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Martedì, 16 Aprile 2024
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Equivoco tra medico e farmacista: donna usa crema per l'erezione al posto del collirio

Per curare una secchezza oculare avrebbe dovuto usare il VitA-POS, ma il farmacista le ha venduto il Vitaros. La paziente è finita in ospedale

Sulla rivista British Medical Journal è stato reso noto un caso curioso: quello di una donna di Glasgow che a causa di una disattenzione (non solo sua, ma anche e soprattutto del farmacista e del medico curante) ha usato una crema per la disfunzione erettile per curare la secchezza oculare. Dopo la somministrazione la donna ha iniziato ad accusare dolori agli occhi, vista offuscata, arrossamento e palpebre gonfie.

La paziente è stata curata in ospedale con antibiotici topici, steroidi e creme lubrificanti (questa volta quelle giuste) che hanno guarito la lesione oculare in pochi giorni. 

Usa crema per l'erezione al posto del collirio: l'equivoco

Ma com’è stata possibile una simile svista? Stando a quanto scrive il BMJ (ma la notizia è stata riportata da diversi media inglesi e in Italia dal Corriere), l’equivoco è stato generato dal fatto che i due farmaci hanno nomi molti simili. La donna si è presentata in farmacia con una ricetta scritta a mano per comprare una crema lubrificante a base di paraffina liquida, per il trattamento di gravi secchezze oculari ed erosioni corneali: il VitA-POS. Il farmacista però le ha venduto il Vitaros, una crema a base di alprostadil, un vasodilatatore usato per curare i deficit di erezione.

Non è chiaro se l'errore sia stato del medico curante o del farmacista, ma è comunque  "inusuale" scrive il British Medical Journal, che né il medico, né il farmacista e tantomeno la paziente si siano accorti dell’errore. Ad ogni modo, spiegano gli autori dell’articolo, "gli errori di prescrizione sono comuni e con i farmaci che hanno nomi simili il rischio aumenta". È dunque consigliabile, si legge ancora nel rapporto, per i medici scrivere le ricette in stampatello per evitare errori di interpretazione che potrebbero essere all’origine di gravi conseguenze per la salute. 

Il ministero avverte i medici: "Usate lo stampatello e niente sigle"

Quello che è successo alla donna di Glasgow comunque non è una rarità. Secondo uno studio statunitense il 4,7% degli errori medici sono infatti riconducibili all'uso di abbreviazioni difficili da capire. Proprio per questo anche da noi, in Italia, il ministero ha deciso di correre ai ripari. Lo scorso dicembre la Direzione generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute ha infatti inviato una raccomandazione a tutte le regioni affinchè intervengano presso tutti i medici. L'ordine è perentorio: "Dovete scrivere meglio". 

"Gli errori conseguenti all'uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli possono interessare tutte le fasi di gestione del farmaco in ospedale e sul territorio - si legge nel documento - Una brutta grafia, ad esempio, può rendere difficile la comprensione di una prescrizione e causare errori nella dispensazione di una terapia farmacologica".

Sotto accusa quindi l'uso di sigle, abbreviazioni, numero e l'utilizzo del corsivo, tanto che ora si dice ai medici che "in caso di scrittura in a mano è necessario usare lo stampatello", scrivere per intero il nome dei principi attivi, usare i numeri arabi anziché quelli romani facendo attenzione a "non mettere lo zero dopo la virgola per le dosi espresse da numeri interi", non esagerare con abbreviazioni, acronimi e altri simboli (o in caso attenersi a un elenco ufficiale e valido per tutti). 

Per approfondire: l'articolo sul British Medical Journal e sulla BBC.

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