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Mercoledì, 24 Aprile 2024
L'elezione / Corea del Sud

La campagna elettorale in Corea del Sud trasformata in uno 'Squid Game'

Il Paese va alle urne per scegliere il prossimo presidente, ma tra i candidati e tra i loro sostenitori sono volate accuse e insulti a livelli mai visti prima

La Corea del Sud si appresta a scegliere il suo nuovo presidente al termine di una campagna elettorale tanto violenta da essere stata è stata paragonata a Squid game, la serie campione d’incassi su Netflix. I cittadini del Paese andranno alle urne domani, nove marzo, ed è difficile prevedere l’esito della competizione, data la sostanziale parità nei sondaggi tra i due contendenti principali. Ma ad essere già visibile nel Paese è l’estrema polarizzazione tra l’elettorato, che potrebbe richiedere una delicata opera di pacificazione nazionale indipendentemente dal responso dell’urna.

Seul al voto

Al momento ci sono stati due giorni per il voto anticipato, terminati sabato scorso. Come riporta il San Diego union tribune, in questa finestra è stata registrata un’affluenza record del 36,93%, mentre la Commissione elettorale nazionale ha dichiarato che si sono iscritti alle liste elettorali oltre 44 milioni di cittadini su una popolazione di quasi 52 milioni. Tra le novità di questa tornata elettorale ci sono l’abbassamento dell’età per il diritto di voto (da 19 a 18 anni) e la possibilità di voto telematico per chi si trova in quarantena per il Covid-19.Trattandosi della decima economia mondiale e di un attore chiave per la sicurezza regionale, sulle urne sono puntati gli occhi attenti di Stati Uniti, Cina, Giappone e naturalmente Corea del Nord. Ma l’esito non è mai parso così incerto negli ultimi vent’anni.

Gli sfidanti

A fronteggiarsi sono il Partito democratico (Dem), liberale, che esprime l’attuale presidente Moon Jae-in, e il principale partito dell’opposizione conservatrice (People power party, Ppp). Per il primo corre Lee Jae-myung, ex-governatore della provincia di Gyeonggi (intorno alla capitale Seul), mentre il secondo ha candidato Yoon Suk-yeol, ex-procuratore generale.

Stando agli ultimi sondaggi, i due contendenti viaggerebbero appaiati intorno al 38%. Un terzo sfidante, il centrista Ahn Cheol-soo, era dato al 10% scarso, ma ora ha lasciato la corsa e invitato a votare Yoon, se i suoi sostenitori lo ascolteranno le cose cambieranno non di poco. Tra i due front runner Lee, che si è speso in favore del reddito minimo universale, ha attirato l’attenzione quando da governatore ha gestito col pugno duro le fasi più impegnative della pandemia. Yoon è nuovo in politica ma è un volto molto noto nel Paese, visto il ruolo centrale ricoperto nelle indagini che travolsero la presidente Park Geun-hye nel 2017 per scandali sulla corruzione.

I temi della campagna

Proprio sulla corruzione si è combattuta la battaglia elettorale, in un Paese i cui vertici sono periodicamente investiti da scandali legati tanto ai collaboratori politici quanto ai familiari. Gli ultimi tre presidenti sudcoreani sono stati tutti coinvolti in questioni giudiziarie per corruzione (uno di loro, Roh Moo-hyun, si è suicidato nel 2009 a indagini in corso).

Né da scandali sono stati risparmiati i candidati attuali. Lee ha fatto ammenda per il gioco d’azzardo del figlio ed è stato accusato di avere assunto come assistente della moglie un dipendente pubblico che si sarebbe macchiato di appropriazione indebita di fondi statali. Yoon, invece, si è scusato per il curriculum “truccato” usato in passato dalla moglie e ha negato che uno sciamano vicino alla sua famiglia abbia avuto un’influenza illegittima sulla campagna presidenziale.

C’è poi la questione della pandemia, in un momento in cui la variante Omicron ha fatto registrare i peggiori dati in due anni proprio nello Stato con il più alto tasso di vaccinati al mondo. Tra gli effetti collaterali, il Covid-19 ha inasprito le diseguaglianze sociali e aumentato il tasso di disoccupazione.

Pesa infine il deterioramento dei rapporti con la Corea del Nord dopo i recenti lanci missilistici e le minacce di Kim Jong-un di riprendere i test di missili balistici a lungo raggio e armi nucleari. Yoon vorrebbe rinsaldare l’alleanza con Washington, mentre Lee punta ad una distensione con Pyongyang e a fare entrare Seul nella top-5 delle economie mondiali, passando attraverso un approccio diplomatico più “pragmatico” sia con gli Stati Uniti che con la Cina (primo partner commerciale del Paese).

Volo di stracci

Ma a caratterizzare questa campagna è stato il livello inaudito di “retorica tossica, fango e cause legali” tra i due schieramenti. Yoon ha attaccato Lee per il suo presunto coinvolgimento in uno scandalo sullo sviluppo di un possedimento terriero. Lee ha rispedito al mittente le accuse, accusandolo a sua volta e criticandolo anche per i suoi legami opachi con lo sciamanesimo. La diffusione di informazioni false e le cause per diffamazione si sono così moltiplicate. Tanto da far parlare di “elezioni Squid game”, in omaggio all’omonima serie sudcoreana in cui i partecipanti ad un macabro gioco ad eliminazione rischiano la vita sostenendo diverse prove.

In palio in queste elezioni non dovrebbe esserci la sopravvivenza fisica dei contendenti, ma potrebbe esserci la loro libertà. Durante un recente dibattito televisivo, gli sfidanti hanno concordato di non avviare indagini politicamente motivate contro l’altra parte in caso di vittoria. Ma Yoon ha successivamente sostenuto che se verrà eletto indagherà sulle malefatte del governo Moon e sullo scandalo terriero imputato a Lee. Questi aveva d’altra parte difeso le indagini di Moon sui precedenti esecutivi conservatori come necessarie per sradicare “mali e ingiustizie profondamente radicate”. Il tutto ha alimentato le speculazioni sul fatto che chi dovesse perdere nelle urne potrebbe finire dietro le sbarre.

Ma gli stracci sono volati anche tra le basi: i conservatori del Ppp hanno paragonato Lee a Hitler e Mussolini e apostrofato i sostenitori Dem come “parassiti”, i quali dal canto loro hanno dato della “bestia” e del “dittatore” a Yoon, denigrando pubblicamente la chirurgia estetica di sua moglie.

Una nazione divisa

Secondo Choi Jin, direttore dell’Istituto di leadership presidenziale di Seul, le campagne elettorali quest’anno “sono state più travolte da campagne negative di qualsiasi altra elezione precedente, e l’odio reciproco non si spegnerà facilmente dopo le elezioni”. Il rischio, sostengono gli osservatori, è di esasperare le divisioni nel Paese rendendole difficilmente ricomponibili.

La popolarità di Yoon è maggiore tra le fasce d’elettorato più anziane e soprattutto nella regione sud-orientale di Gyeongsang, da dove provenivano i leader conservatori e autoritari del passato. I suoi sostenitori vogliono il rafforzamento dell’alleanza militare con gli Stati Uniti e una linea più dura sulla Corea del Nord, e sono grati agli storici governanti autoritari per aver dato un impulso all’economia nazionale dopo la guerra di Corea.

D’altro canto, Lee gode di un maggiore sostegno tra i giovani, in particolare nella provincia di Jeolla nel sud-ovest. I suoi elettori chiedono una posizione paritaria con Washington e un riavvicinamento con Pyongyang, mentre sono estremamente critici nei confronti dei vecchi governanti autoritari, soprattutto sul rispetto dei diritti umani.

Tuttavia, recenti sondaggi hanno mostrato a sorpresa che Yoon ha un’approvazione mediamente più alta di Lee tra l’elettorato più giovane (18-29 anni). Si tratta di una coorte nata dopo il boom economico di Seul tra gli anni Ottanta e Novanta: “Non hanno sperimentato la povertà e le dittature”, ha detto Park Sung-min della società di consulenza politica Min consulting, “sono molto critici verso la Cina e la Corea del Nord e hanno sentimenti piuttosto amichevoli verso gli Stati Uniti ed il Giappone”.

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