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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Venti di guerra: "Trump sta pensando seriamente di attaccare la Corea del Nord"

La dice la Cnn. Un'eventuale azione militare avrebbe conseguenze importanti in termini di vite umane. Ma dal punto di vista di Trump, secondo il senatore Graham, sarebbe un prezzo che varrebbe la pena di pagare "in termini di stabilità e sicurezza nazionale"

L'opzione militare c'è, ed è molto più di un'ipotesi remota.  La possibilità di un'azione militare Usa contro la Corea del Nord, se questa dovesse sviluppare la capacità di colpire con missili nucleari il territorio degli Stati uniti, è reale e l'amministrazione Trump la sta concretamente considerando. E' la CNN a rilanciare le voci di un possibile attacco, dopo aver ascoltato diverse fonti che hanno accesso ai piani del governo americano, tra i quali alti esponenti della sicurezza nazionale.

I falchi nello staff di Trump

Che ci siano "falchi" nello staff di sicurezza nazionale del presidente non è una novità: secondo la loro visione una Corea del Nord divenuta piena potenza nucleare, rappresenterebbe un pericolo per la capacità di proliferazione della tecnologia missilistica. Pyongyang potrebbe vendere queste tecnologie a Paesi come l'Iran, il Pakistan, la Libia, oltre che a gruppi terroristici non statali. Inoltre, c'è la minaccia che anche altre potenze della regione, per reagire al rischio nucleare nordcoreano, percorrano la via dell'armamento atomico destabilizzando la regione. In questo senso, secondo la CNN, si guarda con preoccupazione all'alleato Giappone. Insomma, le mosse nordcoreane sono valutate da Washington come un moltiplicatore della minaccia.

"Sarà guerra al 30 per cento" 

Un'eventuale azione militare avrebbe conseguenze importanti in termini di vite umane. Ma, secondo quanto ha spiegato il senatore Lindsey Graham, dal punto di vista di Trump, sarebbe un prezzo che varrebbe la pena di pagare "in termini di stabilità e sicurezza nazionale". Graham, secondo la CNN, valuta la probabilità che Donald Trump ordini l'attacco contro la Corea del Nord al 30 per cento.

Nonostante il tentativo del presidente sudcoreano Moon Jae-in di aprire un dialogo con la Corea del Nord che prepari una soluzione pacifica alla crisi nucleare e missilistica nella Penisola, le posizioni tra Washington e Pyongyang sembrano ancora lontane. Gli Usa continuano a mantenere la loro posizioni che qualsiasi negoziato si possa aprire solo previa una "completa, verificabile e irreversibile denuclearizzazione" della Corea del Nord. Questa precondizione, che è formalmente anche adottata da Seoul, non è presa in considerazione dal leader nordcoreano Kim Jong Un, che considera lo sviluppo di una deterrenza nucleare un'assicurazione sulla vita del regime.

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Perché il rischio di escalation è reale

Non c'è stato in più di un anno di presidenza Trump alcun tentativo di avvicinamento tra lui e Kim, appaiono sulla rotta di collisione. "Io sono del tutto convinto che il presidente Trump e il suo team respingano la politica del contenimento: hanno tirato una linea rossa e non permetteranno mai alla Corea del Nord di costruire un missile nucleare che minacci di colpire l'America", ha assicurato Graham al network americano.

Vita quotidiana nella Corea di Kim Jong-Un (Ansa)

La soluzione diplomatica, comunque, rimane la scelta prioritaria dell'amministrazione, secondo quanto hanno affermato diversi funzionari, i quali ricordano pure che esistono strumenti anche sotto copertura per rallentare o fermare lo sviluppo missilsitico della Corea del Nord. Ma anche questi strumenti, pur non essendo un vero e proprio attacco militare diretto, presentano un concreto rischio di escalation. Per esempio, un eventuale blocco navale è già stato definito da Pyongyang un "atto di guerra".

Com'è noto, l'amministrazione Trump sulla vicenda della Corea del Nord è divisa su una linea tra falchi e colombe che vede il consigliere di sicurezza nazionale H.R. McMaster tra i duri e il segretario di Stato Rex Tillerson con il segretario alla Difesa James Mattis a capo dei dialoganti. McMaster è dato in uscita, ma anche il fronte delle "colombe" ha perso un pezzo da 90: il delegato del presidente per la diplomazia con la Corea del Nord Joseph Yun.

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