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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Il ricatto di Erdogan mette sotto scacco l'Europa sulla guerra in Siria

La Turchia pronta ad inviare 3,6 milioni di migranti in Europa in caso di critiche all'invasione della Siria. Allarme Isis: nelle carceri curde migliaia di miliziani jihadisti a rischio fuga. Da governo italiano ed Europa solo dichiarazioni di facciata

La Turchia manderà 3,6 milioni di rifugiati in Europa se Bruxelles definirà come ''una invasione'' l'operazione militare portata avanti da Ankara nella Siria nordorientale. Lo ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan minacciando di ''aprire le porte'' ai rifugiati attualmente ospitati nei campi profughi turchi. 

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Erdogan sotto il vessillo della lotta al terrorismo nasconde il reale obiettivo - come peraltro dichiarato davanti all'assemblea delle Nazioni Unite - ovvero la creazione di una zona cuscinetto tra il confine turco e la zona autonoma del Nordest siriano governata dalla coalizione di combattenti curdi e arabo-siriani delle Forze democratiche siriane (FDS).

''La Turchia ignorerà le critiche sull'Operazione fonte di pace"  ha proseguito Erdogan che accusa l'Arabia Saudita - principale accusatore in seno alla Lega Araba - delle atrocità compiute durante la guerra in Yemen. Inoltre riferendosi al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, Erdogan lo ha accusato della deposizione e della morte dell'ex presidente Mohammed Morsi.

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Nelle zone curde dell'Anatolia si susseguono proteste contro l'intervento turco duramente represse dalle forze dell'ordine. Nei territori del Rojava sono i miliziani curdi dei Ypg e Ypj a portare in marcia i propri martiri.

Come riferisce l'agenzia di stampa 'Anadolu' oltre 20 persone sono state arrestate in Turchia con l'accusa di "propaganda terroristica" per aver criticato l'offensiva militare lanciata dalle forze di Ankara. Tra le persone arrestate figura il direttore del sito di opposizione 'Birgun', Hakan Demir, che aveva denunciato vittime civili causate dall'offensiva. Il governo turco finora ha negato che i raid contro le postazioni curde abbiano causato vittime tra i civili. Demir è stato poi rilasciato, ma le autorità gli hanno confiscato il passaporto.

Intanto sul campo di battaglia l'esercito turco ha colpito con un raid aereo un carcere dove sono detenuti miliziani del sedicente Stato Islamico. La coalizione arabo-curda ha lanciato l'allarme sul rischio di evasione dei jihadisti. Attualmente nei territori del Rojava nel Nordest siriano vi sarebbero oltre 12 mila ex combattenti dell'Isis, tra cui 4 mila foreign fighter per lo più europei. "Sono persone pericolose, non solo per i curdi ma per tutta l'umanità e noi non li rilasceremo mai ma non so fino a quando potremo controllarli", ha dichiarato in una conferenza stampa a Montecitorio, Dalbr Jomma Issa, comandante delle Forze democratiche curdo-siriane, Fds.

"In tante città ci sono cellule dormienti che ora, nel caos, iniziano a muoversi. Non è possibile che la Turchia si occupi di tutti i prigionieri dell'Isis perché Erdogan li ha sempre appoggiati. Al Baghdadi vive ancora e dà ordini ai suoi miliziani".

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L'ex sindaco di Kobane Anwar Muslem ha rivelato che vi sarebbero anche cittadini italiani tra i jihadisti attualmente nelle prigioni nel Nord della Siria gestite dalle Unità di protezione del popolo (Ypg) curdo. "Quando la Turchia entrerà nel Rojava - spiega - non potremo più controllare i detenuti dell'Isis che attraverso la Turchia si sparpaglieranno in tutto il mondo perché sono cittadini di 52 Paesi".

Inoltre secondo quanto rende noto la Cnn, a fianco dell'esercito turco vi sono anche i miliziani dell'Esercito libero siriano (Els) che dopo aver combattuto il regime di Assad erano riparati nelle zone di de-escalation sotto protezioni turca. Avrebbero preso posizione nella città siriana di Tel Abyad e nei vicini villaggi di El Yabse e Tel Fander, dopo che l'esercito turco aveva sconfitto le postazioni dei miliziani curdi Ypg.

Guerra in Siria, le reazioni internazionali

Per il governo italiano dopo ore si è espresso il presidente del consiglio Giuseppe Conte che in una didascalica dichiarazione ha fatto appello ad un'immediata interruzione delle iniziative militari.

"Seguo con profonda preoccupazione gli ultimi sviluppi nel nordest della Siria. Facciamo appello alla Turchia perché cessi immediatamente la sua iniziativa militare unilaterale che possa mettere in pericolo la stabilità regionale e indebolire la lotta contro Daesh. Dobbiamo evitare ogni ulteriore sofferenza alla popolazione".

Sui social si susseguono le iniziative di supporto ai curdi con molteplici richieste di un'azione ben più efficace del governo italiano e dell'Europa, per ora ridotte a dichiarazioni di facciata. 

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Siria, le Nazioni Unite: "Decine di migliaia di sfollati"

L'escalation del conflitto nel nord della Siria rischia di causare ulteriori sofferenze umane e nuovi esodi in quella che è già la più grande crisi di movimento forzato di popolazioni al mondo. Secondo l'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, sarebbero già decine di migliaia i civili che si stanno spostando per fuggire ai combattimenti e cercare salvezza. La situazione di coloro che sono stati coinvolti nei combattimenti è aggravata dalle temperature più basse in tutta la regione a causa dell’avvicinarsi della stagione invernale.

"I cittadini e le infrastrutture civili non devono rappresentare un bersaglio", ha detto l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi. L'UNHCR ribadisce inoltre che qualsiasi ritorno dei rifugiati in Siria deve essere volontario, dignitoso e avvenire in sicurezza. Spetta ai rifugiati decidere se e quando desiderano tornare in Siria.

Dopo otto anni di conflitto, la Siria rappresenta la più grande crisi di rifugiati al mondo, con 5,6 milioni di siriani che vivono come rifugiati nella regione. La Turchia ne ospita più di 3,6 milioni, il che la rende il Paese che ospita più rifugiati al mondo. Inoltre, più di 6,2 milioni di persone sono sfollate all'interno della Siria secondo le stime delle Nazioni Unite.

Guerra in Siria, la testimonianza di una cooperante italiana

C'è anche una italiana sul nuovo fronte della guerra tra Turchia e Siria. Cecilia si trova a Kamishli, al confine tra Turchia e Siria, dove da 3 mesi sta collaborando a un programma di sostegno alla ricostruzione del sistema sanitario siriano. L’intervista è stata realizzata da Azzurra Meringolo della redazione esteri del Giornale radio Rai (Radio1).

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