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Giovedì, 18 Aprile 2024
Guerra in Ucraina / Ucraina

Guerra russo-ucraina, che cosa succede dopo la controffensiva: le prossime date chiave

Il tempo ora è il miglior alleato di Kiev. Dopo la rotta nella regione di Kharkiv la diplomazia affidata al viaggio di Papa Francesco al confine tra Russia e Cina. Ma ad ottobre è attesa un mossa di Xi Jinping

C'è un fatto nuovo, ormai noto, nella guerra tra Russia e Ucraina: l'iniziativa non è più solo nelle mani delle truppe di Mosca e dei filorussi del Donbass, ma da ormai una settimana sono le forze armate di Kiev ad essere passati alla controffensiva e ieri nel 199esimo giorno di guerra si è registrata la svolta più significativa dallo scorso 24 febbraio. Le truppe ucraine hanno infatti oltrepassato le linee del fronte nella regione di Kharkiv, trovando ben poca resistenza da parte dei coscritti delle republiche indipendentiste di Donetsk e Lugansk mentre il grosso delle armate dell'esercito regolare e dei mercenari al soldo di Mosca veniva spostato a Sud per contrastare la sbandierata offensiva ucraina verso Kherson. Un diversivo quello escogitato dal generale Oleksandr Sirsky già protagonista della difesa di Kiev lo scorso febbraio. Il piano ha ingannato i russi che spostando venticinquemila uomini a Sud hanno lasciato l'est difeso solo da riservisti impreparati a reggere l'impatto frontale di sole quattro Brigate corazzate ma altamente mobili, bene equipaggiate e altamente motivate che sono riuscite a dilagare dietro le linee russe impossessandosi di equipaggiamenti lasciati dai militari in fuga e dei depositi di carburante. Un'avanzata rapida che ha colto di sorpresa tutti. Lo stesso leader ceceno Ramzan Kadyrov, a capo del principale bacino di combattenti inviati al fronte ucraino, ha duramente criticato la scelta dei comandanti. 

Ma ora cosa succederà? Ci sono alcune date che devono essere tenute in considerazione e alcuni punti che non vanno dimenticati. Il primo è che la guerra potrebbe ancora durare a lungo. La ritirata russa dalla regione di Kharkiv annunciata dal Cremlino punta a rafforzare le difense nel Donbass e l'offensiva di Kiev difficilmente potrà andare oltre il fronte che ora corre da Donetsk fino a Rubizhne alle porte della regione di Lugansk.

Se più che una ritirata quella cui abbiamo assistito ieri ha tutti gli aspetti di una rotta (tanto che in tanti analisti la hanno paragonata a quella italiana di Caporetto) è difficile pensare che gli ucraini decidano di attraversare i confini internazionali verso Nord fino alla città russa di Belgorod. Le truppe di Kiev ora dovranno gestire le sacche dei militari russi rimasti intrappolati tra le linee e non possono contare su ulteriori battaglioni per rafforzare l'avanzata. Nonostante ora possano minacciare Severodonetsk e Lisichansk, ovvero i due centri che le forze di Mosca avevano faticosamente conquistato a luglio dopo settimane di battaglia metro per metro. Da parte russa le forze che reggono la porzione meridionale del fronte, da Kherson a Donetsk si trovano su una scomoda sponda del Dnipro tormentati anche da una Resistenza particolarmente attiva nella regione di Melitopol. La maggior difficoltà viene dalle linee di rifornimento che passano tutte per il ponte di Kerch via Crimea.

A duecento giorni dall'inizio della guerra quello che è certo è che l'invasione russa è fallita: le truppe di Mosca in cinque giorni hanno perso territori conquistati in mesi di difficilissima offensiva. Con ogni probabilità ciò impedirà ai russi di riprendere l’iniziativa prima del prossimo novembre, quando poi sarà il generale inverno a congelare la situazione sul terreno. L’Ucraina ha seri problemi di risorse umane ed economiche, ma se non altro potrà sfruttare l’inverno per rimpinguare gli arsenali. Zelensky ha infatti guadagnato tempo, ma soprattutto fiducia tra gli alleati con un flusso di armi che si era interrotto dall'Europa e poteva contare solo sul sostegno diretto degli Stati Uniti.

Il tempo ora è il principale nemico della Russia: un 2023 contrassegnato ancora da un conflitto armato è un disastro per il Cremlino perché le sanzioni hanno fiaccato la capacità bellica russa che ora si trova a dover impiegare in battaglia pezzi da museo impossibilitata a ricostruire un arsenale moderno da mandare al fronte.

Ma guardando alle prossime settimane ci sono alcune date da cerchiare sul calendario. La prima diplomatica e passa dal Vaticano. Papa Francesco dopo aver richiamato le parti in conflitto ad evitare una escalation del conflitto che potrebbe allargarsi ben oltre i confini russo-ucraini ("guerra totale o mondiale" ha detto Francesco), ha annunciato la propria partecipazione - da martedì 13 settembre e per tre giorni - al Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali in programma ad Astana, in Kazakistan. Un luogo simbolico incastonato tra Russia e Cina. 

Il richiamo alla diplomazia non può trovare luogo più simbolico poiché è proprio la Cina il vero nodo geopolitico come richiamato da esperti internazionali. Come spiega l'analista Gianmarco Volpe le difficoltà interne di Pechino (con l'economia al palo e la strategia zero Covid che mette in crisi ripetutamente interi distretti produttivi) non permettono che l'alleato Putin perda male in Ucraina. "Xi Jinping non muoverà un dito prima del Congresso del partito, a metà ottobre, né su Taiwan né sull’Ucraina. Poi - ricorda Volpe - dovrà fare la sua mossa: dare una mano a Putin, ovvero armarlo, oppure ridurlo a più miti consigli, ovvero convincerlo ad accettare una pace la meno umiliante possibile". Solo da qui, e da nessuna altra parte, passa il percorso della pace.

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