Siria, una generazione perduta: "Qui i bimbi non dormono per paura di morire"
Almeno 72 persone, di cui 20 bambini, sono morte in un raid condotto con gas tossici. A sei anni dall'inizio della guerra in Siria, un rapporto di Save the Children indaga per la prima volta l'impatto psicologico sui piccoli coinvolti nel conflitto tra i ribelli e il regime di Damasco
Il mondo intero guarda con orrore a quanto accaduto in Siria. A Khan Sheikhun le vittime sono 72, di cui 20 bambini e 17 donne, secondo quanto riporta l'Osservatorio siriano per i Diritti Umani. Dopo sei anni di conflitto, la popolazione siriana è stremata.
Appena un mese fa, Save The Children aveva presentato il rapporto "Ferite invisibili", che ha indagato per la prima volta l'impatto psicologico sui bambini convolti nella guerra siriana. Dall'inizio del conflito nel 2012, sono ancora 5,8 milioni i bambini che vivono ancora sotto i bombardamenti. Uno su quattro rischia conseguenze devastanti sulla salute mentale. Tre milioni di bambini non hanno mai conosciuto altro che la guerra, come il piccolo Marwan: a 6 anni, vive ad Aleppo, non è capace di parlare, sa solo gridare. "Odio gli aerei, perché hanno ucciso mio padre", dice.
Molti bambini siriani di loro hanno paura di addormentarsi: temono di non risvegliarsi più. Lo stillicidio continuo dei blitz aerei li sta distruggendo. La mancanza di sonno e di riposo comporta gravissimi rischi per la salute fisica e mentale dei bambini può portare a gravi conseguenze di natura psichiatrica nonché a malattie a volte mortali. Altri smettono di parlare. Soffrono di tremendi mal di testa, hanno difficoltà a respirare e palalisi temporenee degli arti. Bambini e adolescenti si rifugiano nelle droghe e nell'alcol per combattere la paura o compiono atti di autlesionismo. In soli due mesi nella città assediata di Madaya, lo staff medico ha segnalato a Save the Children almeno 6 casi di bambini che hanno tentato il suicidio, il più giovane aveva 12 anni.
Due bambini su tre dicono di aver perso uno dei proprio cari. Molti hanno visto morire genitori, familiari, amici, o li hanno persi perché semplicemente spariti o arrestati. Una delle loro princiapli paure è quella di essere strappati ai genitori. Tanti lavorano per aiutare le famiglie che hanno perso tutto sotto le bombe. Soprattutto i maschi vengono reclutati da gruppi armati per cucinare e pulire per i soldati nei checkpoint, prima di intraprendere loro stessi la carriera militare, in aperta violazione delle legge internazionali sui diritti umani. Ma "la guerra è un business e spesso i gruppi armati sono gli unici che hanno il denaro per pagare”, spiega un ragazzino. Le bambini invece sono spesso costrette a matrimoni precoci, a volte spinte dai loro stessi genitori a sposarsi con uomini di famiglie ricche nella speranza che questo garantisca loro un'avvenire migliore. Alcune però tentato il suicidio pur di evitare i matrimoni combinati. "Sono tantissimi anche i casi di abusi sessuali e stupri su ragazze giovanissime", spiega una psicologa che opera nel sud della Siria.
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Sono bambini che non hanno più punti di riferimenti, diventati adulti troppo presto. La scuola per molti loro è un ricordo e l'impossibilità di studiare crea loro grandi problemi anche nella socializzazione. Le poche scuole rimaste in piedi sono obiettivi sensibili. La metà dei bambini intervistati dice di aver paura di andare a scuola perché non si sentono al sicuro. La maggior parte invece dice di aver perso "il senso del futuro", senza la possibilità di studiare. “Ci sono bambini come mio fratello che hanno dimenticato tutto quello che avevano imparato a scuola. Lui non sa più fare neanche due più due. Tanti non sanno riconoscere più neanche le lettere dell’alfabeto. Non vado più a scuola da due anni e ho paura del mio futuro. Gli anni passano e io non so cosa farò senza un’istruzione”, racconta Zainab, 11 anni, da un campo di sfollati interno alla Siria.
Anche prima dell’inizio della guerra, in Siria non c’erano molti psicologi infantili e solo due ospedali pubblici psichiatrici per 21 milioni di persone. Lo stigma sociale radicato nella cultura del paese nei confronti dei problemi di natura mentale, è un'altra barriera molto forte che ha impedito lo sviluppo di questo ambito di supporto medico per i bambini. Dopo sei anni di conflitto, solo il 20% della strutture sanitarie attualmente funzionanti offrono servizi di salute mentale di base e la domanda supera i posti disponibili. Gli stessi specialisti hanno ora bisogno di supporto, sopravvissuti anche loro ad eventi traumatici. La mancanza di fondi dedicati a questo tipo di attività è inoltre uno dei problemi fondamentali per consentire agli interventi di supporto psicologico ancora in essere, di non doversi interrompere.
Soffrono anche i bambini che sono stati costretti ad abbandonare il paese, trovando rifugio nei paesi vicini, Turchia, Giordania, Libano, Iraq. Sono 2,3 milioni di la maggior parte di loro ha subito traumi devastanti e sono stati testimoni di violenze estreme. La prima causa di stress è rappresentata dalle difficilissime condizioni economiche in cui si trovano le famiglie sfollate: molti adulti non riesco a fare lavori legali in conseguenza del loro status di rifugiati, che impedisce loro anche di accedere a scuole e strutture sanitarie e li fa vivere in una sorta di limbo. Uno studio condotto tra i rifugiati in Turchia, ad esempio, mostra come il 45% dei bambini sfollati in questo paese soffrano di disturbi traumatici da stress (un dato dieci volte più alto rispetto alla media mondiale) e il 44% di loro soffre di depressione. Liberi però dalla tortura dei bombardamenti, questi bambini riesco piano piano a sentirsi al sicuro, ricominciano a dormire la notte senza la paura di morire.
“La continua esposizione ad eventi traumatici e a esperienze negative ha portato la maggior parte dei bambini siriani a vivere una condizione di stress tossico, con conseguenze sul loro stato di salute mentale e fisica, che può interrompere il loro sviluppo - denuncia Valerio neri, direttore Generale di Save the Children Italia. Nonostante la condizione psicologica di questi bambini sia drammatica, sono comunque estremamente resilienti. Non sono ancora desensibilizzati alla violenza e provano ancora emozioni importanti. Non siamo al punto di non ritorno e per questo è fondamentale intervenire subito e restituire loro quella speranza di futuro di cui hanno bisogno. La comunità internazionale deve muoversi subito per mettere fine al conflitto e per supportare questi bambini anche dal punto di vista psicologico, perché è in gioco non solo il presente ma il futuro di un paese e della generazione che sarà chiamata a ricostruirlo".
Domenica 12 marzo 2017 alle ore 17.30, presso la Galleria Vittorio Emanuele a Milano (lato Silvio Pellico), si terrà l’evento pubblico “Ferite di guerra”. Le note del Maestro Giovanni Allevi e le voci degli attori Cesare Bocci e Isabella Ferrari racconteranno la quotidianità che vivono milioni di bambini siriani, ancora oggi intrappolati nelle città assediate o nel limbo dei campi profughi nei paesi limitrofi.