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Venerdì, 29 Marzo 2024

Fernando D'Aniello

Collaboratore

Cosa cambia dopo le dimissioni della ministra della difesa tedesca

Christine Lambrecht, ministra della difesa tedesca, si è dimessa. La notizia era nell’aria da giorni, l’annuncio arriva nella mattinata di lunedì, martedì dovrebbe essere reso noto il nome di chi prenderà il suo posto. Secondo gli accordi di coalizione il ministero spetta alla SPD. È un brutto colpo per il cancelliere Scholz che ha difeso fino all’ultimo la “sua” ministra e non solo perché, in Germania, il ministero della difesa è un incarico costituzionalmente di primissimo piano e molto delicato. Ma soprattutto perché dal 24 febbraio scorso, dalla Zeitenwende segnata dalla guerra di aggressione russa all’Ucraina, Scholz aveva promesso un cambio di passo proprio sulla difesa. Ha investito cento miliardi di euro. Ha confermato l’invio di armi in Ucraina. A breve – il 20 gennaio c’è una importante riunione degli alleati nella base di Ramstein – anche Germania, Francia e Stati Uniti potrebbero inviare carri da combattimento, nel caso tedesco i Leopard.

Tuttavia, la ministra è stata sin dall’inizio al centro di polemiche. Ed è per questa ragione che Scholz l’ha sempre difesa: il cancelliere sapeva che Lambrecht era solo un pretesto, il punto è la guida socialdemocratica del governo.

Certo la ministra ci ha messo del suo. Si dice che non abbia mai legato con i vertici militari. Ha poi inanellato una serie di gaffes: dai viaggi in aereo di Stato sui quali qualche volta è stato notato il figlio, ai problemi dei carri armati Puma che dovevano essere un fiore all’occhiello e invece vai a trovare quelli ancora funzionanti. Fino a un breve video di Capodanno, registrato a Berlino nel corso dei festeggiamenti, con fuochi d’artificio ed esplosioni di botti che rendevano quasi impossibile ascoltare le parole della ministra. Qualcuno ha persino sottolineato quanto inopportuna fosse la scelta di Lambrecht: a Kyïv ci sono ben altre esplosioni, la ministra della difesa tedesca dovrebbe evitare certe cadute di stile.

Tanta roba? Francamente non credo. Al contrario penso che gran parte delle critiche siano del tutto strumentali.

Lambrecht è sotto tiro dall’inizio di questa guerra (lo ha detto lei stessa oggi: attacchi "concentrati sulla mia persona") e tormentata da problemi che non ha creato lei. La CDU ha controllato il ministero dal 2005. Per ben sei anni ministra della difesa è stata Ursula von der Layen e dal 2019 il posto è stato occupato da Annegret Kramp-Karrenbauer, per un po’ persino presidente del partito e “delfina” di Angela Merkel. Insomma, se ci sono problemi di equipaggiamento o di altra natura alla Bundeswehr, non si può certo dire che responsabile possa essere chi ha preso la guida dal dicembre 2021. E Lambrecht può essere accusata di tutto, non di non aver provato a concretizzare la “svolta” di Scholz. Tuttavia, per un anno intero è stata costantemente bersagliata da critiche. E adesso si dice “non sa governare”, regierungsunfähig, una parola che significa tutto e niente. Ma si sa, le critiche pesano e dopo poco più di un anno Lambrecht ha gettato la spugna.

Il discorso sull'Ucraina in mezzo ai fuochi d'artificio 

Si ha l’impressione, però, che con le critiche si parli a nuora perché suocera intenda: colpendo una sua fedelissima, si punta anche il cancelliere federale. Alle prese con una situazione difficile e con il suo partito che potrebbe persino perdere la guida della Capitale, chiamata a nuove elezioni il 12 febbraio, i sondaggi danno per ora in testa proprio la CDU.

Al centro delle critiche resta sempre la strategia di Scholz sulla guerra, accusata di essere troppo attendista. Perché se il cancelliere promette di sostenere l’Ucraina, si chiedono armi migliori. Se a Berlino compilano una lista precisa e procedono con gli invii, si chiedono i carri. Se si inviano i carri Marder, si chiedono i Leopard. Se Scholz promette e trova cento miliardi, è già pronto il grafico che spiega che con con quella si fa poco e niente. E che occorrre ben altro. Se Scholz afferma che non serve una corsa agli armamenti, che è necessario coordinare le forze a livello europeo, sta provando a tirarsi indietro. Con la solita chiosa finale: la Germania dovrebbe “guidare”, altro che aspettare gli alleati. I carri vanno inviati subito, gli alleati seguiranno. Chi avanza simili proposte finge di dimenticare quello che successe a Bruxelles quando la Germania, peraltro come molti altri Stati, stava mettendo a punto un piano per far fronte ai rincari energetici. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi.

Certo, anche Scholz e i suoi socialdemocratici sono stati attendisti e forse speravano che Putin, prima o poi, cedesse. Che bastasse una certa statura morale e l’invio di armi per far crollare i russi. Dallo scorso ottobre però circola nelle cancellerie occidentali uno scenario da brividi. E che prevede una nuova avanzata dei russi. Certo, non simile a quella di febbraio-marzo scorsi. Ma la pace sembra ancora lontanissima e i rischi di una guerra lunga e che si estenda ci sono tutti. Se fino ad oggi Scholz è riuscito a tenere unito il governo, nonostante le proteste di Verdi e Liberali che chiedono un atteggiamento più deciso, non è detto che questo basti per il futuro. Nuovi armi all’Ucraina potrebbero essere utili per evitare un crollo del fronte e, soprattutto, per far capire alla Russia che, un anno dopo, l’Europa non cambierà politica e che continuerà a sostenere l’Ucraina.

Scholz non verrà mano alla linea di sostegno incondizionato ma anche di prudenza e, c’è da scommetterci, non lo farà nemmeno chi prenderà il posto di Lambrecht. Ma se non dovesse bastare, il prossimo a dover fare i bagagli potrebbe essere il cancelliere federale. Ma, francamente, sulle reali possibilità di una politica radicalmente diversa sulla guerra in Ucraina è bene non fantasticare troppo. E non c’è nemmeno da augurarselo. 

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