Si è spento all'età di 74 anni una delle voci più conosciute dell'America latina, lo scrittore Eduardo Gaelano. Era stato ricoverato in un ospedale di Montevideo (la sua città) qualche giorno fa e da molto tempo combatteva contro un tumore ai polmoni. Dal 1971 grazie al suo saggio "Le vene aperte dell'America Latina" era diventato il narratore che raccontava un intero continente, la sua storia e le sue innumerevoli contraddizioni. 

Le sue opere da quel 1971 sono state tradotte in più di venti lingue e i suoi saggi e racconti hanno fatto conoscere al mondo che cosa significa vivere in questo continente, che si è visto radere al suolo secoli di tradizione e cultura con la colonizzazione del mille e 500 ma che nonostante tutto è riuscito a mantenere un legame forte con quelle civiltà precolombiane, distrutte durante le scoperte georafiche. 

Sempre Galeano ha cercato di rispondere e sciogliere le contraddizioni che il suo continente vive da quando Colombo (o Colon) arrivò sulle sue spiagge nel 1492. Come è possibile che una regione ricca di risorse umane e materiali sia condannata da secoli a umiliazioni e povertà? Non si può comprendere la storia di questo continente senza leggere la sua opera, dalla saggistica ai suoi racconti. 

Prima di diventare un intellettuale rinomato e riconosciuto Galeano ha lavorato come operaio, illustratore, pittore e come dipendente in diversi uffici, addirittura in alcune banche. A 31 anni, quando "Le vene aperte dell'America Latina" fu pubblicato e conosciuto in tutto il mondo, lui era non ne era fiero, anzi ne risultava piuttosto imbarazzato: "Non mi pento di averlo scritto ma ho cercato di scrivere qualcosa per cui non avevo la formazione necessaria". Nel 2009 il presidente del Venezuela Hugo Chávez regalò una copia del libro al presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Nonostante i tanti anni passati, anche oggi il testo e l'intera opera di Galeano è un'effettiva voce di un continente sfruttato dagli Europei e dai cugini Nordamericani nel corso di almeno cinque secoli.