamente il rispetto e la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti gli Stati, attenendosi con serietà agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite. La posizione della Cina è coerente, chiara e si applica anche alla questione dell’Ucraina”. Pechino quindi spinge al dialogo diplomatico per risolvere pacificamente la crisi ucraina, astenendosi così dalle risoluzioni Onu che chiedono la condanna delle azioni di Mosca.

A corroborare la tesi che la Cina fosse ignara dei piani di Putin, tra ieri e oggi è iniziata l’evacuazione dell’Ucraina di parte dei 6000 cittadini cinesi che vivono nel Paese dell’Europa dell’Est. Come riportano i media cinesi, i connazionali stanno lasciando “in sicurezza” il Paese assediato dalle bombe russe per dirigersi verso la Moldavia, Polonia e Slovacchia. 

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