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Giovedì, 28 Marzo 2024
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A Palermo nessun accordo: nella Libia tra guerra e pace l'incubo di 700mila migranti

Nessun documento finale alla conferenza sulla Libia. Ma cosa è stato deciso allora a Palermo? L'unico vero successo è stato quello di non registrare passo indietro verso la Conferenza nazionale preludio delle elezioni in Liba.

Nessun documento finale alla conferenza di Palermo, a cui le diplomazie pure lavoravano da settimane. A quanto apprende l'Adnkronos, sarebbe stata in particolare la delegazione del generale Khalifa Haftar a contestare il testo della dichiarazione finale della Conferenza, che comunque già si sapeva nei giorni scorsi non sarebbe stata firmata, ma presumibilmente solo approvata.

Le conclusioni affidate ad un comunicato del governole conclusioni (pdf)

Di sostanziale fallimento parla l'ex ministro della Difesa, la senatrice del Pd Roberta Pinotti. "Di fatto, la conferenza si è conclusa con molti auspici ma senza dichiarazioni ufficiali, né passi avanti".

Ma di fatto cosa è stato deciso a Palermo? L'unico vero successo è stato quello di non registrare passo indietro verso la Conferenza nazionale preludio delle elezioni in Liba.

L'inviato dell'Onu Ghassan Salamé ha spiegato di ritenere possibile che la Conferenza nazionale si potrà svolgere nelle prime settimane del 2019: "Il sostegno unanime nella comunità internazionale e poi il chiaro impegno da parte dei libici presenti, che hanno detto che contribuiranno alla conferenza ed al suo possibile successo".

Che cosa succede in Libia

Ma qual è la situazione in Libia? Il dipinto tragico per non dire drammatico di un paese lacerato tra milizie che si spartiscono un territorio ricco di petrolio lo tratteggia l'inviato delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamé: "Sono 700mila i migranti illegali in territorio libico. Quelli che sono nei centri di detenzione sono una piccola minoranza rispetto a un gruppo molto più ampio". Più di 22mila sono tornati a casa solo nel 2018 grazie ai rimpatri volontari gestiti dalle nazioni unite. Ma tanti sono coloro che vogliono restare perché in fuga da guerre e carestie o perché semplicemente in cerca di un futuro migliore: "La Libia ha bisogno di manodopera straniera, questi sono fatti. La Libia, come tanti paesi petroliferi in quella parte del mondo, ha sempre impiegato stranieri. Alcuni di loro lavorano. Ed è a causa della debolezza dello Stato che sono illegali, ma la loro posizione potrebbe essere regolarizzata nel prossimo futuro".

Finché si spara il processo politico non può andare avanti

L'inviato delle Nazioni Unite per la Libia ha poi spiegato come il prossimo passo da portare avanti verso una pacificazione del territorio libico è quello di consolidare il cessate il fuoco nella stessa capitale, Tripoli. "E se riusciamo anche in altre città perché senza sicurezza non possiamo andare avanti".

Salamé ricorda le diverse "difficolta" affrontate dalla missione Unsmil negli ultimi mesi, Salamé ha citato "il discorso della Mezzaluna del petrolio", l'attacco terroristico contro la commissione elettorale ai primi di maggio, la battaglia di Derna, che è stata "superata", e un mese di scontri a Tripoli conclusi con un accordo per il cessate il fuoco.

"I libici sono veramente stanchi di questa situazione e sono consapevoli del fatto che non esiste una terza via: o va avanti il processo politico o riprenderanno gli scontri"

Il dialogo Sarraj-Haftar e l'irritazione della Turchia

Cosa rimane dunque della Conferenza sulla Libia? Non sarà certo una stretta di mano a risolvere la crisi della Libia tuttavia quella che Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar si sono scambiati a Palermo ha un forte significato politico e segna, immortalato in una foto ufficiale, un passo in avanti nel tentativo di stabilizzazione della Libia. Se poi l'obiettivo di Giuseppe Conte era quello di riaprire il dialogo tra l'uomo forte della Cirenaica e il primo ministro di Tripoli, il presidente del Consiglio può dirsi soddisfatto.

"Nello scenario libico il nostro interesse non è contribuire ad alimentare le divisioni, l'Italia può essere un fattore di promozione di condizioni di stabilità", dirà poi il capo del governo in conferenza stampa. "Se ci spendessimo a creare meccanismi e alleanze tattiche di volta in volta non contribuiremmo all'accelerazione del processo politico: noi abbiamo l'obiettivo di dialogare con tutti gli attori libici, tutti sono importanti. Il principio di questa conferenza è l'inclusività, se si assumessero interlocutori privilegiati daremmo un contributo negativo".

I due principali leader libici non avevano un confronto diretto da maggio scorso, quando a convocarli a Parigi era stato Emmanuel Macron. Oggi sono tornati a discutere, due ore e mezza seduti attorno allo stesso tavolo, convinti dalle pressioni dei rispettivi sponsor e dello stesso Conte. Un dialogo, organizzato nell'ambito di un vertice ristretto, che permette al governo italiano di rivendicare il successo della Conferenza di Palermo.

medvedev tusk conte al sarraj haftar-2

Lo fa senza trionfalismi il presidente del Consiglio, ma la sua soddisfazione è palese. "È un incontro che ha fatto emergere un'analisi largamente condivisa da parte dei libici delle sfide da affrontare, le abbiamo messe a fuoco insieme, ne è nata un'analisi condivisa sui problemi e un'ampia condivisione da parte della comunità internazionale", commenta Conte. E questo, nonostante la ritrosia di Haftar ad ammettere di avere avuto parte attiva nei lavori. E a dispetto delle veementi proteste della Turchia, esclusa dall'incontro, e scivolata via prima della chiusura dei lavori odierni. 

Il generale libico Khalifa Haftar non ha partecipato alla cena di lavoro di ieri e non ha preso parte alla riunione plenaria di questa mattina. Ha persino evitato accuratamente di farsi immortalare nella foto ufficiale con gli altri capi delegazione. È entrato ed uscito di scena ad arte, ma ha condiviso le conclusioni della Conferenza ed ha fornito alcuni input da cui ripartire. Il principale riguarda proprio Sarraj, rassicurato sulla possibilità di restare in sella almeno fino alle prossime elezioni.

"Non è utile cambiare cavallo mentre si attraversa il fiume", ha detto Haftar, a conferma di un clima "molto cordiale, molto collaborativo, molto positivo". E non era un risultato scontato

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