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Mercoledì, 24 Aprile 2024
la rimonta del dragone / Cina

Chip Made in China, l'industria dei semiconduttori vola nonostante le sanzioni Usa

Pechino ha lanciato un ambizioso programma governativo volto a promuovere un'industria tecnologica in grado di competere con la Silicon Valley

L’industria dei semiconduttori cinese trae vantaggio dalle tensioni Usa-Cina. A fare luce sulla ribalta del settore dei chip della seconda potenza mondiale è Bloomberg, secondo cui l’industria dei chip in Cina sta crescendo più velocemente che in qualsiasi altra parte del mondo. E questo accade proprio grazie alle sanzioni statunitensi applicate nel 2020, quando l’amministrazione dell’ex presidente Trump ha deciso di imporre un limite delle vendite di tecnologia americana a colossi cinesi come Semiconductor Manufacturing International Corp. e Hangzhou Hikvision Digital Technology Co.

Anzitutto un chiarimento su cosa siano i semiconduttori. Si tratta di quei dispositivi elettronici a circuito integrato in grado di far funzionare le centraline delle auto, gli smartphone, i computer e molti altri elettrodomestici di nuova generazione. Sono quindi fondamentali per il funzionamento dei prodotti che utilizziamo ogni giorno.

La crisi dei chip può davvero chiudere le fabbriche

Secondo i dati raccolti dall’agenzia di stampa statunitense, sono cinesi ben 19 delle 20 aziende del settore dei chip in più rapida crescita negli ultimi quattro trimestri. Si tratta di una rimonta sorprendente se si considera che lo scorso anno erano appena otto le aziende cinesi che spiccavano nel mercato globale.

Un cambio di rotta

La strategia cinese per non permettere alle sanzioni statunitensi di schiacciare l’industria dei semiconduttori nazionale è stata semplice: potenziare la produzione interna di chip per ridurre la dipendenza di semiconduttori importanti dall’estero. I limiti alle esportazioni statunitensi sulle tecnologie necessarie per produrre i chip più avanzati hanno infatti spinto la Cina ad avviare un programma massiccio di investimenti per sviluppare la propria catena di fornitura di semiconduttori.

La Cina è il più grande importatore mondiale di chip ma ha investito molto sulla produzione di semiconduttori spinta dalla strategia "Made in China 2025", che prevede di raggiungere l'autosufficienza del 70 per cento per i componenti tecnologici più importanti entro il 2025. Ed è stata proprio la carenza di forniture a livello globale a far salire la domanda in Cina: i fornitori cinesi di software di progettazione, processori e attrezzature per la produzione di chip hanno così visto aumentare i loro profitti in breve tempo. La ribalta è stata immediata. I colossi della produzione di semiconduttori hanno superato così i leader globali più noti, come Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. e ASML Holding NV.

Attenzione ai “piccoli giganti”

La Cina sembra voler cavalcare l’onda. Pechino ha lanciato un ambizioso programma governativo volto a promuovere un'industria tecnologica in grado di competere con la Silicon Valley, puntando in particolare sulle piccole start up, i cosiddetti “piccoli giganti”. Le piccole imprese del settore ricevono dal governo centrale investimenti miliardari con l’obiettivo di incoraggiare il mercato globale a puntare sulle nuove imprese cinesi dei semiconduttori, che non rientrano nel pacchetto delle sanzioni statunitensi.

La crisi dei chip continua per tutto il 2022: quali sono i prodotti a rischio

Le piccole start up, con la loro crescente affermazione, hanno attirato l’interesse dei colossi Usa, come la Apple che ha iniziato a fare affidamento sulla Memory Technologies per il rifornimento delle memorie flash per IPhone. Un interesse che trova una facile spiegazione: “i piccoli giganti” stanno dimostrando di fare qualcosa di innovativo e unico e si rivolgono a settori strategicamente importanti come la robotica, l'informatica quantistica e i semiconduttori.

I semiconduttori al centro dello scontro geopolitico

Ad alimentare le ambizioni di Pechino è la voglia di ridurre la dipendenza dal mercato del rivale geopolitico statunitense e diminuire la quota di chip importati, che solo nel 2021 sono costati oltre 430 miliardi di dollari. Al contempo, gli ordini cinesi di apparecchiature per la produzione di chip da fornitori esteri sono aumentati del 58 per cento nel 2021: questi dati confermano quanto il mercato cinese continui a crescere e quanto stia puntando sulla produzione interna. I semiconduttori, essenziali per i prodotti dagli smartphone alle lavatrici, sono diventati il ​​fulcro della competizione – economica e geopolitica - tra Washington e Pechino. La crescita del mercato cinese fa tremare gli Stati Uniti, che sono alle prese con una debole spinta legislativa per sostenere l’industria dei chip nazionale con investimenti e incentivi governativi.

Il dilemma cinese

Ci sono anche fattore esterni che stanno aiutando la crescita del settore locale. Una persistente carenza di chip a livello globale, che sta colpendo i maggiori produttori di automobili ed elettronica di consumo, sta fornendo un vantaggio ai produttori di chip cinesi. C’è però un dato che stride con l’ascesa del settore dei chip cinesi: le aziende della seconda economia sono indietro nella veloce corsa della produzione di semiconduttori più avanzati e rincorrono giganti del settore, come il colosso taiwanese TSMC.

La posizione secondaria della Cina – che ambisce al primo posto – è, secondo alcuni analisti, un fattore che può risultare problematico per il settore dei semiconduttori globale. La seconda potenza economica del mondo si trova infatti di fronte a un dilemma: puntare sulla crescita del settore oppure investire sulle nuove e più avanzate tecnologie.

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