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Venerdì, 19 Aprile 2024
Mondo Ucraina

La guerra non è (soltanto) bombe e morti

Famiglie divise, case abbandonate, vite cancellate, fughe in fretta e furia: l'altro volto, quello umanitario, della guerra in Ucraina

SHEHYNI, UCRAINA - All'una di notte, un'auto con targa ucraina percorre l'autostrada A4, a un centinaio di chilometri da Milano. La macchina è sporca di terra e fango, i fari fanno poca luce, giusto quello che serve per andare avanti. O, forse, per non tornare indietro. In un attimo sembra di percorrere più di mille chilometri in retromarcia. Sembra di essere di nuovo su quelle strade polacche di confine che ora dopo ora, giorno dopo giorno, si sono trasformate quasi in un pezzo di Ucraina. Dal momento in cui la Russia di Vladimir Putin ha deciso di invadere Kiev e le altre città, le frontiere di Medyka e Korczowa sono diventate una sorta di terra promessa per gli ucraini in fuga dall'orrore. Nella loro personalissima, e tragica, diaspora donne, bimbi e anziani - perché gli uomini devono restare a combattere - si sono diretti prima verso Shehyni, al di qua del confine, e poi verso l'Europa, la libertà. 

Ma dietro quei volti segnati dai viaggi interminabili, dalle notti nei rifugi anti bombe, dalle infinite code sotto la neve ucraina, ci sono storie, famiglie, pezzi di vita che non sarà più possibile rimettere insieme. Perché la guerra non ha distrutto solo chiese e palazzi, non ha ucciso solo militari e civili, ha anche tolto quella stessa vita anche a chi respira ancora. 

L'arrivo dei rifugiati al campo profughi di Korczowa - Foto © Guarino

Frontiera Polonia Ucraina korczowa 1-2

Lo testimoniano le migliaia di macchine con targa ucraina che "corrono" sulle dissestate vie polacche, lo certificano le mamme che abbracciano i propri bimbi cercando di tenerli al caldo, al sicuro. Quelle donne hanno lasciato lì, in Ucraina, un marito, un figlio, un fratello, sapendo che forse non lo vedranno mai più. Hanno abbandonato la loro casa in fretta e furia portando via quello che potevano, prima di gettarlo in strada perché il peso è troppo eccessivo per continuare nel cammino. Hanno tenuto con sé le chiavi dei loro appartamenti, anche se in fondo sanno - perché lo sanno - che quella porta potrebbero non aprirla mai più. E sembrano esserne consapevoli anche i più piccoli, che nel loro viaggio - "spacciato" per una vacanza - hanno voluto a tutti i costi un peluche di Winnie the Pooh o un orsacchiotto di Tigro da coccolare mentre corrono nei corridoi di un centro commerciale trasformato in un campo profughi

Alle dieci di una gelida sera polacca, proprio fuori da quel mall allestito per accogliere i rifugiati, da un bus scendevano gli ucraini appena arrivati dalla frontiera di Korczowa. All'ultima fila, con la testa poggiata al vetro, un bimbo continuava a dormire anche se ormai era ora di scendere. Sembrava che anche lui, come tutti, non volesse vedere l'orrore della guerra. 

Un bimbo con la sua mamma alla stazione di Przemyśl in attesa di un treno - Foto © Guarino

Stazione Przemysl, gli ucraini in fuga dalla guerra - Foto Guarino 18-2

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