rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
GAZA

A Gaza l'emergenza non è mai passata: "Un secolo per ricostruire tutto"

Sono un milione e 800mila i palestinesi rimasti a Gaza, dopo sei mesi dal cessate il fuoco dell'operazione "Margine protettivo". Donne, uomini e bambini: la vita drammatica dopo i bombardamenti

Dopo l'operazione "Margine protettivo" a Gaza l'emergenza non è mai passata e l'occupazione non si è mai fermata. Sono passati sei mesi dai bombardamenti e ancora si aspettano gli aiuti internazionali, pari a 5,8 miliardi di dollari per la riscostruzione: di questi sono stati versati solo il 2%.  

E' stato calcolato che per ricostruire tutto quello che in questi anni è stato distrutto servirebbero 100 anni. A spiegarlo è l'Oxfam (Oxford Commitee for Famine Relief), una confederazione di 17 organizzazioni non governative che lavorano con 3mila partner in più di 100 paesi, per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all'ingiustizia.

LA POPOLAZIONE - Sono 1,8 milioni gli abitanti rimasti nella Striscia e per mettere fine alla loro agonia sarebbe necessario che venisse posta fine al blocco israeliano. Solo così sarebbe possibile ricostruire case, scuole e ospedali, servizi al momento estremamente precari per la popolazione. Sempre nella Striscia sono circa 110mila le persone senza casa (di cui la metà bambini) che vivono in rifugi e sistemazioni temporanee, mentre decine di migliaia di famiglie vivono in abitazioni gravemente danneggiate dai bombardamenti della scorsa estate. Qui è venuto a far visita l'artista Banksy, che come spiega uno degli anziani della zona, "ha donato ai bambini qualcosa con cui giocare: i suoi disegni"

Per le strade di Gaza è arrivato meno dello 0,25% del materiale da costruzione essenziale e praticamente la ricostruzione non è mai partita. Sarebbero necessari, secondo le associazioni umanitarie, oltre 800mila carichi di camion di materiale da costruzione per rimettere in piedi tutte le infrastrutture distrutte durante i ripetuti conflitti e gli anni di blocco: "Solo con la fine del blocco di Gaza sarà possibile permettere alla popolazione di ricostruire la propria vita - spiega Umiliana Grifoni, responsabile Ufficio Mediterraneo e Medioriente di Oxfam Italia - Le famiglie vivono da sei mesi in case senza soffitti, pareti o finestre. Molte abitazioni hanno solo sei ore di elettricità al giorno e non hanno acqua corrente. Ogni giorno che passa senza che abbia inizio la ricostruzione, aumentano i rischi per la vita stessa delle persone. E' inaccettabile che la comunità internazionale abbandoni la popolazione di Gaza nel momento di maggior bisogno".

UN'ECONOMIA DISTRUTTA - A causa del blocco sulla Striscia, lo scorso anno le esportazioni di prodotti agricoli sono crollate al 2,7% rispetto al livello registrato prima dell'imposizione delle restrizioni. Pesca e agricoltura - settori vitali per l'economia di Gaza - sono in ginocchio a causa del divieto di pesca fino a oltre sei miglia nautiche dalla costa e di quello di accesso ai terreni più fertili. Nell'impedire la circolazione delle merci, si è limitata quella delle persone, con il risultato che Gaza continua a essere separata dalla Cisgiordania e la maggior parte delle persone non può lasciare la Striscia. Anche il confine con l'Egitto è rimasto chiuso per gran parte degli ultimi due mesi, impedendo a migliaia di persone di viaggiare.

L'alluvione a Gaza | Foto Infophoto

L'ALLUVIONE - L'Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi in Medio Oriente) ha dichiarato lo stato di emergenza nella Striscia di Gaza a causa delle forti piogge che stanno provocando grossi danni. Una delle città più colpite dalle alluvioni è Gaza: l'agenzia sta lavorando per fornire i servizi essenziali – acqua e funzionamento degli ospedali, fra gli altri – a diverse città dell’area e sono state evacuate oltre 80 famiglie. Vista la mancata ricostruzione la situazione è ancora più disastrosa. Secondo l'agenzia stampa Nena news il peggioramento della situazione di emergenza dovuta all'alluvione è imputabile a Israele: 

Hanno aperto una serie di dighe lungo il confine tra Israele e Gaza inondando la Valle di Gaza (Wadi Gaza) d’acqua. La Valle di Gaza si trova al centro della Striscia, tra il campo profughi di Nuseirat e al-Moghraqa. Due sono i fiumi che giungono nella valle, uno da Hebron e uno da Beer Sheva (in arabo Bir al-Sa’ba)

Inoltre la protezione civile ha avvertito del pericolo di una nuova apertura delle dighe da parte israeliana, se le piogge dovessero continuare: ne conseguirebbero altri danni, con l’acqua che ad alta velocità sta già attraversando la Striscia verso il mar Mediterraneo. In tutto questo manca l'elettricità a causa dell'embargo che impedisce alle pompe delle fogne di portare via l'acqua dalla strade. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

A Gaza l'emergenza non è mai passata: "Un secolo per ricostruire tutto"

Today è in caricamento