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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Brucia Moria, il campo profughi della vergogna

L'incendio ha devastato il più grande campo profughi d'Europa sull'isola di Lesbo. Oggi restano la cenere e una certezza: andava evacuato da tempo

Brucia Moria, il campo profughi sull'isola greca di Lesbo che ospita circa 12.700 migranti e richiedenti asilo (quattro volte la sua capienza), in condizioni disumane: è il più grande d'Europa. Solo ieri il ministro dell'immigrazione ellenico aveva diffuso la notizia che 35 ospiti erano positivi al Covid-19 e avevo deciso di mettere l'intero campo in quarantena fino al 15 settembre. 

Brucia il più grande campo profughi d'Europa

Decine di mezzi dei vigili del fuoco sono al lavoro dall'alba dopo che sono esplosi più incendi a distanza ravvicinata. Alte fiamme nei prati circostanti la struttura: tutto sarebbe iniziato con la protesta- secondo l'agenzia di stampa Ana - di gruppi di richiedenti asilo destinati a rimanere in isolamento perché risultati positivi al test per il coronavirus. E' solo un'ipotesi per adesso: le autorità greche l'hanno smentita; i vigili del fuoco hanno però ammesso detto di aver "incontrato resistenza" da parte di alcuni migranti presenti a Moria.

"L'intero campo è in fiamme - ha scritto su Twitter l'associazione 'Stand by me Lesvos', di cui fanno parte locali e rifugiati - "tutto brucia, la gente fugge, la polizia è arrivata e ha detto a tutti di lasciare il campo". La situazione era tesissima fino a poche ore fa: "Riceviamo segnalazioni di alcuni residenti locali che attaccano e bloccano il passaggio delle persone in fuga nel vicino villaggio", continuano gli attivisti.

E' tanta la preoccupazione all'Unhcr, l'Agenzia dell'Onu per i Rifugiati: l'incendio ha di fatto distrutto in gran parte il Centro di registrazione e identificazione di Moria (Ric). Il lavoro dei vigili del fuoco e i servizi di emergenza hanno contribuito a contenere l'incendio e assistito la popolazione. Non vengono segnalate vittime. Lacrimogeni sarebbero stati usati anche contro famiglie (anche con bambini piccoli) in fuga.

''Abbiamo immediatamente dispiegato il nostro personale sul posto e offerto assistenza alle autorità greche perché siamo preoccupati per la situazione di circa 12.000 richiedenti asilo, tra cui più di 4.000 bambini e altri gruppi vulnerabili, inclusi 407 bambini non accompagnati, donne incinte e anziani'', prosegue l'Unhcr. ''Siamo stati informati di tensioni tra le persone dei villaggi vicini e i richiedenti asilo che cercavano di raggiungere la città di Mitilene. Esortiamo tutti a dar prova di compostezza e chiediamo a tutti coloro che in precedenza soggiornavano al Ric, che era in quarantena perché circa 35 persone erano risultate positive al test Covid-19, di limitare i loro movimenti e di rimanere vicino al Ric, poiché si sta trovando una soluzione temporanea per dar loro un riparo''. 

Incendio Moria, stato d'emergenza a Lesbo

Il governo greco ha già annunciato che dichiarerà lo stato di emergenza per l'isola di Lesbo. Il campo di Moria ha subito danni sostanziali e non è chiaro se almeno parte delle migliaia di persone rimaste senza "casa", potranno farvi ritorno a breve. Il portavoce del governo, Stelios Petsas, ha sottolineato che è stato deciso anche di vietare a tutte le persone di lasciare l'isola per evitare una possibile diffusione del contagio da coronavirus.

Anche se sono trascorse solo poche ore dal rogo, c'è anche  chi si attiva concretamente, come il governo norvegese che ha annunciato che accoglierà 50 migranti dal campo. ''Abbiamo attivato le procedure'', ha detto il premier norvegese Erna Solberg, spiegando che la priorità verrà data alle famiglie con bambini. Solberg ha definito ''orribili'' le immagini dell'incendio al campo profughi e chiesto che vengano chiarite le cause. I 50 migranti che saranno accolti verranno a far parte dei tremila che compongono la quota di rifugiati per la Norvegia quest'anno. 

Restano la cenere e una certezza: Moria andava evacuato da tempo. Lesbo è stato il punto di passaggio più trafficato d’Europa cinque anni fa, quando migliaia di persone in fuga dalla guerra in Siria e Iraq avevano intrapreso il viaggio attraverso la Turchia fino alle porte d'Europa. Da allora, le condizioni di vita all'interno del campo, nonostante l'impegno del governo greco e soprattutto di molte organizzazioni umanitarie, sono via via peggiorate. Fino all'incendio di oggi che segna un probabile punto di non ritorno. 

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