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Venerdì, 19 Aprile 2024
La scheda / Haiti

La maledizione perenne di Haiti: è caos totale dopo l'omicidio del presidente

Arrestati i presunti assassini del presidente haitiano, Jovenel Moise. Molti analisti temono però l'illegalità. Le bande haitiane hanno trasformato parti di Port au Prince in zone off-limits. Le "linee di successione" non sono chiare. Le elezioni sono in dubbio. La povertà dilaga: un Paese sull'orlo del baratro, non da oggi. Ad Haiti i proiettili hanno spesso posto fine a qualsiasi speranza di un futuro migliore

Caos ad Haiti dopo l'assalto di ieri. I presunti assassini del presidente haitiano, Jovenel Moise, sono stati uccisi o arrestati dalla polizia. A renderlo noto è stato il Segretario di Stato di Haiti. La polizia nazionale ha fatto sapere di aver ucciso quattro "mercenari" coinvolti nell'omicidio e di averne in custodia altri due. "Quattro mercenari sono stati uccisi, altri due sono stati fermati e sono sotto il nostro controllo - ha detto il direttore generale Léon Charles -. Tre poliziotti che erano stati presi in ostaggio sono stati liberati". Il presidente Moïse è stato assassinato da un commando armato in piena notte nella sua abitazione. E' solo l'ultima tappa della storia "maledetta" del Paese tra i più poveri del pianeta. 

L'omicidio di Jovenel Moise

Partiamo dall'attualità. Il presidente di Haiti Jovenel Moise è stato assassinato mercoledì nella sua abitazione: un gruppo di persone armate aveva preso d'assalto la sua residenza privata. Gravi le condizioni della moglie, la first lady haitiana Martine Moise. Il premier ad interim Claude Joseph ha assunto la guida del Paese e, dopo aver riunito il Consiglio superiore della polizia nazionale, ha decretato lo stato d'assedio.

Chiuso l'aeroporto internazionale di Port au Prince. In seguito alla decisione, un volo dell'American Airlines partito da Fort Lauderdale, in Florida, è stato costretto a rientrare nella città di partenza, mentre la compagnia aerea haitiana Sunrise Airlines ha annunciato che "a causa della situazione attuale ad Haiti, tutti i voli sono annullati e rinviati fino a nuovo ordine, al fine di proteggere il personale, i passeggeri e gli equipaggi".

A uccidere Moise è stato un commando di elementi stranieri, è parso chiaro sin da subito. Verso l'una nella notte tra martedì 6 e mercoledì 7 luglio, un gruppo di individui non identificati, alcuni dei quali parlavano spagnolo e inglese (le lingue ufficiali di Haiti sono il creolo e il francese) ha attaccato la residenza privata dal presidente della Repubblica e lo ha ferito mortalmente. Moise, 53 anni, era al potere dal febbraio 2017, dopo le dimissioni del suo predecessore Michel Martelly. Durante la sua presidenza, Moise ha dovuto affrontare accuse di corruzione e ondate di proteste antigovernative spesso violente.

Moise aveva spinto per il referendum costituzionale che si dovrebbe tenere a settembre e che è stato ampiamente contestato dall'opposizione e da molte organizzazioni della società civile. La Costituzione attualmente in vigore a Haiti è stata redatta nel 1987 dopo la caduta della dittatura di Duvalier e dichiara che "è formalmente vietata qualsiasi consultazione popolare volta a modificare la Costituzione mediante referendum''. Joseph ha rivolto alla popolazione un appello alla calma dopo l'uccisione del presidente, chiarendo che spetta all'esercito e alla polizia far rispettare l'ordine e condannando ''questo atto barbaro, disumano e atroce''.

Il premier ad interim ha chiesto alla popolazione di Haiti di restare ''calma'' e spiegato che ''la situazione della sicurezza nel paese è sotto il controllo della polizia nazionale e delle forze armate haitiane''. ''Sono stati compiuti i passi necessari per garantire la continuità dello Stato". Il premier Joseph avrebbe dovuto essere sostituito dal presidente Moise proprio questa settimana, dopo solo tre mesi in carica. In base alla legge haitiana, lo stato d'assedio, per un periodo di iniziale di 15 giorni, dà alle forze armate il ruolo di massimi garanti della sicurezza nel Paese e prevede la creazione di tribunali militari, oltre a prevedere una stretta sui mezzi di comunicazione.

In un accorato discorso alla nazione, Joseph ha esortato tutte le parti a unirsi nella "battaglia perché vinca la democrazia". In base all'articolo 149 della Costituzione haitiana, in caso di assenza del presidente "per dimissioni, destituzione o in caso di incapacità fisica o mentale permanente", sta al Consiglio dei ministri, sotto la presidenza del premier, esercitare il potere esecutivo fino all'elezione del nuovo capo dello Stato. La stessa Carta fissa in un periodo tra i 60 ed i 120 giorni il termine per l'elezione, salvo nel caso in cui, ed è questo, che il presidente sia all'ultimo anno del suo mandato, per cui l'Assemblea nazionale potrà riunirsi per eleggere un capo dello Stato "provvisorio".

C'è stata una diffusa condanna internazionale dell'assassinio. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che oggi dovrebbe tenere una riunione a porte chiuse sull'omicidio, ha rilasciato una dichiarazione in cui ha rivolto "un appello a tutte le parti interessate ad astenersi da qualsiasi atto di violenza".

Il profilo di Moise

Juvenel Moise aveva 53 anni. Alle spalle aveva un passato da imprenditore agricolo di successo, come esportatore di banane, ed era praticamente sconosciuto al grande pubblico quando era apparso sulla scena politica. Il suo sogno era di dare alla sua nazione un profilo di potenza agricola, sviluppando l'entroterra. Moise aveva prestato giuramento come presidente il 7 febbraio 2017: il suo unico mandato da capo dello stato lo ha trascorso sostanzialmente in isolamento, con un parlamento sospeso e governando attraverso decreti. Padre di due figli, è stato incapace di fermare la spirale negativa in cui si avvitava il paese, il più povero del continente americano, segnato da diffuse violenze.

Una volta eletto, si era impegnato a risanare il paese minato dalla corruzione. Ma presto alcuni dei suoi collaboratori si erano ritrovati sospettati di aver stornato fondi pubblici. Anno dopo anno si erano susseguite le inchieste parlamentari, le inchieste di Ong o della Corte dei conti che avevano confermato come le istituzioni di Haiti continuassero ad essere preda della corruzione. Proveniva da una famiglia modesta, padre meccanico e madre sarta e commerciante. Era nato nel Dipartimento del Nord-Est, aveva studiato scienze dell'educazione all'università Quisqueya di Haiti. La sua famiglia si era installata a Port-au-Prince nel 1974. Nel 1996 Moise aveva sposato la sua compagna di classe Martine.

Da qualche mese era impegnato in un braccio di ferro con l'opposizione perché contestava la richiesta di lasciare il suo incarico il 7 febbraio 2021. Moise riteneva di aver diritto ad un altro anno di mandato mentre i suoi oppositori consideravano concluso il periodo della sua presidenza, forti di una norma della costituzione che fa partire il conto alla rovesca dal giorno dell'elezione e non dall'insediamento. Il suo giuramento era stato rinviato perché le elezioni, celebrate nel 2015, si erano concluse tra sospetti di brogli con un ballottaggio posticipato due volte per "problemi di sicurezza".

La deriva autoritaria

Durante gli anni della sua presidenza non erano state convocate e celebrate come previsto le elezioni a livello locale e nazionale, mentre un referendum costituzionale in programma per il mese scorso era stato rinviato e programmato per settembre, assieme alle presidenziali e legislative. All'inizio di quest'anno, di fronte a nuove proteste e - stando alle sue dichiarazioni - nel timore di un tentativo di colpo di stato voluto per ucciderlo, si era mosso per proteggere la propria posizione, ordinando l'arresto di 23 persone tra cui un giudice della corte suprema e un alto funzionario di polizia. I suoi oppositori avevano accusato il suo governo di alimentare la violenza politica fornendo alle bande armi e denaro per intimidire i suoi avversari.

Anche gli Stati Uniti, la Francia e altri governi si erano detti preoccupati per la deriva autoritaria di Moïse. Il presidente governava per decreto dall'inizio del 2020, dopo aver rinviato le elezioni legislative, e stava spingendo per una riscrittura della costituzione di Haiti per consentire al presidente di candidarsi per un secondo mandato e avere un maggiore controllo sulle forze armate. Le nuove elezioni presidenziali sono previste per settembre. Non è chiaro se e come le elezioni si svolgeranno ancora visto l'attuale caos.

Il defunto presidente era stato anche collegato all'ascesa di bande criminali che ad Haiti vengono utilizzate per reprimere il dissenso e ottenere il controllo del territorio. Nel 2020, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha sanzionato tre funzionari haitiani per il coinvolgimento in un massacro in cui membri di bande hanno ucciso almeno 71 persone. Il sospetto che due alti funzionari del governo di Moïse avessero avuto un ruolo nella pianificazione del massacro non è mai stato provato. Moïse aveva sempre negato qualsiasi coinvolgimento.

Cosa succederà ad Haiti adesso

L'assassinio di Moise secondo gli osservatori più attenti non farà altro che aumentare ulteriormente l'incertezza politica e potrebbe portare a una maggiore violenza politica. In realtà le linee di successione non sono chiare, dicono gli analisti. Il capo della Corte Suprema è morto a giugno per Covid-19 e non è ancora stato sostituito. Molti analisti temono l'illegalità. Negli ultimi mesi, le bande haitiane hanno trasformato parti della capitale in zone off-limits dove la polizia ha paura di pattugliare. Una mancanza di controllo politico potrebbe rendere le cose ancor più caotiche.

Il peggioramento progressivo del tenore di vita nella nazione di 11 milioni di persone è un dato di fatto, e ha spinto quasi il 60% al di sotto della soglia di povertà. Un devastante terremoto nel 2010 ha ucciso più di 200.000 persone e ha causato ingenti danni alle infrastrutture e all'economia. Una forza di pace delle Nazioni Unite è stata istituita nel 2004 per aiutare a stabilizzare il paese e si è ritirata solo nel 2017, ma le turbolenze non sono mai finite. La pandemia da coronavirus ha aggravato ulteriormente la situazione.

La travagliata storia di Haiti

Haiti divenne il primo stato indipendente dell'America Latina e dei Caraibi nel 1801 in seguito a una rivolta degli schiavi e all'abolizione della schiavitù. Gli Stati Uniti invasero e occuparono Haiti dal 1915 al 1934 e hanno sempre guardato con attenzione allo Stato haitiano, per contenere l'emigrazione e per ragioni economiche. Francois "Papa Doc" Duvalier ha preso il potere di Haiti nel 1957 e il paese è stato sotto il suo feroce dominio autoritario fino alla sua morte nel 1971. Duvalier instaurò un regime del terrore sanguinario che faceva leva su delle milizie senza scrupoli, i famigerati Tonton Macoutes, a cui venne dato lo stesso nome dell’uomo nero del folkore haitiano. Dopo la sua morte, il figlio Jean-Claud "Baby Doc" ha governato fino al 1986. Haiti è stata caratterizzata da instabilità politica dalla fine della dittatura di Francois e Jean-Claude Duvalier.

Nel 1990, l'ex parroco Jean-Bertrand Aristide ha vinto le prime elezioni libere del paese, ma è stato estromesso con un colpo di stato nel 1991. Le truppe statunitensi sono entrate ad Haiti nel 1994 per rimuovere il regime militare e riportare Aristide al potere. Nel 1999 Aristide è stato nuovamente eletto presidente, anche se con risultati controversi, poi è stato costretto a fuggire dal Paese nel 2004 a causa di disordini politici. Il suo successore e alleato René Préval è stato il primo a chiudere il suo mandato lasciando l'incarico senza fare resistenza una volta arrivato al termine. 

Pierre Espérance, direttore esecutivo della Rete nazionale per la difesa dei diritti umani di Haiti, ha riferito che le bande armate controllano circa il 60% del territorio.

Oggi Haiti è il paese più povero delle Americhe e uno dei più poveri al mondo. Per capire la gravità della situzione la si può confrontare con la Repubblica Dominicana, l’altro Stato dell’isola di Hispaniola. Il tasso di inflazione, arrivato al 14,7%, è il quindicesimo più alto al mondo, in Repubblica Dominicana è dello 0,60%. Discorso simile per la mortalità infantile, 41 morti ogni 1'000 contro gli 11 per mille dei dominicani; l’aspettativa di vita, 65 anni contro i 78 dei vicini; la disoccupazione, al 40,6%, contro il 5% dell’altro pezzo di isola. L'economia del Paese, trainata dal settore agricolo (in cui è impiegato circa il 60% degli haitiani) è condizionata dall’imposizione di un costo del lavoro molto basso. 

Il popolo haitiano, composto in gran parte da neri, ha patito nei secoli le ferite fisiche e culturali dello schiavismo, del colonialismo, dello sfruttamento selvaggio di ogni risorsa. E' stato anche spesso represso con la forza, e il sostegno economico (spesso fondamentale) e le ingerenze statunitensi hanno messo in salita ogni tentativo di autodeterminazione politica. Gli Usa ciclicamente promuovono piani di sviluppo per rilanciare l’economia haitiana per contenere l’ondata migratoria diretta verso la Florida, che dista 1000 km. I risultati si sono spesso concentrati sul breve termine.

Sotto la tutela del FMI Haiti importava fino a qualche anno fa circa il 50% del suo cibo, soprattutto dagli Stati Uniti, ed era diventato il secondo più grande importatore di riso statunitense del pianeta. Non ci sono dati relativi agli ultimissimi anni, ma le criticità sono sempre le stesse. Polarizzazione politica, caos sociale, baratro economico. Incertezza totale su cosa accadrà nel futuro prossimo. La crescente crisi umanitaria che si salda alla carenza di cibo. Lo scenario è dei peggiori.

Conoscere la vita di Jean Dominique per capire Haiti

Haiti è uno dei Paesi che registra i più alti tassi di emigrazione del continente americano: chi può scappa. Verso Usa, Cile o "solo" a Santo Domingo. Ovunque, perché ogni giorno nel Paese più povero del mondo è un'incognita. C'è un film, "The Agronomist", di Jonathan Demme (il regista de "Il silenzio degli innocenti") che racconta Haiti meglio di qualsiasi libro di storia. E' la storia di Jean Dominique, un giornalista, un laureato in agraria, che, innamorato del suo Paese, acquista una radio e diventa la voce del popolo. 

Dominique fu un grande combattente per i diritti civili e le libertà democratiche ad Haiti per quasi quarant’anni. Nel 1968 acquistò, Radio Haiti-Inter, e la trasformò in uno straordinario motore di informazione e coscienza per la popolazione, unica voce libera dell’isola, prima a trasmettere in creolo haitiano, non in francese, lingua della elite dominante. Radio Haiti Inter divenne la voce della denucia e della libertà contro la dittatura Duvalier. Aggredito e pestato, arrestato e più volte spedito in esilio, gli impianti della radio sequestrati e distrutti, Dominique tornava ogni volta ad Haiti per ricominciare da capo. Con lui sua moglie Michelle Montas.

Al ritorno dal suo primo periodo d’esilio (1980-1986) una folla di 60.000 persone si radunò all’aeroporto di Port-au-Prince per dargli il bentornato, e per spingerlo a continuare la sua battaglia per la democrazia. E' il momento simbolo della storia haitiana, quello in cui sembrava che tutto potesse cambiare per davvero, immortalato nella locandina del film. Non fu così. Non cambiò nulla. Il 3 aprile 2000 Jean Dominique fu ucciso da sicari mai identificati davanti alla sede della sua radio. Ad Haiti i proiettili hanno spesso posto fine a qualsiasi speranza di un futuro migliore.

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