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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'intervista

Putin come Stalin: "Così vuole riscrivere l'ordine europeo"

Come evolverà il conflitto in Ucraina. Intervista a Marco di Liddo, senior analyst Africa, Russia, Balcani del Centro Studi Internazionali (CeSI)

I russi continuano l’avanzata per conquistare l’Ucraina mentre salgono a 2 milioni i profughi in fuga dalle bombe. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky apre al riconoscimento di Crimea e Donbass ma con "garanzie di sicurezza" per chi vivrà in quei territori. “Possiamo discutere e trovare un compromesso su come questi territori continueranno a vivere. Sono pronto a un dialogo, non alla capitolazione", ha dichiarato il leader ucriano sottolineando che "la cosa importante è che Putin cominci a dialogare". Zelensky avrebbe confermato la sua volontà di far parte dell'Europa mentre sembrerebbe aver raffreddato la sua posizione sull'’ingresso nella Nato. Oggi siamo al 13esimo giorno di guerra, cosa accadrà dopo? Lo abbiamo chiesto in un’intervista all’esperto Marco di Liddo, senior analyst Africa, Russia, Balcani del Centro Studi Internazionali (CeSI).Oggi siamo al 13esimo giorno di guerra, cosa accadrà dopo? Lo abbiamo chiesto in un’intervista all’esperto Marco di Liddo, senior analyst Africa, Russia, Balcani del Centro Studi Internazionali (CeSI).

Guerra Russia - Ucraina: ultime notizie in diretta

L’esercito russo si prepara a prendere Kiev ed Odessa, due città chiave dell’Ucraina. Cosa succederà dopo?

“Si continuerà a combattere, perché la presa di queste due città per quanto possa essere determinante a livello di obiettivi sul terreno, non metterà ancora la parola fine alla guerra. Tante altre parti del territorio ucraino saranno ancora libere dall’occupazione russa e quindi presumibilmente continueranno a combattere. Poi conquistare una città, entrare con le truppe e mettere la bandiera sul municipio, non vuol dire necessariamente pacificare quella città. Bisognerà vedere come risponderà la popolazione locale: potrebbe iniziare una campagna di ribellione, di guerriglia urbana. Prendere tanto Kiev quanto Odessa potrebbe essere sicuramente un grande risultato per i russi, ma non è detto che sia quello decisivo”.   

Siamo al terzo round di trattative, ma Putin sembra non voler cedere su nulla. Quali sono i suoi veri piani?

“I suoi veri piani ce li ha fatti sapere: lui vuole ridiscutere gli equilibri politico-militari e securitari dell’Europa, riscrivendo sostanzialmente una nuova struttura di potere, una nuova rete di rapporti. Vuole fare quello che Stalin fece nel 1945, in cui a cavallo delle tre grandi conferenze di Yalta, Dresda e Teheran, fu definito l’ordine mondiale dopo la seconda guerra mondiale. Lui adesso vuole riscrivere un ordine europeo e mondiale dopo che nel 1991 era finita la guerra fredda e la Russia non era stata 'invitata', non aveva partecipato in maniera attiva alla definizione del nuovo ordine”.

Come sarà ridisegnata la cartina geografica?

“Putin vuole tutta una serie di territori che lui ritiene che debbano far parte della sfera di influenza russa, quindi al di là della manipolazione politica della storia, l'obiettivo strategico è quello di estendere l’influenza della Russia, quindi il controllo della Russia su alcuni paesi ritenuti di importanza vitale. Questi paesi sono l’Ucraina, per il momento, e magari un domani pure la Georgia. Come si fa ad ottenere questo obiettivo? Si impedisce al popolo georgiano e ucraino di esprimere in maniera democratica il proprio pensiero, e l’unico modo di farlo è quello di mettere un governo fantoccio o di invadere il paese. Oggi è l’Ucraina, domani potrebbe essere la Moldavia e domani chissà quale altro paese”.  

Il ruolo della Cina è determinante in questo conflitto. Quali i possibili scenari?

“La Cina sta osservando la crisi in Ucraina con grande interesse, per vedere come reagisce il mondo occidentale, a partire dagli Stati Uniti, ad un’azione di forza di un paese rispetto ad un altro paese più piccolo. Per la Cina, la crisi Russia-Ucraina è una sorta di esperimento, di laboratorio, su un’ipotetica crisi che un domani potrebbe riguardare Taiwan. Osserva con attenzione. Detto questo la Cina è innanzitutto contraria, o meglio tutto l’impatto economico a livello globale che la guerra sta avendo danneggia la Cina. Per questo motivo uno degli interessi della Cina è fare in modo che i mercati, nel breve o nel medio periodo, si stabilizzino perché altrimenti Pechino perde denaro. Naturalmente oltre a questo c’è un interesse più politico-simbolico, che è quello di porsi attore in grado di far cessare le ostilità, quindi di influenzare la Russia, e quindi dal punto di vista simbolico, quello di andare a risolvere una crisi di portata globale, in un quadrante geografico molto lontano dai propri confini. Questa mossa sancirebbe il ruolo di Pechino a paese di rilevanza mondiale, sarebbe un po’ l’inizio del nuovo ordine politico globale, il cosiddetto secolo cinese. Alla Cina manca ancora un episodio di questa importanza per consacrare la crescita politica ed economica che ha avuto negli ultimi venti anni”.

Quali saranno gli impatti di questa guerra sull’Italia nel breve e lungo periodo?

“Ci sono sostanzialmente tre categorie di impatti. Il primo potrebbe riguardare l’approvvigionamento energetico nel momento in cui i paesi occidentali decidessero di alzare ancora il livello delle sanzioni o la Russia decidesse di stringere un po’ i rubinetti come forma di ritorsione. Questo è il primo. Il secondo possibile impatto lo potremmo vedere nelle prossime ore in seguito alla decisione russa di far pagare alle proprie aziende i debiti che hanno per esempio nei confronti dei partner occidentali, non in valuta pesante, non in dollari o in euro, ma in rubli. Voi sapete che il rublo ha perso il 45% del suo valore, quindi si danno meno soldi agli occidentali e questo già potrebbe essere il secondo impatto. Il terzo impatto potrebbe essere quello nel mercato alimentare. Russia e Ucraina insieme sono tra i maggiori produttori di grano e di mais, che sono due elementi importantissimi per la nostra alimentazione e per l’indotto industriale-agroalimentare. Qualora le forniture di grano e di mais dovessero diminuire, il prezzo di questi cereali schizzerebbe alle stelle e poi ci sarebbero impatti diretti sul pane e su tutta la filiera agroalimentare che utilizza anche i derivati del mais, ad esempio gli addensanti e tutti quei sottoprodotti che servono alla conservazione dei cibi. Ultimo punto, l’impatto sulle forniture di semilavorati o materie prime che possono servire a diversi comparti industriali: l’alluminio, i fertilizzanti - la Russia è uno dei maggiori produttori ed esportatori al mondo - . Un’interruzione di questo flusso potrebbe avere un impatto su settori chiave come quello agroalimentare, industriale e sull’industria chimica in generale. Questi prodotti potrebbero non arrivare più oppure avere dei prezzi altissimi”.

Gli impatti saranno pesanti?

“Possono esserlo, soprattutto nel momento in cui i governi europei non mettono in campo delle misure e delle strategie di diversificazione per diminuirli. Non è troppo tardi, non è mai troppo tardi, bisogna vedere come ci si muove. Le carenze ci saranno per tutti e non solo per i paesi europei, per tutti quelli che commerciano con Russia e Ucraina. L’importante è muoversi celermente, non possiamo stare ad aspettare che la guerra finisca”.

Le sanzioni alla Russia sono tra le più dure mai viste prima. Cos’altro si può fare?

“Oltre quello che è stato già fatto, i livelli di intervento sanzionatorio sarebbero veramente pesanti. Si passerebbe all’embargo su tutta una serie di beni, anche se quello più duro potenzialmente per colpire la Russia è bloccare il flusso finanziario legato alla vendita di idrocarburi. Il problema è che se noi smettiamo di comprare il gas o il petrolio dalla Russia dobbiamo comprarlo da altri. Quindi bisogna diversificare nel breve periodo. L’impatto sarebbe enorme per loro ma da noi ci sarebbe una crisi energetica, come negli anni ’70. Proprio per questo non è stato ancora sanzionato quel settore lì e non è stato mai sanzionato, neanche nel 2014. Si vuole evitare l’effetto boomerang sulle nostre imprese. Il prezzo della benzina è già su livelli altissimi, provi a pensare ad un prezzo ancora più alto nel breve periodo con una sanzione di quel tipo”.

Quanto durerà questa guerra?

“Le variabili sono tantissime. Chi chiede una previsione chiede qualcosa più per un indovino che per un analista. Da quello che si è osservato fino ad adesso, i russi hanno una sostenibilità logistica di due settimane, cioè in due settimane l’impianto russo teoricamente non dovrebbe essere più in grado di sostenere lo sforzo bellico. Però questo è su quello che abbiamo osservato fino ad adesso: contestualmente posso dire che i russi stanno cercando di imparare dagli errori che hanno fatto fino ad adesso e adattarsi al contesto operativo. Quindi magari queste due settimane potrebbero aumentare, oppure viceversa, se le pressioni interne e la sofferenza economica interna alla Russia si fanno più pesanti, quelle due settimane potrebbero essere confermate o addirittura essere di meno. Se gli ucraini fanno una resistenza più o meno agguerrita in una determinata zona del paese i tempi potrebbero allungarsi o accorciarsi. Le variabili sono tantissime e provare a fare l’indovino è soltanto buttare fumo negli occhi del lettore. Penso all’inizio della pandemia quando ci dicevano che dovevamo stare chiusi due settimane, poi un mese, siccome dobbiamo imparare dai nostri errori, e noi analisti abbiamo imparato dagli errori dei virologi, aspettiamo, non illudiamo nessuno”.

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