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Giovedì, 18 Aprile 2024
La visita / Libia

Gas in cambio dei migranti: la missione di Meloni in Libia

L'Eni sigla un accordo da 8 miliardi con Tripoli per lo sfruttamento di due giacimenti. Tajani dona 5 motovedette alla guardia costiera locale

Più gas e meno migranti dalla Libia. Si può riassumere così l'esito della missione della premier Giorgia Meloni a Tripoli, accompagnata, come successo già in Algeria, dall'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, oltre che dai ministri Tajani e Piantedosi. Se il primo ha siglato un accordo per aumentare la presenza del cane a sei zampe nello sfruttamento dei giacimenti libici e portare più gas in Italia, il secondo ha rinnovato l'impegno del Paese a sostegno della guardia costiera di Tripoli, donando 5 motovedette che dovrebbero servire a contrastare le partenze dei clandestini

Un accordo "storico"

A margine del suo viaggio, nel corso del quale ha incontrato il leader del governo unità nazionale libico, Abdul Hamid Al-Dbeibah, la premier ha definito "storico" l'accordo raggiunto sul gas. Eni e la compagnia energetica libica Noc hanno sottoscritto un'intesa che dovrebbe portare a un investimento da 8 miliardi di dollari per lo sfruttamento di due giacimenti al largo della Libia, le "Strutture A&E". La produzione di gas dovrebbe iniziare nel 2026 per raggiungere i 750 milioni di piedi cubi di gas standard al giorno. "L'accordo di oggi consentirà di effettuare importanti investimenti nel settore dell'energia in Libia, contribuendo allo sviluppo e alla creazione di lavoro nel Paese, e rafforzando la posizione di Eni come primo operatore in Libia", ha sottolineato Descalzi. Si tratta, ha aggiunto, "di progetti che sono quasi tutti molto maturi, sono riserve che sono già state scoperte e possono essere messe in produzione velocemente, sviluppando velocemente gas addizionale. Sono quasi tutti progetti a gas quindi si può dire che rientrano in una dinamica interessante sia per l'energia libica ma anche per la sicurezza energetica dell'Europa". 

L'Eni copre attualmente l'80% della produzione nazionale libica di gas. Ma la sua leadership potrebbe essere messa in discussione dai rapporti sempre più stretti tra la Turchia di Recep Erdogan e il governo di Tripoli. Ankara ha ottenuto di recente la possibilità di procedere all'esplorazione di giacimenti nelle acque territoriali libiche nel Mediterraneo: l'accordo è stato per ora sospeso da un tribunale, ma il peso di Erdogan a Tripoli resta forte. 

Da almeno dieci mesi la Libia è spaccata tra due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il governo di unità nazionale riconosciuto dalle Comunità internazionale e appoggiato dall'Italia. Dall’altra il governo di stabilità nazionale guidato dal premier designato Fathi Bashagha, di fatto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica, inizialmente appoggiato da Egitto e Russia. In mezzo, c'è il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte di Bengasi e comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, che sembra aver abbandonato il governo di Tobruk per sostenere quello di Tripoli. La pacificazione del Paese (e anche lo sblocco degli affari) passa dalle elezioni nazionali. Meloni lo sa bene, e per questo ha assicurato tutto il sostegno dell'Italia affinché l'appuntamento elettorale si svolga il prima possibile, meglio se entro il 2023. 

La questione migranti

Dalla pacificazione nazionale dipende anche un altro tema caro al nostro Paese: i migranti. La Libia è il principale punto di partenza dei barconi che arrivano in Italia. Un flusso che continua a crescere, nonostante gli accordi di cooperazione sottoscritti da tempo da Roma, e aspramente criticati dalle organizzazioni umanitarie. La Commissione europea, che partecipa alla fornitura di mezzi e all'addestramento della guardia costiera libica, ha di recente messo un dubbio l'efficacia di tali accordi rispetto al fine ultimo, ossia il contrasto ai trafficanti: "Negli ultimi anni è mancato l'interesse dell'organizzazione in merito", ha detto un portavoce di Bruxelled venerdì, alla vigilia del viaggio di Meloni.

Ma l'Italia crede che la politica inaugurata dall'ex ministro Marco Minniti nel 2017 possa essere ancora utile per ridurre le partenze. Tajani ha firmato un nuovo "memorandum d'intesa tra il governo italiano e quello libico per la consegna di cinque vedette finanziate dall'Ue", ha annunciato il ministro degli Esteri. "I numeri dell'immigrazione irregolare verso l'Italia dalla Libia sono ancora alti nonostante gli sforzi - ha ammesso Meloni - Oltre il 50% delle persone che vengono dalla Libia sono irregolari e crediamo si debbano intensificare gli sforzi sul contrasto all'immigrazione irregolare e la tratta di esseri umani. Siamo determinati a dare il nostro impegno costante alla Libia sulla gestione dei flussi migratori. Crediamo si debba fare di più noi siamo pronti a fare la nostra parte", ha concluso.

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